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Redazione
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• 24 Dicembre 2021 – Redazione

Nel periodo elettorale i contributi di candidate e candidati sono benvenuti sulla nostra zattera secondo queste regole

Di Sylvie Logean, Le Temps

‘No’. È la risposta categorica data dalla grande maggioranza di un centinaio di immunologi, virologi e specialisti della sanità internazionale quando, interrogati all’inizio di quest’anno dalla rivista ‘Nature’, venne chiese loro se pensassero che Sars-Cov-2 potesse essere sradicato.

A due anni dall’inizio della crisi sanitaria, e dopo cinque ondate, mentre l’Europa è di nuovo l’epicentro della pandemia e in una fase in cui i tassi di diffusione procedono in maniera eccezionale in numerosi paesi, tutto indica che non siamo certo sul punto di sbarazzarci di Covid-19. “Provare a far sparire oggi il virus, sarebbe come tentare di pianificare la costruzione di un sentiero pedonale verso la luna”, dichiarava alla stessa rivista scientifica ‘Nature’, Michael Osterholm, epidemiologo all’Università del Minnesota.

Ma perché Covid-19 non sarebbe destinato a togliere il disturbo? E in che modo la scienza valuta il modo con cui dovremo conviverci? Il virus diventerà endemico? Continuerà a circolare in cicli stagionali? Oppure in certe comunità? Le risposte degli specialisti.

Perché Covid-19 non scompare?

Guardando alla pandemia da Sars del 2003, che si esaurì dopo un certo periodo, si potrebbe pensare che l’eliminazione di Covid-19 sia teoricamente possibile. Questa prospettiva, condivisa da alcuni specialisti, sembrava concretizzarsi con l’arrivo sul mercato dei vaccini a base ARN, altamente efficace contro questo virus, comprese le infezioni asintomatiche, e quindi contro la sua diffusione. La speranza si basava allora sul fatto che a partire da un certo livello di vaccinazione, la trasmissione dell’infezione sarebbe cessata completamente. Purtroppo non si erano fatti i conti con l’arrivo delle varianti, particolarmente contagiose, in particolare del Delta, e oggi di Omicron.

“Tenuto conto dell’apparizione delle varianti, della loro variabile di trasmissibilità, e dell’inquietudine persistente in merito ai cambiamenti antigenici e alla possibilità che colpiscano la protezione vaccinale, dovrebbe essere chiaro a questo punto che per la popolazione non è possibile eliminare questo virus, e che dovremo elaborare piani a lungo termine per affrontarla una volta che le spinte oggi insostenibili saranno totalmente sotto controllo”, sostiene Arnold Monto, medico ed epidemiologo presso la Scuola di salute pubblica dell’Università del Michigan, in un articolo apparso l’11 novembre sul ‘New England Journal of Medicine’: “L’influenza pandemica e quella stagionale costituiscono i due modelli più appropriati per aiutarci nell’elaborazione delle strategie per il futuro”.

Dominique Garcin, professore associato al Dipartimento di microbiologia e medicina molecolare all’Università di Ginevra, ritiene da parte sua che ci si sta dirigendo verso la “persistenza del virus nella società: si è a lungo continuato a credere che con una vaccinazione di massa, superiore al 75 e fino al 90 per cento della popolazione, la circolazione del virus sarebbe stata sufficientemente inibita per bloccarla totalmente e quindi fermare anche la pandemia. Ma questa nozione epidemiologica di “immunità di gregge” è oggi fortemente messa in discussione dal fatto che l’infezione è comunque capace di circolare anche fra le persone immunizzate che quindi contribuiscono alla circolazione del virus”.

Covid 19 diventerà endemico?

Tutto dipende da cosa si intende per ‘endemico’, risponde Antoine Flahault, direttore dell’Istituto di salute globale dell’Università di Ginevra: “L’epatite B o quella C sono considerate malattie trasmissibili endemiche in Europa, il loro tasso di riproduzione resta al di sotto dell’1 per cento. Non c’è tendenza epidemica a livello dei paesi, e queste patologie non sono eliminate dai nostri territori. Non vedo nulla che mi faccia concludere che questo tipo di endemicità diventerà sicuramente il modo di circolazione futura del Covid 19”. Per questo epidemiologo “si tratterà piuttosto, come per altri virus respiratori, di capirne la natura ‘endemo-epidemica’: ciò significa che circolerà a bassa intensità fra due epidemie stagionali, che potrebbero avere dimensione regionale o nazionale. La semplice influenza ha un modo epidemico di circolare ancor più globale, almeno continentale, e io vedo piuttosto questo modello per l’avvenire dell’odierno coronavirus”.

Degli anni, o dei decenni

Diversi fattori rendono probabile una ‘endemizzazione’ del Sars-CoV-2, ritiene Julien Riou, epidemiologo all’Istituto di medicina sociale e preventiva all’Università di Berna: “Lo sradicamento del Covid-19 richiederebbe una immunizzazione di proporzioni assai elevate, ma a livello mondiale, sia attraverso il vaccino, sia attraverso infezione e guarigione, mentre sappiamo che una parte del mondo non dispone e probabilmente non avrà mai il vaccino, anche perché una parte della popolazione localo lo rifiuta. D’altra parte, finché dura la circolazione del virus, le varianti continueranno a manifestarsi, e sempre più riusciranno a sopravvivere alla immunizzazione. Infine, l’efficacia dell’immunità vaccinale o naturale tende a diminuire col passare del tempo”.

Da quanto si sa del comportamento dei quattro coronavirus endemici responsabili di infezioni respiratorie frequenti e per lo più benigne per le persone (OC43, 229E, NL63 e HKU1), numerosi scienziati ritengono possibile anche lo scenario in base al quale Covid 19 sia destinato a procedere verso l’endemizzazione. Ma per raggiungere questo stadio potrebbero volerci anni se non decenni, e dipenderebbe in particolare da diffusione e durata durata della nostra immunizzazione. “In realtà, lasciare che il virus circoli liberamente senza controllo sarebbe il mezzo più rapido per raggiungere l’obiettivo, ma ciò comporterebbe milioni di morti, scrive su ‘Nature’ Jennie Lavine, ricercatrice in malattie infettive all’Università Emory di Atlanta: “La vaccinazione è perciò la strada più accettabile”

Quali conseguenze per la società?

Secondo gli scienziati, se lo scenario di una ‘endemizzazione’ del Covid 19 si producesse seguirebbero ondate regolari di circolazione del virus, favorite soprattutto in periodi di basse temperature e favorite da immunizzazioni troppo deboli nella popolazione. “Tenendo conto della protezione garantita dai vaccini contro le forme più gravi, vi sarebbe sicuramente una relativa differenziazione fra numero di ricoveri, anche alta, e decessi ancora contenuti, come possiamo notare già oggi”, sostiene Julien Riou.

“I paesi con alta copertura vaccinale e abbondanti richiami avrebbero il vantaggio di poter prevedere, e dunque prepararsi, dei picchi di Covid 19 durante i mesi invernali, quando le condizioni ambientali sono più favorevoli alla trasmissione del virus”, scrive sul sito ‘The Conversation’ Sara Sawyer, docente di biologia molecolare, cellulare e dello sviluppo all’Università Colorado Boulder; “sull’altro fronte, invece, epidemie imprevedibili potrebbero persistere in regioni dove il tasso di vaccinazione rimane basso”.

Ma, concretamente, questo cosa significherebbe per la società? “Probabilmente dovremo imparare a vivere con questo virus, continuando a stimolare regolarmente l’immunizzazione dei cittadini con chiare campagne promozionali”, è l’opinione di Dominique Garcin: “È ancora difficile prevedere con quale ritmo, perché l’elemento che lo determinerà è il problema della circolazione più o meno attiva del virus nella comunità, ma conta anche il livello di immunizzazione e la resistenza di quest’ultima in categorie diverse della popolazione”.

Secondo Julien Riou, i richiami vaccinali regolari saranno molto importanti per evitare le forme gravi di malattia per i più vulnerabili, ma anche, seppur in misura minore, per tutti gli altri, “che correranno comunque il rischio di conseguenze severe o di ‘long-covid’, e per coloro che vogliono proteggere il loro entourage”. È un po’ quel che avviene attualmente per l’influenza stagionale. Tuttavia, per l’epidemiologo bernese, potremmo anche “assistere a un regolare ritorno di misure restrittive, e anche a misure più energiche, se l’immunizzazione della popolazione dovesse rivelarsi troppo bassa, e se gli ospedali rischiassero di collassare, come è avvenuto per l’Austria”.

Altri sistemi di sorveglianza

Ma la speranza non è persa. Secondo un’analisi dei dati immunologici e epidemiologici su altri Corona virus umani endemici, i cui risultati sono stati pubblicati in gennaio dalla rivista ‘Science’, il Sars-CoV-2 potrebbe anche perdere la sua virulenza una volta raggiunta la fase endemica. Il virus resterebbe presente, ma una volta che le persone avranno sviluppato una certa immunità – sia attraverso un’infezione naturale, oppure in seguito ai vaccini – le forme gravi della patologia sarebbero più rare.

“Ma rimarrà comunque una parte della popolazione non immunizzata, che rimarrà in pericolo”, aggiunge con maggior cautela Julien Riou. “Bisognerà in ogni caso accrescere le capacità ospedaliere per poter far fronte all’afflusso di pazienti, ma anche rafforzare a monte l’educazione sanitaria e vaccinale, oltre che le strutture sanitarie pubbliche e nell’ambito della ricerca”.

In futuro, l’indicatore relativo al numero dei casi avrà un peso minore, e i test saranno meno frequenti. ”Bisognerà predisporre altri metodi di sorveglianza, basati sui ricoveri, o anche reti di laboratori e medici generalisti, seguendo l’esempio del ‘modello Sentinella’ che nella Confederazione coordina le segnalazioni relative a malattie infettive”.

“Finora, oltretutto, non mi sembra che si sia fatto abbastanza per tentare di ridurre le trasmissioni del virus circolante via aerosol, in particolare migliorando la ventilazione degli spazi chiusi destinati al pubblico”, sostiene Antoine Flahault. “Del resto, l’arrivo sul mercato di nuovi medicamenti, in particolare quelli con proprietà anti-virali, potrebbero cambiare profondamente e in modo durevole il corso di questa pandemia, sempre che la loro somministrazione consenta di limitare le forme più severe, e quindi i ricoveri o i decessi”. Musica del futuro.






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