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Enrico Lombardi
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• 15 Agosto 2021 – Enrico Lombardi

Nel periodo elettorale i contributi di candidate e candidati sono benvenuti sulla nostra zattera secondo queste regole

Passato l’ennesimo venerdì di comunicati ufficiali da Berna sull’imminnenza, sempre più certa, dell’arrivo della quarta ondata di COVID (v. CdT, 14.8.21), ascoltato l’ennesimo messaggio tranquillizzante del Consigliere Federale Berset, dopo un anno e mezzo vissuto ad affrontare ed assecondare indicazioni, indirizzi, raccomandazioni sempre diverse, sempre aggiornate, sempre aggiornabili, chi fra noi non vive un senso di “spossatezza della ragione” nel cercare di capire quale sia davvero la situazione in cui ci muoviamo e in cui scorre la nostra vita quotidiana?

Si fa fatica, ammettiamolo, a capire sempre ogni aspetto, anche di dettaglio, legato ad una situazione, quella della pandemia e delle misure per combatterla, che si dirama in infiniti rivoli, in distinguo, eccezioni, che appaiono francamente quasi impossibili governare ed assemblare adeguatamente in un ordine di pensiero e di giudizio univoco.

Prendiamo la decisione, così complicata da definire, sulle modalità di svolgimento dei funerali di Marco Borradori, diventati un “caso” di questione laica o religiosa solo in base alle normative anti-Covid. Parrebbe un paradosso, eppure no: noi che proviamo a capire, a ragionarci sopra, dobbiamo compiere un esercizio non proprio evidente di intelligenza nel provare a comprendere che se sarà considerato una cerimonia religiosa sarà meglio, perché allo stadio basterà avere la mascherina; se invece è un laico “grande evento” ci va il “green pass” e allora sono guai in vista, perché escluderebbe dalla partecipazione alla cerimonia una considerevole parte di cittadini.

Fra essi, certamente, quelli più estremi legati alla squadra di calcio del Lugano che a Cornaredo, domenica scorsa, da vera curva dura e pura sono rimasti a tifare fuori dall’impianto perché contrari alle misure restrittive adottate dalla Lega Svizzera di Calcio che impongono il Covid Pass ( o l’attestato di guarigione o il tampone preventivo) come condizione per assistere all’incontro.

Mi è capitato di essere presente alla partita di domenica, dopo aver mostrato il mio certificato sull’app del telefonino insieme ad un documento che attestasse la mia identità. Dalla tribuna ho assistito così, per la prima volta in vita mia, ad un incontro con il pubblico moderato (e tendenzialmente anziano) seduto dentro lo stadio, le due curve fuori, ad intonare i cori.

Ho chiesto a qualche habitué  il perché di questa inconcepibile (per me) situazione: la risposta? Perché non vogliono essere schedati. Schedati? Per carità, conoscendo un po’ la composizione di certe curve (non solo calcistiche) la preoccupazione di essere ritrovato in qualche schedario della polizia (non per questioni Covid) potrei anche immaginarla. Ma stiamo parlando di un contesto di emergenza sanitaria globale, mi pareva e mi pare, in cui vanno trovate soluzioni praticabili perché praticabile sia anche lo svolgimento di un campionato di calcio con il pubblico presente. Ma possibile che non si possa capire?

Evidentemente sì, è possibile, come del resto è possibile, ed è anzi realtà quotidiana, che in piazza scendano, un po’ in tutte le città europee, centinaia, migliaia di no-vax per protestare contro misure sanitarie “coercitive”, “discriminatorie” e “liberticide”.

Anche il week-end non avrà risparmiato strade e piazze metropolitane da un armamentario di slogan che mette francamente anche un po’ i brividi. Per chi vuol cercare, sempre e comunque, di capire, si tratta davvero di un’impresa non da poco.

Se ne è scritto ancora recentemente anche sulla nostra zattera in un bel contributo di Lelio Demichelis. Siamo, in estrema sintesi nel campo di un malinteso concetto di democrazia e libertà, tutto vòlto all’affermazione dei diritti del singolo, che si vogliono calpestati da quelli della collettività. Una deriva, potremmo dire (ma sempre, lo so, semplificando) di un certo imprinting neo-liberista che vede nell’individualità (anzi nell’individualismo) un valore supremo (ed un motore altamente propulsivo dell’attuale sfrenata cultura consumistica).

Un po’ meno indagato, nei commenti di queste ultime settimane è un elemento che continua imperterrito ad alimentare una parte consistente degli oppositori di una politica vaccinale ampiamente fondata e condivisa sul piano scientifico: penso all’”ala complottista”, o meglio, a quella parte di no-vax che ha elaborato, nei mesi, tutta una serie di “ragioni nascoste e segrete” che starebbero alla base della diffusione del virus.

Una ricerca recente, condotta dall’Università di Basilea, dimostra che circa il 10% del campione di popolazione interpellato ritiene fondata almeno una delle varie tesi cospirazioniste (v. CdT 7.4.21): e fra queste tesi c’è davvero da sbizzarrirsi:

“Su una scala, i partecipanti allo studio dovevano indicare quanto fortemente fossero d’accordo con ciascuna delle 49 teorie di cospirazione presentate. Queste includevano dichiarazioni curiose come «Il coronavirus è un’arma biologica sviluppata dalla Cina per distruggere l’Occidente», «I test degli anticorpi sono un complotto per raccogliere il nostro DNA» o «La vera ragione dell’isolamento è per imporre una sorveglianza di massa».

Per non parlare di chi ha tirato in ballo il 5G, la perversa opera filantropica di Bill Gates o addirittura “I Simpson”, o meglio “Bill Oakley e Josh Weinstein, sceneggiatori dell’episodio 21 della quarta stagione della serie animata “I Simpson”  andato in onda nel maggio 1993,(che) raccontavano di una epidemia di influenza giunta a Springfield da Osaka.”  (vedi l’interessante articolo del sito “Senti chi parla” del 15.9.2020).

Nello studio basilese citato dal CdT, sulla base dei riscontri di coloro che hanno risposto alla ricerca sulle tesi complottiste si prova anche a definire una sorta di identikit del cospirazionista:

“coloro che erano d’accordo con le teorie del complotto erano in media più giovani, più stressati e hanno raccontato esperienze simili alla paranoia. Hanno anche mostrato atteggiamenti politicamente più estremi e livelli di istruzione più bassi.”

Insomma, si potrebbe dire che, una volta di più, la ricerca di risposte apparentemente e immediatamente accessibili, per quanto magari fantasiose, prevale ampiamente sulla messa in funzione del dubbio o dall’accettazione del principio che vi siano eventi che capitano per ragioni ignote, che vanno indagate da professionisti formati e preparati per fare questo.

Da una salutare “cultura del dubbio”, che dovrebbe indurre a cercare di relativizzare, mettere in relazione, approfondire ed accettare che ciascuno sia chiamato a rimodellare le proprie risposte sulla base delle nuove conoscenze dei problemi, si passa qui ad una “cultura del sospetto”, valida di principio, una volta per tutte e articolata nei modi più diversi, spesso estremi o estremistici.

In fondo, “Le persone credono ai complotti per non accettare la realtà”, ci dice il titolo di un ottimo contributo pubblicato dal sito “The Vision” il 25.2.21. A sostenere questa tesi, fra gli altri, anche Umberto Eco, il noto scrittore e semiologo, che in un suo celebre discorso, intitolato proprio “Sul complotto. Da Popper a Dan Brown” afferma fra l’altro:

Che esistano e siano esistiti nella storia dei complotti mi pare evidente, da quello per assassinare Giulio Cesare, (…) sino ai complotti finanziari odierni per dare la scalata a qualche società per azioni. Ma la caratteristica dei complotti reali è che essi vengono immediatamente scoperti, sia che abbiano successo, vedi Giulio Cesare, sia che falliscano come il complotto dell’Orsini per uccidere Napoleone III. Quindi i complotti reali non sono misteriosi e in questa sede non ci interessano.

Ci interessa invece il fenomeno della sindrome del complotto e del favoleggiamento di complotti talora cosmici di cui è popolato internet e che rimangono misteriosi e insondabili, (…) un segreto vuoto (che) si erge minaccioso e non può essere né svelato né contestato, e proprio per questo diventa strumento di potere. (…) Nelle sue forme moderne esso è (…), il tipico risultato della secolarizzazione di una superstizione religiosa. La credenza negli dei omerici le cui cospirazioni spiegano la storia della guerra di Troia è morta. Gli dei sono stati abbandonati. Ma il loro posto è occupato da uomini o gruppi potenti.(…)

Io non intendo affermare, con questo, che di cospirazioni non ne avvengano mai. Al contrario, esse sono tipici fenomeni sociali. Esse diventano importanti, per esempio, tutte le volte che pervengono al potere persone che credono nella teoria della cospirazione. E persone che credono sinceramente di sapere come si realizza il cielo in terra sono facili quant’altre mai ad adottare la teoria della cospirazione e a impegnarsi in una contro-cospirazione contro inesistenti cospiratori.”






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