Il ponte spezzato – Inchiesta su una tragedia
Un documentario RSI pluripremiato da rivedere nell'anniversario del crollo di Genova
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Un documentario RSI pluripremiato da rivedere nell'anniversario del crollo di Genova
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Per me è naturale amare Genova. Ci ho studiato. Conosco molti dei suoi caruggi, il groviglio di stradine che serpeggiano e salgono lungo il centro storico. Ci tornai un paio di mesi dopo la tragedia del ponte, e delle sue 43 vittime. Una città ferita, come il Morandi spezzato. Un senso di spaesamento mio, e lo smarrimento degli sguardi che incrociavo, l’incredulità, il presidio a pochi metri dal punto della tragedia, la quotidiana processione di famiglie evacuate, la rabbia che non poteva andarsene.
Falò mi aveva incaricato di documentare gli stati d’animo della città ancora intimamente ferita, il racconto doloroso dei famigliari delle vittime, le testimonianze impressionanti dei sopravvissuti precipitati con i loro automezzi sulle macerie, e miracolosamente rimasti in vita. Ma si trattava anche di capire. Capire perché, come, per responsabilità di chi era capitato l’impensabile. Un doppio binario, dunque: i racconti e l’inchiesta. Faticosi anche emotivamente i primi. E la seconda condotta fra innumerevoli ostacoli, mutismi, tentativi di deviarci su piste che rischiavano di portarci nel nulla. Eppure, pazientemente, spanna per spanna, riuscimmo a procedere.
Ci voleva anche un po’ di fortuna. La piccola televisione svizzera, unica autorizzata a filmare il groviglio di ferro e macerie accumulate in un hangar, sulle quali avrebbero dovuto indagare i tecnici; l’incontro e le lunghe conversazioni con il procuratore Francesco Cozzi, generoso di informazioni; l’aiuto di Bernhard Elsener, il professore universitario svizzero, insegnante all’Università di Cagliari, che era stato inserito nel comitato di esperti incaricati dalla magistratura di fornire le prime indicazioni; e la possibilità, ancora una volta in esclusiva, di filmare le prime analisi del materiale affidato all’EMPA di Dübendorf. Dove avevano accesso anche gli esperti inviati da Aspi, la società che avrebbe dovuto provvedere alla manutenzione e alla sicurezza del grande cavalcavia: esperti ospiti che seguivano ossessivamente il lavoro dei tecnici svizzeri dell’EMPA, esprimendo spesso il loro inutile e fastidioso scetticismo.
Da lì parti la nostra indagine giornalistica, che approdò, anticipandole, a conclusioni che sarebbero state fissate negli atti finali dell’inchiesta della magistratura genovese: la compromettente corrosione del materiale che non avrebbe retto, i controlli largamente insufficienti e la manutenzione ridotta al minimo, i favolosi profitti dei gestori, il grande allarme di diversi rapporti rimasti segreti e inascoltati, la mancata denuncia di coloro che quei rapporti li aveva redatti su commissione di Autostrade per l’Italia, la testimonianza di chi tanti anni prima aveva raccolto dallo stesso ideatore della struttura la forte preoccupazione di un possibile disastro se fossero mancati i necessari interventi, e infine anche le responsabilità di uno Stato che comunque aveva l’incarico di esercitare ‘alta vigilanza’ sulla struttura e sulla sua salvaguardia, ma la esercitò poco o niente. Responsabilità diverse, dunque, ma in qualche modo tragicamente saldatesi alla vigilia maledetta del ferragosto 2018. Cinquantanove le persone citate in giudizio. Per un processo che avrà i suoi preliminari il prossimo autunno. E ancora non si capisce che processo sarà.
Philippe Blanc, regista e giornalista, autore del documentario “43, il ponte spezzato”
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