Due sintomi di una società divisa
Le considerazioni della presidente del Gran Consiglio ticinese sulle due recenti sentenze della Corte suprema americana - Di Gina La Mantia
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Le considerazioni della presidente del Gran Consiglio ticinese sulle due recenti sentenze della Corte suprema americana - Di Gina La Mantia
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Le considerazioni della presidente del Gran Consiglio ticinese sulle due recenti sentenze della Corte suprema americana - Di Gina La Mantia
Io sono nata in Svizzera da una madre statunitense, proveniente dal Missouri. Ho avuto la doppia cittadinanza fino a qualche anno fa, quando, in seguito alle allegre mosse di alcune illustri banche elvetiche in merito al fisco americano, gli Stati Uniti hanno deciso di stringere le viti, e ho scoperto di non poter più aprire un conto in banca. Da quel momento ho deciso di restituire il mio passaporto, ma resto sempre un’attenta osservatrice di quello che succede negli Stati Uniti. Malgrado lo sconcerto che mi coglie ultimamente, una piccola parte del mio cuore resta lì.
Il 23 giugno scorso la Corte suprema degli Stati Uniti d’America ha definito anti-costituzionale la legge dello Stato di New York che restringeva il diritto di portare un’arma di fuoco sul suolo pubblico. Ai singoli Stati non sarà più possibile legiferare in tale senso. Il diritto a portare un’arma, sancito dalla Costituzione, non può essere limitato in nessun modo.
Il giorno dopo, il 24 giugno, la stessa Corte suprema ribalta la storica sentenza Roe vs Wade. Una sentenza che da cinquant’anni garantiva il diritto all’aborto, non fissato nella Costituzione, a tutte le donne. Una decisione che avrà conseguenze pesanti, in particolare per le donne in difficoltà, in situazioni di emergenza, per quelle povere ed emarginate.
In 13 Stati – tra i quali sì, anche il Missouri! – l’aborto è diventato subito illegale, in parte senza possibilità di deroga neanche in caso di stupro, abuso, incesto o malattia.
Due sentenze di una Corte suprema lo dimostrano: le conquiste di una società progressista, inclusiva e civilizzata non sono tali per sempre, occorre difenderle. Mettere un freno alla diffusione di armi non è un attacco alla libertà individuale, ma un gesto di buonsenso che protegge la popolazione, in particolare nelle scuole e nelle università, nei supermercati e in tutti gli spazi pubblici. Come non ricordare il discorso della giovane Emma Gonzales, sopravvissuta alla sparatoria di massa alla scuola di Parkland del 2018: “In poco più di sei minuti abbiamo perso 17 dei nostri amici e delle nostre amiche, 15 di noi hanno riportato ferite, e tutti noi, assolutamente tutti i membri della nostra comunità sono cambiati per sempre.” Permettere l’accesso a un’interruzione della gravidanza sicura non significa banalizzare la vita, ma significa dare alle donne la possibilità di fare autonomamente le scelte che concernono il proprio corpo al livello più profondo. Le interruzioni della gravidanza non aumentano quando questa possibilità è data. La Svizzera n’è un esempio: dal momento che è stata introdotta la cosiddetta “soluzione dei termini”, l’interruzione volontaria della gravidanza si aggira costantemente a livelli molto contenuti. È invece certo che vietare un aborto sicuro mette in pericolo la vita della donna, costretta a subirlo in una situazione disperata, in modo fai-da-te sul tavolo da cucina, o a rivolgersi a ciarlatani poco raccomandabili.
E perché allora questo ritorno a una società patriarcale, perché questo accanimento maschilista a favore di chi ha l’arma in mano e contro chi subisce una gravidanza non voluta? “Il compito di noi politiche e politici sarà di adoperarci affinché le disuguaglianze si assottiglino” ho detto nel mio discorso da neo-eletta Presidente del Gran Consiglio. Oggi aggiungo: per non arrivare a una società divisa e segregata come quella statunitense, dove conta ormai sempre di più il solo diritto del più forte.
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