Gaza, colpiti anche gli ospedali. E onorare i morti è impossibile
Centinaia di malati non possono essere trasferiti. E così anche i familiari rinunciano a partire
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Centinaia di malati non possono essere trasferiti. E così anche i familiari rinunciano a partire
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Centinaia di malati non possono essere trasferiti. E così anche i familiari rinunciano a partire
DEIR AL BALAH (Striscia di Gaza) — L’ennesimo ultimatum dell’esercito israeliano, ieri mattina, ha invitato ancora una volta la gente a lasciare le aree a Nord e Gaza City per spostarsi a Sud entro le 13. Altre centinaia di persone si sono messe in strada. Ma oltre agli irriducibili disposti a morire pur di non lasciare le loro case, il problema restano gli ospedali affollati di malati e feriti. Pazienti gravi, impossibili da evacuare senza mezzi adeguati in un paese dove manca tutto a partire dalle ambulanze. Con loro restano decine di medici e infermieri decisi a non lasciare indietro i loro ammalati. Insieme a parenti che non abbandoneranno figli, mariti o mogli, genitori, fratelli infermi e inermi. Nessun ultimatum riuscirà a convincerli. Non se ne andranno finché non saranno nelle condizioni di trasportare tutti in salvo. Per spingerli ad andare via, l’esercito israeliano li terrorizza, facendo cadere le bombe sempre più vicine, fino a colpire gli edifici che circondano i nosocomi. È successo all’al-Quds Hospital, nel quartiere residenziale di Shuja’iyya, in pieno centro di Gaza, un ospedale privato già bombardato nel 2009 e ricostruito con fondi di Qatar e Francia. In effetti medici e parenti di infermi hanno paura: ma come possono andarsene?
Lo stesso è stato fatto all’Ahli Arab Hospital nella città vecchia, un ospedale anglicano gestito dalla Chiesa episcopale di Gerusalemme. I bombardamenti delle case intorno hanno qui danneggiato pure l’ospedale, costringendo a chiudere un’intera ala e ad ammassare malati e ferite in stanze e corridoi già strapieni. Presi di mira pure i dintorni dell’Al-Shifa Hospital, il più grande e più antico ospedale della Striscia, aperto fin dal 1946 nel quartiere di Rimal. Anche questo è stracolmo, pazienti malati e terrorizzati. Persone che non hanno scampo perché non ci sono mezzi per trasportare chi sta male e magari è attaccato a macchinari in terapia intensiva.
Sabato pomeriggio ci sono stati attacchi israeliani pure nella zona considerata “sicura”. Bombe sono cadute su Deir al Balah, cittadina nel centro della Striscia solitamente considerata tranquilla, perché, hanno detto, lì si nascondevano dei “target”. Per abbatterne uno, sono stati colpiti anche sei edifici intorno: diverse famiglie sono state travolte. Compresi numerosi familiari di chi vi scrive: 14 di loro sono morti. Coprire le news, scrivere storie già di per sé terribili, diventa più difficile quando si è coinvolti in prima persona. Quelle vittime sono state trasportate al locale AlAqsa Hospital, dove per i cadaveri è stato eretto un tendone fuori dall’edificio principale.
All’arrivo di ogni ambulanza, si è ripetuto un triste rituale: si entrava nel tendone per vedere se fra i morti c’era un proprio congiunto e se non c’era ci si precipitava al Pronto Soccorso, pregando e ringraziando Dio. Persone in gravi condizioni ovunque e pochi medici esausti a fare il possibile per tenerle in vita, mentre pianti irrefrenabili e urla di dolore facevano da mesta colonna sonora. Mancando l’elettricità, i cadaveri non vengono refrigerati. Nell’impossibilità di organizzare il funerale, si è pregato in fretta davanti ai resti avvolti in lenzuoli, per poi caricarli su camioncini scoperti e trasportarli nel cimitero dove adulti e bambini, si aggiravano traumatizzati.
A lungo è stata staccata l’acqua in tutta la Striscia, fattore che evoca il rischio di malattie infettive. Poi si è sparsa la notizia che, almeno nell’area più a Sud, è stata riallacciata. Ma intanto non si trova più una sola bottiglia di acqua minerale e ci si affida a quei pochi tank che la trasportano di villaggio in villaggio, sempre ammesso di incontrarne uno. Se ne fa scorta e non si spreca nulla, facendo bollire e ribollire quella già usata, per poi usarla ancora. Ma lo spettro della mancanza d’acqua è solo uno dei tanti nuovi problemi di chi oggi si ritrova ammassato in spazi sovraffollati e ristretti, senza avere idea di che cosa gli riservi il futuro.
Testo raccolto da Anna Lombardi
I russi hanno scelto un paese che a loro sembrava debole, ma si sono sbagliati
La guerra non è capace di rispettare nemmeno le regole di guerra