Gaza: quei 2 milioni di civili intrappolati senza scampo
Le bombe sul valico spengono ogni speranza di fuga per gli abitanti della Striscia
Filtra per rubrica
Filtra per autore/trice
Le bombe sul valico spengono ogni speranza di fuga per gli abitanti della Striscia
• – Redazione
ORRORISMO. Da opposizioni e sostenitori condanna senza appello. Per mesi l’esercito lo ha avvertito delle criticità: lui ha tutelato soltanto l’ultradestra
• – Sarah Parenzo
Ogni giorno a Lampedusa sbarcano centinaia di profughi. Alcuni arrivano poi in Ticino. Lì, il problema dell'immigrazione è visibile anche negli spazi più piccoli - Un reportage del “Tages Anzeiger”
• – Redazione
L'attacco di Hamas sembra destinato ad avere un prezzo altissimo per i suoi stessi miliziani. Ma ha almeno tre importanti obiettivi
• – Redazione
L'ex ambasciatore israeliano in Francia Elie Barnavi scrive su "Le Monde" che "questa mini guerra del Kippur, come l'altra, rischia di sconvolgere l'equilibrio regionale" e che "la prossima Intifada è questione di tempo"
• – Redazione
Nello Stato ebraico vivono 1,3 milioni di russi, molti sono fuggiti dall’arruolamento per la guerra in Ucraina. A Putin fa comodo che l’Occidente ora debba occuparsi della guerra in Medio Oriente
• – Yurii Colombo
Bernardo Arévalo, sociologo, primo presidente di sinistra eletto in Guatemala, osteggiato in ogni modo dalla destra. La popolazione è scesa in piazza per manifestare in suo favore
• – Gianni Beretta
Il regista israeliano valuta analogie e differenze con il 1973: “Allora l’Egitto invase il Sinai, oggi Hamas è nelle nostre città”. Ma avverte: “Il governo Netanyahu vuole spaccare il Paese”
• – Redazione
Fu tra i detenuti liberati in cambio di Shalit. È lui che ha ottenuto il via libera ai foraggiamenti del Qatar
• – Redazione
Per uscire dalla crisi della democrazia liberista è necessario uscire dal paradigma economico dominante e dalle sue intrinseche contraddizioni
• – Lelio Demichelis
Le bombe sul valico spengono ogni speranza di fuga per gli abitanti della Striscia
Di Francesca Mannocchi, La Stampa
L’esercito israeliano ha colpito due volte in 24 ore il valico di Rafah che collega la striscia di Gaza all’Egitto. Dopo il primo attacco di lunedì notte le autorità egiziane avevano imposto la chiusura del passaggio, aperto in precedenza per consentire, a chi avesse già un permesso, di attraversare il confine e accedere agli aiuti umanitari. Ma ieri mattina, colpito di nuovo, il valico è stato chiuso fino a data da destinarsi.
L’Egitto si stava preparando all’emergenza dopo l’annuncio di due giorni fa dell’assedio totale su Gaza, ospedali, scuole, magazzini di cibo del Nord Sinai si stanno attrezzando da due giorni per affrontare le ricadute di un esodo di massa. Il timore, sul lato egiziano, era quello della catastrofe umanitaria. Centinaia di migliaia di persone senza un posto sicuro riversate al confine in cerca di salvezza.
Un ufficiale egiziano, parlando con Ap (Associated Press) in forma anonima ha detto che più di 2 tonnellate di forniture mediche dalla Mezzaluna Rossa egiziana erano state inviate a Gaza e che, fino a ieri, fossero in corso sforzi per organizzare consegne di cibo e carburante. Era il tentativo, per l’Egitto, di tamponare la possibilità di un esodo di dimensioni inimmaginabili e di evitare il reinsediamento dei palestinesi di Gaza nel Sinai.
Poi, ieri, le poche speranze di fuga per gli abitanti di Gaza si sono spente sotto i due bombardamenti del valico. Secondo il canale di Tel Aviv Channel 12, il governo israeliano avrebbe informato l’Egitto che bombarderà qualsiasi mezzo contenente aiuti diretti alla popolazione attraverso il confine. Dopo l’avvertimento, nel pomeriggio di ieri, le associazioni umanitarie egiziane hanno pubblicato le prove fotografiche del ritiro dei camion di carburante e di materiale umanitario diretti a Gaza. Il messaggio è chiaro: chiunque porti rifornimento di soccorso sarà colpito. Un effetto domino di ritorsioni e rappresaglie a conferma che l’assedio annunciato da Israele non lascerà scampo ai due milioni di abitanti ormai intrappolati a Gaza.
Lunedì sera, il canale Al-Qahera News, vicino ai servizi segreti egiziani, ha citato alte fonti dell’intelligence allertate sugli effetti di un arrivo di persone a cui il Paese non è pronto: «La sovranità egiziana non è aperta a violazioni – riporta il quotidiano indipendente Mada Masr – e la potenza occupante è responsabile della ricerca di corridoi umanitari per aiutare la popolazione di Gaza». Come a dire: se ci fosse un modo per non condannare a morte certa i palestinesi della Striscia, dovrebbe essere Israele a farsi carico di mediare per garantire un’uscita in sicurezza. Scenario quanto mai lontano dalla realtà.
C’era un unico modo, fino a ieri, di garantire l’accesso ai beni di prima necessità ai palestinesi allo stremo: il confine egiziano, che pure ha una capacità inferiore rispetto agli altri valichi di confine con Israele. E un unico modo per permettere ai civili in fuga di trovare salvezza dai bombardamenti. Ieri, la chiusura di Rafah, ha spento le ultime speranze. Non entra uno spillo, non esce una persona.
I numeri della distruzione a Gaza, al terzo giorno della risposta israeliana dopo l’attacco di Hamas di sabato, sono terribili. Secondo il ministero della Sanità di Gaza sono stati uccisi 800 palestinesi e la ritorsione israeliana ha provocato lo sfollamento di almeno 200.000 persone e, secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari, gli attacchi aerei hanno interamente distrutto 790 unità abitative e ne hanno gravemente danneggiate 5.500. È stato distrutto l’edificio della Compagnia Palestinese delle Telecomunicazioni e i tre siti idrici e igienico-sanitari che hanno lasciato senza acqua quasi mezzo milione di persone che rischiano in poco tempo di diventare 700 mila, secondo l’Onu che ha avvertito che la grave carenza di acqua potabile, già scarsa prima dell’attacco, rischia di sfinire i civili in poco tempo.
L’orizzonte delle prossime settimane è cupo, tutto lascia pensare a una massiccia operazione di terra. Israele ha dichiarato di aver dispiegato 35 battaglioni militari e quattro divisioni e che sia in atto la «costruzione di un’infrastruttura per le prossime operazioni militari».
La popolazione di Gaza, terrorizzata, continua a cercare riparo dove può mentre vengono distrutte intere aree residenziali. «Abbiamo appena iniziato a colpire Hamas», ha detto il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu in un discorso televisivo: «Ciò che faremo ai nostri nemici nei prossimi giorni avrà ripercussioni su di loro per generazioni». Resta da chiedersi dove saranno, se ci saranno, le generazioni future di Gaza.
La scelta a cui la popolazione civile della Striscia era costretta fino a poche ore fa era aspettare la morte sotto le bombe o abbandonare le proprie terre in direzione dell’Egitto. Oggi la scelta, sebbene tetra, disperata, non esiste più. Non resta che una possibilità, cercare riparo dove riparo non c’è, sperando che la morte dal cielo arrivi il più tardi possibile.
Nell’immagine: un’esplosione vicino al valico di Rafah
Keir Starmer riporta la sinistra al governo della Gran Bretagna dopo quattordici anni. Soprattutto dopo la Brexit
Mentre la guerra in Ucraina ha spinto svedesi e finlandesi a rinunciare alla propria neutralità, gli svizzeri restano legati tanto a questo status quanto al radicamento...