Giorgia Meloni, una nuova artefice della “colonizzazione delle coscienze”
Come promettere a cittadini ed elettori di diventare protagonisti e trasformarli in inconsapevoli comparse
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Come promettere a cittadini ed elettori di diventare protagonisti e trasformarli in inconsapevoli comparse
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Come promettere a cittadini ed elettori di diventare protagonisti e trasformarli in inconsapevoli comparse
E invece era debolissima e proprio i mercati finanziari – per ironia della sorte, ma il rischio di esplosione del debito era per loro un pericolo troppo alto – l’hanno sonoramente bocciata, seguiti dallo stesso partito conservatore che l’aveva appena incoronata leader. A riprova che da (troppo) tempo è il capitale (e oggi la tecnica) ad avere in mano i nostri destini e a governare davvero le nostre vite, a dispetto di ogni finzione di democrazia.
E negli Stati Uniti – ma le parole valgono anche per la Svizzera – già Thomas Jefferson doveva ammettere che: “Le istituzioni bancarie sono più pericolose per le nostre libertà, di un esercito in armi”. E un secolo dopo il presidente Woodrow Wilson doveva riconoscere che: “Una grande nazione industriale [gli Usa] è controllata dal suo sistema creditizio. […] Tutte le nostre attività sono nelle mani di pochi uomini. Noi siamo giunti ad essere uno dei paesi peggio guidati, uno dei più completamente controllati e dominati del mondo civile – non siamo più un governo della libera opinione, non più un governo della convinzione e del voto della maggioranza, ma un governo dell’opinione e del dispotismo di un piccolo gruppo di uomini in posizione dominante”.
E Giorgia Meloni, di fresca nomina? Anche lei è una donna forte, come sostengono i più; oppure è debole, stretta tra il fascio-leghismo doc di Matteo Salvini (messo in sordina negli ultimi giorni ma pronto a riesplodere alla prima occasione, avendo anche ottenuto, come ministro delle Infrastrutture la delega alla Guardia costiera, così da poter continuare la sua guerra anti-migranti) e le esternazioni narcisistiche/egolatriche di Silvio Berlusconi?
Nelle settimane scorse, Giorgia Meloni (comunque a capo di un governo di minoranza, la sua coalizione avendo ottenuto solo il 43% del voto popolare, pur intascando il 59% dei seggi parlamentari, complice una oscena legge elettorale) ha cercato in tutti i modi di nascondere il suo post-fascismo altrettanto doc, rassicurando Europa, Nato e soprattutto i mercati. Eppure, di fatto, il suo è un governo industrialista e a favore della peggiore imprenditoria italiana.
E infatti: uno dei suoi più fidati consiglieri, Guido Crosetto, presidente della Federazione Aziende Italiane per l’Aerospazio, la Difesa e la Sicurezza (AIAD), aderente a Confindustria, è oggi diventato ministro della Difesa, ovvero un esponente di quello che un tempo si definiva complesso militare-industriale entra esplicitamente in un governo come ministro di fatto dell’industria, dell’innovazione tecnologica e della digitalizzazione; e Marina Calderone, storica presidente dell’Ordine dei Consulenti del lavoro, è stata messa al ministero del lavoro e delle politiche sociali, grazie alla sua pluriennale attività di lobbying a favore delle imprese per rendere più flessibile la normativa che tutela i lavoratori e la sicurezza in tema di appalti, lei entusiasta del neoliberista-renziano JobsAct e contraria al salario minino per legge (aumenterebbe i costi per le imprese, ha detto; cioè, tradotto: viva la precarietà e lo sfruttamento del lavoro).
E poi Gilberto Pichetto Fratin, ministro incompetente dell’Ambiente (da cui scompare ogni riferimento alla transizione ecologica) nonché negazionista della crisi climatica; e poi ancora, il leghista Giancarlo Giorgetti che, dopo il suo poderoso flop al ministero per lo Sviluppo economico assurge addirittura a ministro dell’Economia (e questo dovrebbe preoccupare gli italiani, più che i mercati…). Con il contorno del ministero dell’Istruzione che diventa anche del Merito (mantra neoliberista) e di quello su Famiglia e natalità (mantra fascista e capitalista – il numero è potenza – perché se le macchine sostituiranno il lavoro umano, occorreranno sempre nuovi consumatori e più sono giovani più consumano e quindi maggiori sono i profitti) affidato all’integralista cattolica Eugenia Roccella, anti-pillola abortiva, anti-unioni civili, anti-diritto all’eutanasia.
Ovvero, l’Italia è diventata come l’Ungheria di Orban, come l’illiberale e cattolicissima Polonia. Stupisce che l’Europa – a differenza di Ungheria e Polonia – non condanni questa deriva illiberale e anti-illuministica dell’Italia, anzi cerchi una piacevole convivenza e collaborazione con Giorgia Meloni. Forse perché (togliete il forse) al di là delle apparenze sovraniste e populiste da destra sociale, il governo Meloni è appunto, come visto, perfettamente funzionale agli interessi del capitale e del sistema industriale, molto più del neoliberale Draghi che almeno una illusione di transizione ecologica l’aveva messa nel programma di governo.
E di Giorgia Meloni dobbiamo quindi parlare iscrivendo la sua figura nel quadro delle tendenze populiste/para-fasciste – ma iper-capitalistiche e neoliberiste – sempre più diffuse nel mondo; e che coinvolgono figure di ieri – Pinochet, che è stato l’apripista con il suo (e degli Usa) golpe in Cile del 1973; e poi Margaret Thatcher e Ronald Reagan – e di oggi: Trump, Orban, Le Pen, la fascista/franchista spagnola Vox tanto cara a Giorgia Meloni, Beppe Grillo, Matteo Salvini e appunto, ora, Giorgia Meloni.
Tutti populisti accomunati dall’ideologia neoliberale e capitalista; tutti arrivati al potere per effetto della crisi della democrazia prodotta dal neoliberalismo (tranne Pinochet, che l’ha uccisa deliberatamente); e oggi tutti produttori diretti e consapevoli di crescenti forme di antidemocrazia, di post-democrazia, di democrature di vario colore, di democrazie orgogliosamente illiberali (sic!), di tecnocrazie e di capitalocrazie.
Populismo: e cioè l’attivazione eteronoma della vocazione alla delega – da parte del popolo – a un uomo o a una donna appunto forte, patriarcale, autoritario/a, carismatico/a; cioè a un meneur des foules, come appunto oggi Giorgia Meloni. E allora è utile riprendere le riflessioni di un importante filosofo, Remo Bodei, ricordandolo così a tre anni dalla sua scomparsa (7 novembre 2019). Scriveva Bodei, rileggendo Gustave Le Bon in quello splendido saggio che è Destini personali. L’età della colonizzazione delle coscienze (Feltrinelli): “«il lascito lockiano, fatto fruttare dal pensiero e dalla prassi liberale e democratica viene abbandonato a favore della tesi che l’individuo è incapace di autogoverno. Deve perciò essere posto sotto la tutela di un ‘io egemone’ esterno, rappresentato dal meneur des foules… Il potere riconosciuto al meneur (termine che ha il suo calco linguistico in Duce, Fuhrer, Caudillo o Conducator) di organizzare e indirizzare l’energia erogata dalle folle promuove l’introduzione di tecniche di human engineering tese ad espugnare quell’isola di autonomia individuale e di diritti inalienabili che Locke aveva laboriosamente cominciato a strappare al mare dell’assolutismo”.
E ancora: “Utilizzando l’energia regressiva delle folle, il meneur le trasforma in comparse che si credono protagoniste. Comanda la loro anima senza confondersi con essa (mantenendo il ruolo di coscienza egemone proprio mentre gli altri io che compongono la folla regrediscono alla fase coloniale”), cioè di colonizzazione delle loro coscienze. Così proponendosi, il meneur, “quale antidoto al progressivo allentamento dei vincoli tradizionali, familiari e sociali; [capace] di restaurare l’autorità verticale grazie a una nuova gerarchia che ristabilisca formalmente, sottolineandole, le disuguaglianze tra gli uomini; di proclamarsi salvatore dell’Occidente, opponendosi strenuamente al suo tramonto”. Come nel totalitarismo novecentesco. Come nel rinascente fascio-populismo/sovranismo di oggi.
Dietro al quale tuttavia, lo ripetiamo, il vero meneur des foules – da tre secoli a questa parte – è il (tecno)capitalismo.
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