Giornalisti, barra tutta a sinistra?
Se i media, per definizione, devono esprimersi in termini “critici” sulla realtà vengono subito considerati come orientati politicamente, a tutto vantaggio di chi li qualifica, li paga, li condiziona
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Se i media, per definizione, devono esprimersi in termini “critici” sulla realtà vengono subito considerati come orientati politicamente, a tutto vantaggio di chi li qualifica, li paga, li condiziona
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Se i media, per definizione, devono esprimersi in termini “critici” sulla realtà vengono subito considerati come orientati politicamente, a tutto vantaggio di chi li qualifica, li paga, li condiziona
Robi Ronza (me lo ricordo questo Robi Ronza che si aggirava misterioso, sconosciuto e non invitato, per il corridoio del GdP, negli ultimi giorni della mia direzione, certamente sospintovi dagli amici ciellini, oramai certi della conquista) vi sosteneva che “tutti i maggiori quotidiani italiani simpatizzano per la sinistra”. Una prova la si avrebbe anche nell’esistenza di un sindacato unico, le cui votazioni interne dimostrano che “almeno due terzi dei giornalisti sono in vario modo su posizioni di sinistra”. A questo quadro “non fanno eccezione le redazioni dei telegiornali di Mediaset… né tanto meno quelle della Rai”, e si è persino riusciti a “organizzare rapidamente una nuova TV di sinistra come LA7”. “Persino il quotidiano economico Il Sole/24/ore “, che appartiene alla Confindustria, è vicino alla sinistra”.
Noi potremmo aggiungere (forse con qualche condivisione anche da parte dei ciellini) che persino papa Francesco rientra nella categoria o anche più in là (considerato che non gli è mancata l’etichetta di “adepto della teologia della liberazione”, quasi fosse una massoneria, di “marxista” o di “cattocomunista”, mai chiedendosi – forse per un troppo lungo periodo di collateralismo con idee e modi poco cristiani all’interno stesso dell’istituzione che governa e che continua ad avversarlo – se non sia semplicemente “cristiano”). Insomma, barra tutta a sinistra, quindi.
Morresi, già presidente dei giornalisti svizzeri, porta a sua volta dati che sembrano confermare una situazione analoga anche in Svizzera. Cita un’indagine svolta tra il 2012 e il 2016 dalla ZHAW (l’università di scienze applicate, con sede a Winterthur) da cui si ricava che il 68.1 per cento dei giornalisti del servizio pubblico e il 61.6 per cento dei giornalisti dei mass-media privati si riconoscono di sinistra.
Morresi, ironicamente, si chiede: “Chiamare i pompieri?”. E risponde, giustamente: “No, è il significato di “sinistra” in questione.” E per dare corpo a quel “significato” si appella a Jürgen Habermas (filosofo, sociologo, politologo tedesco). Ma, probabilmente, ha scelto male. Habermas, che è un esponente della Scuola di Francoforte, definita qualche tempo prima, sullo stesso giornale, da un suo noto opinionista (finanziere), con grande pompa di titolo (La sinistra ha vinto), come l’origine di tutta l’erba mefitica sinistrorsa che ha invaso l’Europa (nutrendo anche il ’68 e via di seguito) e di cui non siamo ancora riusciti a sbarazzarci, forse non era il punto di appoggio opportuno.
Tuttavia, Habermas, citato da Morresi, almeno per noi, ci sta tutto, con la sua definizione: “i giornalisti devono esprimersi come “mandatari” di un pubblico illuminato, critico verso tutte le strutture di potere”. Il fondamento e il metodo della stessa Scuola di Francoforte era appunto la “critica”, essenza della vitalità democratica, che ovviamente disturbava o metteva in crisi le anime belle capitaliste. E non dovremmo comunque dimenticare che Habermas aveva il gusto della discussione che, contrariamente a ciò che lascia credere spesso una interpretazione lenitiva della sua teoria della comunicazione, era molto più vicina all’arte della disputa che del consenso.
Ci sono due considerazioni che si potrebbero fare su questa discussione del preteso “barra sinistra tutta” dei giornalisti: l’una seria, l’altra tragicomica.
In una società che ha assunto il mercato a misuratore di tutti gli scambi e il denaro a generatore di tutti i valori, e dove il giornalismo non riesce più ad esistere o a decidere prescindendo dall’economia, pena lo spettro dell’annientamento o della schiavitù (e infatti aumenta sempre più la concentrazione di testate, con la giustificazione delle economie di scala o della sopravvivenza, assecondando però la volontà di potere e di eliminazione della concorrenza, altro paradosso della società di mercato), diventa quasi consustanziale a un giornalismo attento e serio una sorta di difesa (o autodifesa) “critica”. Che sarà immancabilmente definita “di sinistra”, proprio perché disturba il potere del mercato e dei suoi approfittatori, politici o finanzieri, che sono spesso la stessa cosa. Tanto più che anche la democrazia rischia di essere ridotta a parola vuota o (come rileva Morresi) appannaggio di chi, politicamente, ne fa uno spettacolo circense, con la televisione (o i social), divenuti mezzi pressoché inidonei a un ragionamento compiuto.
Tutto questo si risolve in una sorta di paradosso (nel senso di contraddizione con i principi elementari della logica) che ha del tragicomico.
Nella realtà attuale, i giornalisti tutti barra a sinistra danno vita a politiche e governi tutti barra a destra (persino il papa non se la cava meglio). Delle due, l’una: i giornalisti non sono più credibili, con il risultato che ottengono il contrario di quel che criticano o dicono; alla destra giova assai che i giornalisti continuino ad essere di sinistra perché ne trae grande vantaggio.
Nel primo caso non si tiene conto del potere economico fortemente condizionante, cui è quasi impossibile sottrarsi, tanto da vendergli anche intere pagine redazionali, divenute “pubblicitarie” e mascherate come “spazio pubblico” (povero Habermas e la sua teoria dello spazio pubblico!).
Nel secondo caso non si riesce a capire se l’ideologia esasperata o l’ignoranza fattasi astio non portino la destra nazionale e quei partiti che la rappresentano a capire che non gli conviene ostacolare la barra tutta a sinistra dei media, (ad esempio insistere sulla demolizione continua e sistematica del servizio pubblico televisivo, come stanno ancora facendo), considerato che tutto torna a loro trionfante vantaggio. In barba anche alla democrazia.
Nell’immagine: giornalista con due mani sinistre, da una pubblicità de “il manifesto”
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