Giuramenti d’ipocrita
Il calcio alla resa dei conti dopo la tempesta: buoni, cattivi ed un sacco di menzogne
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Il calcio alla resa dei conti dopo la tempesta: buoni, cattivi ed un sacco di menzogne
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Il calcio alla resa dei conti dopo la tempesta: buoni, cattivi ed un sacco di menzogne
A tutti ormai pare chiaro che si è trattato di un evento sciagurato, che come in ogni storia che si rispetti ha delineato i suoi buoni (l’UEFA, la gran parte delle società calcistiche europee escluse dal progetto e soprattutto gli amatissimi tifosi), ed i suoi cattivi (i secessionisti, avidi spremitori di soldi e giocatori in dispregio di ogni principio di solidarietà).
Hanno vinto i buoni, lo dicono tutti ed ora si tratta di regolare i conti con i cattivi, si tratta di “fargliela pagare”.
In questi giorni, con ancora in testa il ronzio e l’eco della battaglia, è tutto un susseguirsi di prese di posizione di addetti ai lavori, calciatori, allenatori, dirigenti, di una marea di opinionisti. E anzitutto dell’UEFA, che ha già creato una sorta di graduatoria dei cattivi: quelli che lo sono un po’ ma ci hanno subito ripensato e per cui dunque è ammesso l’errore, quelli che sono usciti un po’ dopo (perché han capito che non era aria) e quelli che formalmente ancora non sono usciti, i veri, diabolici cattivi.
Trascurando solo per un momento di elencare tutte le sentenze e tutti i sacrosanti buoni propositi sciorinati da chiunque in merito al futuro dello sport più amato al mondo ed al dovuto rispetto per i suoi appassionati (3, forse 4 miliardi di persone), con un ipotetico (e parziale) giro d’orizzonte europeo, mettiamo insieme alcune notizie sparse qua e là.
Partiamo dal regno della “Brexit”, dove di corsa le sei squadre implicate nel progetto della Superleague ne hanno per prime preso le distanze, con la spinta e la benedizione del premier Boris Johnson. No, no, niente avventure alle spalle dei tifosi, fedeltà assoluta alla Premierleague e all’UEFA. Ma poi salta fuori che Johnson sapeva del progetto e che l’aveva pure appoggiato. Viste le reazioni dei tifosi, con una capriola circense ha colto subito l’occasione per accodarsi e addirittura capeggiare la protesta: vuoi mettere il ritorno elettorale da qui a pochi giorni?
In Italia, il solito teatrino all’insegna del motto “Gli replicai con un reciso forse!”.
Presidenti di club che volevano essere ammessi alla Superleague e che adesso fanno le maestrine dalla penna rossa; un presidente della Federcalcio, che senza esitare afferma che si aspetta che le società implicate “non lo facciano più”. La prossima volta sono fuori. E così si cambia un comma del regolamento della Figc e tutto resta gattopardescamente come prima.
Ma pare non sia il caso di dire che senza Juventus, Milan e Inter in Italia si perderebbe il 60-70% del bacino d’utenza del campionato e dunque dei consumatori del prodotto televisivo con i cui diritti vive ormai gran parte della Repubblica del pallone. E ti credo. Sono solo i sani princìpi che contano.
In Spagna il fautore principale della Superlega, il presidente del Real Madrid Florentino Perez, rimane attaccato al progetto come una cozza allo scoglio, e in questa desolante battigia, fra un onda e l’altra, lancia minacce a chi ha abbandonato la nave annunciando a sua volta sanzioni, perché negli accordi scritti (e sottoscritti dai dodici club della Superlega) ci sarebbe il codicillo per cui chi lascia paga: 300 milioni, tanto per gradire.
In Germania sono immuni o immunizzati: la questione non li riguarda, giacché le due squadre più importanti e potenti (Bayern Monaco e Borussia Dortmund) non hanno mai aderito al progetto (anche perché i loro bilanci, che si dicono “virtuosi”, non ne hanno bisogno, per ora). Ma tu guarda che poi proprio dal Bayern arriva la notizia dell’ingaggio di un nuovo allenatore, non uno qualunque, ma il più pagato di sempre nella storia: 25 milioni per sottrarlo al Lipsia e portarselo a Monaco dove verosimilmente ne riceverà altrettanti (più bonus!!). In barba ad ogni rilievo sulla spirale degli ingaggi come chiave dell’esplosione dei bilanci calcistici, in Germania ci si presenta subito con una nuova cifra record. Tanto, a Monaco i bilanci sono a posto!
E da noi? In questo turbinìo di princìpi ed interessi vari, noi siamo qui a sperare che il Lugano abbia uno stadio a norma UEFA e che possa ospitare qualche partita della prestigiosa “Conference League”. Cos’è la Conference League? E’ una nuova competizione voluta dall’UEFA per includere in un ulteriore torneo continentale per club, anche le federazioni medio-piccole. Infatti dal prossimo giugno sarà tutto uno scontrarsi fra terze o quarte classificate dei campionati di Bosnia, Albania, Bulgaria, Fær Øer e Lichtenstein. Anzi, no, il Lichtenstein no, avrà solo la possibilità di iscrivere la vincitrice della Coppa del Lichtenstein, ovvero chi perde in finale contro il Vaduz (che fa la Champions o l’Europa League).
In realtà, dando un rapido sguardo al regolamento di questo ennesimo campionato organizzato dall’UEFA, si scopre che è un modo, venduto come “inclusivo”, per far giocare decine e decine di partite dallo scarso o nullo appeal ( ma che saranno messe sul mercato televisivo) finché, in primavera, consentirà il ripescaggio di club gloriosi rimasti incresciosamente esclusi da Champions o Europa League.
Insomma, un altro espediente perché sia la UEFA ad incassare e gestire miliardi derivati dai diritti televisivi, da distribuire in parte ai club e in parte da tenersi stretti per sostenere la propria pachidermica struttura e organizzazione di potere. Calcistico, certo, ma anche molto di più.
Così, fra una balla e l’altra, slalomando fra le ipocrisie di schiere di medici al capezzale del calcio malato e alle loro promesse di fare tutto per passione e per i tifosi, il cerchio si chiude ancora a Nyon, dove ha sede la UEFA, la vittoriosa in battaglia contro i cattivi.
Chissà se un giorno (che certamente arriverà) ci si chiederà da che parte stia, davvero, l’UEFA. Sulle confezioni di PlayStation è in copertina, questo è sicuro.
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