L’India non respira
Disastro pandemico, record di vittime, ed enormi responsabilità del suo ‘uomo forte’, il premier Modi, iper-nazionalista indù
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Disastro pandemico, record di vittime, ed enormi responsabilità del suo ‘uomo forte’, il premier Modi, iper-nazionalista indù
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Disastro pandemico, record di vittime, ed enormi responsabilità del suo ‘uomo forte’, il premier Modi, iper-nazionalista indù
Oggi, un primato farmaceutico tanto celebrato, ottenuto anche sfidando Big Pharma nei tribunali, contrasta violentemente con l’immagine di un colosso (un miliardo e trecento milioni di abitanti) piagato dall’esplosione della crisi pandemica. Che viaggia alla velocità di oltre 350.000 nuovi contaminati e di quasi 3.000 morti al giorno da Corona virus.
Per il momento, forse ancora per poco tempo, in proporzione alla popolazione ci sono paesi messi anche peggio. Ma un sistema sanitario deficitario e già al collasso rischia di trasformare a breve l’India in una ‘atomica sanitaria’ planetaria, per tutti minacciosa, se gli aiuti internazionali non arriveranno copiosi, e velocemente. Ci sono scene di insopportabile angoscia. I cadaveri bruciati su pire di legno improvvisate in strada, oltre che lungo i fiumi, a causa di obitori stracolmi di cadaveri; malati in agonia distesi attorno ad ospedali non in grado di accoglierli; intere famiglie alla disperata ricerca di introvabili bombole d’ossigeno; polizia schierata attorno alle poche fabbriche che ancora ne producono e che temono l’assalto di migliaia di disperati; le brulicanti e sovraffollate periferie della miseria assoluta diventate trappole mortali; improbabili fughe dai centri su treni con carichi umani che moltiplicano i nuovi contagi; gli Stati della Federazione che competono impietosamente fra di loro e si blindano in una disastrosa mancanza di solidarietà nazionale; Nuova Delhi diventata in un paio di settimane il principale focolaio epidemico della nazione. Scene da un inferno. “È il nostro Olocausto”, ha titolato un giornale della capitale.
E anche qui un altro ‘uomo forte’ su cui pesano enormi responsabilità. Il Bolsonaro dell’India si chiama Narendra Modi, premier iper-nazionalista indù, che ha fatto della interpretazione più radicale della sua religione (80% del paese) la base di un potere quasi esclusivo, negando cittadinanza alla minoranza islamica (il 17%) persino la partecipazione all’ultimo censimento, e imponendo al mondo contadino (vi appartiene il 70% degli indiani) una riforma agraria, contestatissima nelle campagne, che mira a frantumare le piccole proprietà terriere per metterle al servizio delle multinazionali dell’agro-alimentare.
Modi ha chiesto controlli e censura dei social media, con il loro infinito rosario di rimproveri e accuse al premier. Di non aver preparato il paese all’emergenza, di aver trascurato la sanità, soprattutto di aver proclamato già in febbraio la fine dell’emergenza respingendo i consigli di molti specialisti. Un colossale ‘liberi tutti’ che ha spianato la strada alla nuova, violenta, incontenibile ondata di infezioni. Ha addirittura organizzato pellegrinaggi indù con una partecipazione in massa di fedeli, sua principale leva di propaganda politica. Per poi tentare di imbavagliare la stampa, e le proteste ‘in rete’ (vergognosamente assecondato da Twitter). Tanto che uno dei suoi principali e fanatici sostenitori, il monaco Yogi Adityanath, che dirige l’Uttar Pradesh, uno degli Stati più colpiti dalla crisi, ha minacciato di perseguire penalmente e di confiscare i beni di chiunque diffonda il panico con ‘voci infondate’ e ‘propaganda partigiana’ sul terribile deficit di presidi sanitari, e in particolare di bombole d’ossigeno negli ospedali.
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