HRW: contro i Palestinesi “crimine di apartheid”
Human Rights Watch denuncia le pratiche di Israele nei Territori occupati. Il silenzio è mondiale
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Human Rights Watch denuncia le pratiche di Israele nei Territori occupati. Il silenzio è mondiale
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Human Rights Watch denuncia le pratiche di Israele nei Territori occupati. Il silenzio è mondiale
Nel periodo elettorale i contributi di candidate e candidati sono benvenuti sulla nostra zattera secondo queste regole
Scontri e arresti. A Gerusalemme ma non solo. Proteste innescate dal progetto di demolizione di abitazioni palestinesi; e dalla decisione israeliana di escludere gli abitanti arabi della ‘città santa’ dalle elezioni palestinesi.
Perché allora, sul piano diplomatico, non si parla più di “questione e diritti palestinesi”? Le ragioni sono soprattutto quattro. Primo, l’assetto politico del Vicino Oriente é stato sconvolto dalla guerra dello e allo Stato islamico (minaccia per diverse nazioni arabe), e ne ha inevitabilmente rimescolato le priorità. Secondo, lo scontro fra sunnismo e sciismo all’interno della comunità islamica della regione (guidati rispettivamente da Arabia Saudita e Iran), ha preso il sopravvento, rovesciando e rinsaldando in quell’area alleanze locali e internazionali, in particolare con l’apertura del wahabbismo saudita (incoraggiato dall’America di Trump) nei confronti di Israele, svolta consolidata dalla cosiddetta “Pace di Abramo” fra lo Stato ebraico e diversi principati arabi. Terzo, la capacità di Israele di imporre la propria narrazione del lungo conflitto con ‘i vicini’, mentre sul fronte opposto veniva visualizzato e confermato l’approccio storicamente strumentale dell’ ‘umma’ araba nei confronti del dramma palestinese. Quarto, la debolezza dei successori di Arafat: lacerazioni profonde (fra OLP e Hamas), mancanza di programmazione politica, incapacità di confronto culturale, burocratizzazione, corruzione.
Su questa tela di fondo, la questione palestinese é quasi del tutto scomparsa dall’agenda politica internazionale. Raramente le cancellerie occidentali se ne sono occupate. Lo hanno semmai fatto con iniziative e affermazioni discutibili. Come nel caso del nostro ministro degli esteri, Ignazio Cassis, notoriamente vicino alle posizioni statunitensi (in particolare dell’ex collega americano Mike Pompeo): durante la visita ad un campo di rifugiati palestinesi in Libano, Cassis se ne uscì infatti con l’affermazione (nemmeno concordata con i colleghi di governo) che l’unico modo per risolvere il problema dei rifugiati era quello di chiudere i campi e integrarne la popolazione nella nazione ospitante; tesi perfettamente in linea con i discorsi ufficiali di Israele e in netto contrasto col il rivendicato ‘diritto al ritorno’ invocato dai palestinesi e con gli stessi paesi d’accoglienza.
A rompere il silenzio sulla situazione nei Territori occupati c’è ora un rapporto dell’organizzazione umanitaria ‘Human Right Watch”, che accusa Israele di “crimine di apartheid”, in base alla convenzione del 1973 (elaborata per la denuncia del modello segregazionista sud-africano) e al cosiddetto “statuto di Roma” della Corte penale internazionale, entrambi sottoscritti da numerosi Paesi.
E’ lungo l’elenco delle violazioni dei diritti umani e delle regole internazionali denunciate da “HRW”: cancellazione di libertà individuali e collettive dei palestinesi, uso della forza militare e di sentenze unilaterali della magistratura per imporre la lex israeliana, impossibilità di spostarsi liberamente nei Territori anche e persino per i cittadini arabi con passaporto israeliano, cambiamento di confini e frammentazione del territorio palestinese (sul modello dell’apartheid), legittimazione riconoscimento e acquisizione di un numero crescente di colonie illegali, annessioni ufficiali di ulteriori territori, dal Golan a Gerusalemme Est. Soprattutto, viene illustrato e denunciato un chiaro disegno strategico da parte del governo nazionalista di Benjamin Netanyhau, che procede imponendo fatti compiuti su cui non vi sarà ripensamento alcuno nemmeno in caso di (per ora imperscrutabile e impensabile) accordo di pace.
Qualcosa di ben diverso, viene sottolineato, dagli attacchi di Hamas contro lo Stato ebraico, certo condannati ma che fanno parte, sottolinea Kenneth Roth, direttore di ‘Human Rigthts Watch’ , di particolari fasi del conflitto armato, e non di una strategia ideologica, pianificata e programmata.
Sono ormai trascorsi diversi giorni dalla pubblicazione di questo rapporto. Qualcuno di voi ne ha sentito parlare, o ne ha letto? Probabilmente no. Perché non credibile? O perché ininfluente sull’agenda internazionale? Fate voi.
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