Ma ora proteggiamo ragazzi e bambini
Con le nuove varianti i più giovani sono colpiti in modo maggiore, in alcuni casi con conseguenze gravi
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Con le nuove varianti i più giovani sono colpiti in modo maggiore, in alcuni casi con conseguenze gravi
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Con le nuove varianti i più giovani sono colpiti in modo maggiore, in alcuni casi con conseguenze gravi
Sono cifre che non sorprendono, considerato che nel suo piano vaccinale la Svizzera ha privilegiato le persone più anziane e che per ora non ci sono vaccini per gli under 16 (per i 12-15enni Pfizer-BionTech ha presentato l’altro ieri una richiesta di autorizzazione anche in Svizzera, mentre per i bambini più piccoli si spera di avere i risultati dei test per fine estate).
Sono però cifre preoccupanti perché, se i numeri del contagio sono in discesa, i nuovi casi giornalieri restano molti: 1546 venerdì, con un tasso di elevato (5 per cento, dopo settimane in cui, con rarissime eccezioni, si situava tra il 6 e il 9 per cento). cosa significa? Che nelle classi di età non ancora vaccinate l’incidenza del virus non diminuisce, come indica l’aumento dei ricoveri di 50enni e 60enni di cui ha riferito Urs Karrer nel Point de presse di martedì.
Ancor più preoccupante è però un altro aspetto evidenziato dall’ultimo Rapporto scientifico della Task force scientifica, sul quale martedì Karrer si è soffermato: il fatto che i più giovani non sono affatto immuni dal virus, come molti credono (anche per le perentorie – e infondate – dichiarazioni del troppo celebrato Mr. Coronavirus, l’ex responsabile del settore malattie infettive dell’UFSP Daniel Koch).
Sul tema, a fine aprile la Task force ha pubblicato un policy brief in cui spiega che “tanto i bambini quanto gli adolescenti possono contrarre il SARS-CoV-2, ammalarsi e trasmettere il virus”. E che, se “tendono ad avere sintomi meno frequenti e meno gravi rispetto agli adulti, e hanno minori probabilità di incorrere in un decorso grave (…), in alcuni casi soffrono però di un COVID a lungo decorso” e “possono sviluppare una condizione medica grave chiamata sindrome infiammatoria multisistemica pediatrica” (PIMS-TS).
Di questa sindrome la Task force già si era occupata agli inizi di febbraio, spiegando che in Svizzera “è stata diagnosticata in oltre 60 bambini e in molti casi ha richiesto il ricovero in terapia intensiva pediatrica”. Quel policy brief descriveva le linee guida per la diagnosi e il trattamento della PIMS-TS, dalla quale fortunatamente si recupera completamente (non ci sono dati però sulle eventuali conseguenze a lungo termine).
Se per ragazzi e bambini molti aspetti devono ancora essere chiariti, la Task force raccomanda che le scuole applichino “in maniera sistematica adeguate misure preventive”: ovvero mascherine, ventilazione e test frequenti. Inutile dire che non è ciò che si fa né in Svizzera né in Ticino, in particolare per quanto concerne i rischi di trasmissione per via aerea; e questo benché non ci siano dubbi che, soprattutto con le nuove varianti, le scuole costituiscono dei focolai di trasmissione del virus, come conferma uno studio condotto negli Stati Uniti, di cui giovedì riferiva Le Temps.
Se finora l’imperativo è stato quello di proteggere i più anziani, oggi insomma dovrebbe essere quello di proteggere i più giovani. Una via che il Consiglio federale non intende però imboccare, considerato che, vaccinate le categorie a rischio, vuole allentare le restrizioni e tornare rapidamente a una “vita normale”.
Il rischio di un nuovo #SwissCovidFail è alto.
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