I minuetti della politica da aperitivo
“Patti di Paese” e consociativismi, in una politica senza progetto
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“Patti di Paese” e consociativismi, in una politica senza progetto
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• – Enrico Lombardi
“Patti di Paese” e consociativismi, in una politica senza progetto
Ho seguito il botta e risposta tra Caprara e Pronzini a proposito della questione della pensione/vitalizio dei nostri consiglieri di Stato; i due non si amano, ed è così da un po’. Dico però che Pronzini ha ragione nello specifico; mi parrebbe infatti elementare decenza non accettare, senza nemmeno poterne discutere, che – per accordo trasversale, da far passare quatti quatti senza troppo svegliare l’elettore – i nostri ministri godano di sesquipedali (e inconcepibili, a maggior ragione ora) privilegi previdenziali senza motivo apparente, e con l’unica non troppo recondita motivazione che tutti i partiti di cui essi sono/saranno espressione sono d’accordo di darli. Qualche giovane deputato pensa già al proprio futuro, essendo certo – pur in mancanza di prove inoppugnabili – di meritarsi il meglio, quel prestigioso seggio o comunque un bel posto alla tavola dei professionisti della politica di “milizia”.
Il tema fa parte di uno di quegli sciagurati e un po’ penosi “patti di Paese” da piccola e incestuosa provincia, dove tutti i partiti si scannano davanti a taccuini e telecamere, per poi ritrovarsi (salvo uno, appunto: forse perché lui sa bene che non parteciperà mai alla grande festa della politica istituzionale) in fraterne agapi e in altre festose occasioni. Questa cordiale trasversalità da aperitivo e da greppia fa, oltre che pena, anche un po’ rabbia per il fatto che la comunanza esime i commensali dall’essere propositivi e progettuali, e li mette lì tutti belli allineati e coperti, in questa consociativa melassa, a marcarsi stretti evitando di profilarsi (al di là di qualche guerricciola retorica sul nulla) per timore di giocarsi qualche voto. Penso, per fare un esempio, ai “socialisti”: a Bellinzona del tutto indistinguibili dagli altri, e a Lugano in molti quasi in campagna per il progetto palazzinaro di Cornaredo, dove i tifosi sono solo pretesto e ostaggio di un piano che non li concerne e che rischia di zavorrare per anni iniziative (sociali tra l’altro) di autentica urgenza.
Dare a un movimento di sinistra estrema il monopolio di certi temi, addirittura l’appalto esclusivo per attività di opposizione, non solo non è un bene per la credibilità dei partiti storici presso il loro elettorato di opinione; è addirittura esiziale per il Paese che necessita di una dialettica vera e di proposte autentiche, di un filo di passione e di coraggio, per uscire dallo stallo in cui si trova, e di forze politiche di sostanza che possano trasformare le idee in progetti, e poi in realtà.
Intanto, il rituale minuetto della politica locale si svolge sul proscenio di un teatro con spettatori distratti o assenti. Sullo sfondo una stampa, che spesso da cane da guardia si fa cane da compagnia, ormai stremata e affetta da ogni male possibile, primo tra tutti quello di un deficit a livello di coraggio; con il giovane direttorissimo per meriti evidenti che ci spiega – con fronte accuratamente aggrottata, come a tentare di dare legittimità facciale a una fila di pretestuose balle – come la scomparsa di un settimanale “indipendente” (anche se…) non è un problema, perché ce n’è un altro bello e fresco in arrivo, indipendente quanto basta e senza perdita di posti di lavoro, come se bastasse a farci stare tranquilli. Non meglio l’audiovisivo, nemmeno quello di servizio pubblico, molto preoccupato di ammobiliare i quarti d’ora informativi con terrazze e camping gremiti, spigolature sul tempo meteorologico, interviste a bambini belli, qualche microfono teso con compiacenza al maggiorente di turno: se non ci risvegliasse qualche giovedì sera di qualità o qualche domanda scomoda da parte di uno dei pochi che sembrano voler fare il proprio mestiere, sarebbe tutto perfetto, signora marchesa, quasi un idillio prealpino.
E se qualcuno comincia a chiedersi perché molti tra i nostri migliori giovani, per salvarsi la vita e il futuro, prendono il treno e se ne vanno altrove, ecco che per fortuna arriva il ministro a dirci che non è vero, forte di qualche statistica vecchia di dieci anni.
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