I Rossocrociati e la sindrome di Fantozzi
Fra limiti evidenti ed autolesionismo spinto, la Svizzera sportiva, di calcio come di hockey, sembra di nuovo in balìa dei suoi complessi di inferiorità
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Fra limiti evidenti ed autolesionismo spinto, la Svizzera sportiva, di calcio come di hockey, sembra di nuovo in balìa dei suoi complessi di inferiorità
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Fra limiti evidenti ed autolesionismo spinto, la Svizzera sportiva, di calcio come di hockey, sembra di nuovo in balìa dei suoi complessi di inferiorità
Siamo passati improvvisamente da una squadra (di calcio, ma anche di hockey) che dopo aver raggiunto il massimo livello nella scala delle arti marziali, battendosi alla pari con i migliori al mondo, perde la testa, ne combina una più di Bertoldo per entrare nei panni del mitico Fantozzi che in un ristorante cinese affida il cagnolino in custodia e se lo ritrova arrostito e laccato nel vassoio di portata.
Casi strani nella vita capitano a tutti, e sono inspiegabili: uscire da una porta-finestra che si apre solo dall’interno, affidarsi all’entrata principale che non si può aprire con la seconda chiave perché la prima è rimasta nella toppa. Per ritornare a casa non resta che affidarsi a uno scassinatore di professione o a un abile falegname in grado di forzare la serratura senza distruggere la porta.
“Nei primi 15 minuti non vedevamo la palla” dice l’allenatore dei portoghesi che hanno sconfitto la Svizzera per 4 a 0, ma potevano anche essere 2 o 3 di più.
Vero. Nel primo quarto d’ora, mettiamoci anche il goal di Seferovic (per il resto un ectoplasma) annullato per fallo di mano, i rossocrociati hanno giocato come le grandi squadre di Guardiola: pressing molto alto, difesa a due, massimo 3, altissima, avversario aggredito e a tratti schiacciato.
Troppa grazia, San Murat: e infatti, ecco che la terribile sindrome di Fantozzi, spietata, colpisce come ha già colpito in trasferta contro la Cechia (poi raggiunta sul 2-2 dalla Spagna solo al 90’): prima rete subita su rimessa laterale, con la difesa ferma a paracarro, ma con l’aggiunta di un tocco di Schär che rappresenta la ciliegina sulla torta – un servizio perfetto per l’avversario.
Dopo il pareggio di Okafor la sconfitta arriva su un centro deviato con una comica mossa di schiena di Sow. Episodi che si registrano, il primo una volta su 10’000 casi, il secondo su mille. Esattamente come è successo ai recenti mondiali di hockey: dopo aver battuto il Canada per arrivare al primo posto e incrociare la quarta, gli Stati Uniti, la Svizzera subisce il primo punto su un’autorete di pattino di sublime purezza, la seconda in modo ancor più fantozziano, con il puck che si inarca come un “lob” nel tennis dopo l’uscita di Genoni e finisce beffardamente in rete. Una volta su 10’000, idem come sopra.
Ma torniamo al calcio e al Portogallo: la rete che rompe il progetto di Yakin e lo fa crollare arriva su un calcio di punizione non irresistibile di Ronaldo sul quale Mbabu mette il piede imprimendo una deviazione che impedisce al portiere Kobel di controllare la palla, respinta sui piedi di un avversario che manda in rete.
Il seguito è tragicomico: la Svizzera si alza ancora di piú, continua ad attaccare con tutta la squadra, ma ad ogni palla persa i portoghesi si ritrovano con il campo aperto: a un certo punto lo stesso Mbabu salva in uno contro 5.
Se non fosse che la mamma ad ogni rete del figlio singhiozza come se glielo avessero ammazzato in guerra, Ronaldo di reti ne farebbe molte di più. Alla fine Mbabu rincorre un portoghese e lo atterra: dentro o fuori i 16 metri? Prima viene assegnato il calcio di rigore, poi il Var rettifica. Sarebbe stato troppo? Forse, quando le cose vanno male, non c’è limite al peggio.
La questione è tecnica, di personale, di impostazione della partita, ma soprattutto psicologica: guai se ricadiamo nella sindrome del “petit suisse”- grande Fantozzi.
Ci sono, per fortuna, realtà banali, terre-à-terre: la Svizzera si è qualificata per I mondiali senza Xhaka, ma non può fare a meno di Zakaria Elvedi e Shakiri, arrabbiatissimo per la sostituzione, in piena forma. Molti, lo stesso Elvedi, Freuler e altri sono arrivati cotti dai rispettivi campionati, non si reggono in piedi. Yakin ha applicato, per forza, la teoria dello sciagurato Grillo: uno vale uno. Ne mancavano troppi. E si è ugualmente qualificato per i Mondiali. In un torneo di partite ogni 3 giorni, il turn-over è obbligato. Ma Yakin dovrà fare delle scelte chiare: un sistema, un titolare e una riserva per ruolo.
Ci resta una speranza: che i rossocrociati siano con la testa ai Mondiali: diamine, abbiamo eliminato l’Italia. Di questo passo gli azzurri faranno una proposta indecente: loro al posto dei rossocrociati, scartati per indegnità: volete questo baldi figlioli d’Elvezia?
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