Il dopo elezioni federali e le voci di corridoio sul futuro prossimo
Un governo con una minoranza che diventa maggioranza non resterà tale a lungo: già partiti gli attacchi e scatenate le ambizioni di possibili prossimi consiglieri federali
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Un governo con una minoranza che diventa maggioranza non resterà tale a lungo: già partiti gli attacchi e scatenate le ambizioni di possibili prossimi consiglieri federali
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Un governo con una minoranza che diventa maggioranza non resterà tale a lungo: già partiti gli attacchi e scatenate le ambizioni di possibili prossimi consiglieri federali
Dopo la giornata di ieri, che a Berna ha vissuto l’elezione di due nuovi Consiglieri Federali (il confermatissimo UDC Albert Rösti e la sorprendente outsider giurassiana del PS Elisabeth Baume-Schneider), la Svizzera latina e le aree rurali si vedono sovrarappresentate nel governo nazionale. Un esito che si può senz’altro salutare come ennesimo esempio di magistrale equilibrismo politico anche nel dar voce alle tante differenze che fanno del nostro paese un “casus” per molti aspetti anche virtuoso, senza dubbio molto particolare.
E fra le tante particolarità “tecniche” (chiamiamole così) del funzionamento della macchina governativa e politica elvetica, vi è anche quello della rotazione dei Dipartimenti, prassi tanto più frequentata quando si avvicendano Consiglieri Federali. Così, il giorno dopo le elezioni, i nuovi entrati già si sono visti attribuire i loro dipartimenti (frutto di una scelta collegiale, si dice, ma indubbiamente legata ad “appetiti” di partito) per cui il democentrista Rösti, lobbysta provetto, legato fra l’altro all’associazione degli importatori di automobili, si ritrova a capo del dipartimento dell’ambiente. E aggiungeremmo, tanto per gradire, che sarà il referente politico ultimo anche del servizio pubblico radiotelevisivo, quello che il suo partito (da Chiesa in giù) vorrebbe veder ridotto ai minimi termini. Quando si dice l’alchimia della politica svizzera!
Sempre in relazione a dinamiche molto “svizzere”, l’esito elettorale di ieri, per certi versi inatteso, ha già acceso la miccia della polemica mediatica (in Svizzera tedesca) con la conseguente ed inarrestabile corsa alle “voci di corridoio” relative alle prossime mosse dei diversi partiti per la corsa ai posti in governo che si libereranno nei prossimi anni. Voci che indicano chiaramente una “riscossa” del versante di lingua tedesca (o Schwyzerdütsch) che ricomponga l’antico equilibrio e torni a riflettere i rapporti di forza, linguistici, culturali, economici, fra le regioni nazionali.
Ed il tramestìo è dunque ampiamente annunciato, addirittura sono già aperte le scommesse sui prossimi nomi e scenari. Ne dà conto, fra gli altri, il portale “Watson” (di CH Media) con un articolo di Christoph Bernet, che entra ampiamente e decisamente nel merito dei prossimi candidati, naturalmente tutti di area germanofona, e dei prossimi partenti, ovviamente di area francofona (con un punto di domanda per la posizione del Consigliere federale italofono).
Così, mentre da un lato il nuovo Consiglio federale si deve chinare sullo scottante capitolo dell’attribuzione dei Dipartimenti, sono già “sotto pressione”, per così dire, due dei sette ministri, quelli di più lungo corso, ovvero Alain Berset (che sarà Presidente della Confederazione e come tale potrebbe/dovrebbe poi lasciare) e Guy Parmelin, il romando che ha tolto alla Svizzera tedesca l’assoluto controllo sulle sorti dell’UDC in Governo (con il benestare del suo presidente ticinese Marco Chiesa).
In area PS, stando a Watson, un papabile molto gettonato per rimpiazzare Berset sembra essere Jon Pult, trentottenne grigionese (e ottimo italofono, si potrebbe aggiungere), ma poi andrebbe certo considerata anche la corsa che faranno socialisti d’alto profilo urbano a Zurigo e a Berna. Per Christoph Bernet, uno scenario che potrebbe aprirsi nel dopo-Berset è quello della discesa in campo dei Verdi, a puntare decisamente ad un posto in governo a scapito del PS. Tutta da valutare sarebbe, a questo punto, la dinamica (che è anche nel progetto dell’alleanza rosso-verde ticinese) per cui il verde, a Berna, prenderebbe il posto del rosso. Strana logica di alleanza, ma ci sta, tutto è possibile.
Naturalmente le prossime elezioni federali di ottobre ’23 ci diranno di più sulle quotazioni dei diversi schieramenti, che secondo i più recenti sondaggi, non darebbero i Verdi in particolare ascesa. A livello svizzero (tedesco) poi, un certo rilievo lo stanno prendendo movimenti, diciamo, “verdi-liberali” come Operation Libero che ha un’iconica e carismatica co-presidente in Sanija Ameti, molto spesso in televisione.
Ma se si parla di Verdi-Liberali (che hanno recentemente presentato una propria lista anche per le nostre prossime cantonali) andrebbe poi gettato almeno uno sguardo sull’orizzonte dei partiti di centro, a cominciare da quello liberale-radicale, che a sua volta, potrebbe essere “minacciato” per un posto in governo proprio dal fronte ecologista. À suivre.
Sta di fatto che in area verde alcuni nomi sono già emersi, per ragioni diverse: un possibile candidato potrebbe essere Martin Neukom (36 anni), di Winterthur, Consigliere di stato zurighese e Consigliere agli Stati (a Zurigo, per inciso, i due ruoli sono compatibili, contrariamente a quanto, ben lo sappiamo, riguarda il Ticino).
Altro nome “forte” fra i Verdi, è l’ex direttore del Dipartimento dell’Educazione bernese Bernhard Pulver. Il suo problema, però rischia proprio di essere, ancora, quello delle poltrone plurime: come scrive Bernet su Watson “Pulver sarà infatti in corsa per conquistare un seggio al Consiglio degli Stati per i Verdi a Berna il prossimo autunno. Le elezioni del Consiglio federale del dicembre 2023 arriverebbero in un momento inopportuno per lui.”
Anche Irene Kälin è una personalità di spicco nell’area verde nazionale. Trentacinquenne argoviese, è Consigliera Nazionale dal 2017, di recente si è espressa a favore di un attacco dei Verdi al seggio del PS e ha manifestato interesse a candidarsi al Consiglio federale. Ma l’anno prossimo questo passo sarebbe per lei assolutamente prematuro per motivi familiari.
Di fatto, il Verde con maggiori possibilità di successo, semmai, potrebbe essere Mathias Zopfi, membro del Consiglio degli Stati, di Glarona, assai gradito da molti parlamentari borghesi. La politica di Zopfi si colloca infatti a destra della linea del partito su molte questioni (è stato favorevole all’acquisto di nuovi jet da combattimento, ad esempio). Lo svantaggio di Zopfi: con la sua residenza a Engi GL (poco meno di 600 abitanti), non può certo passare per un rappresentante della Svizzera urbana.
Sempre secondo Watson, anche i rappresentanti dell’UDC di lingua tedesca con ambizioni per il Consiglio federale potrebbero beneficiare della sovrarappresentazione della Svizzera latina. Se Guy Parmelin si dimettesse, il partito potrebbe ovviamente permettersi di assegnare il secondo seggio alla Svizzera tedesca. A questo punto il nome molto influente di Natalie Rickli, membro del governo cantonale zurighese, potrebbe certamente rientrare in gioco.
Se i possibili concorrenti per i nuovi posti in Governo potranno sicuramente aumentare con il passare dei mesi, vi sono per contro alcuni personaggi carismatici dell’area socialista che con l’elezione di Elisabeth Baume-Schneider si vedono precluse le proprie eventuali velleità. E si parla di veri e propri “tenori” del fronte PS quali Pierre-Yves Maillard, Roger Nordmann, e l’ex-leader del partito e presidente della Posta Christian Levrat. Certo, si tratta di politici relativamente ancora giovani, che forse qualche possibilità a medio termine potranno ancora averla. Ma è anche vero che il trend degli ultimi anni porta ormai ad escludere chi si avvicina o abbia superato i 60 anni. E il PS avrà forse bisogno, da subito, di pensare al proprio ricambio interno.
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