Il Fato è una bestia grama
La tragica fine del Tour de Suisse per il ciclista svizzero Gino Mäder
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La tragica fine del Tour de Suisse per il ciclista svizzero Gino Mäder
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La tragica fine del Tour de Suisse per il ciclista svizzero Gino Mäder
Vent’anni fa una vicenda come quella di Gino sarebbe stata archiviata con qualche articolo e con qualche servizio radiotelevisivo. Oggi i social media amplificano tutto : dalla condivisione del dolore alla ricerca di un colpevole. Si arriva a mettere in discussione l’essenza del ciclismo, che è fatto di salite, di pianura e di discese. Si ipotizzano o si auspicano interventi da parte dell’UCI, l’Unione Ciclistica Internazionale. Il tutto sull’onda delle emozioni. Imporre dei limiti di velocità in discesa ? Sistemare dei rilevatori e sanzionare i trasgressori ? Sarebbero i corridori i primi ad opporsi. E a sorridere.
Gino se ne è andato probabilmente perché nel grande libro del destino stava scritto che quello era il suo giorno. La sua ora. In circostanze analoghe, al Tour de Suisse del 2008, Franck Schleck fece un salto nel vuoto. Restammo tutti col fiato sospeso, ignari del fatto che le fronde di un frassino avevano attutito la caduta del lussemburghese. Al Tour de France del 1995 Fabio Casartelli scivolò nella discesa dal Col du Portet d’Aspet. La sua testa andò a sbattere contro un paracarro. Sarebbero bastati pochi centimetri per poter raccontare una storia diversa. Al Giro d’Italia del 2011, il belga Wouter Weylandt si girò a 180 gradi per vedere che cosa stava accadendo alle sue spalle. Un attimo. Un flash. Abbastanza per girarsi di nuovo e trovarsi davanti una sporgenza in muratura, il suo capolinea.
Il dramma di Gino Mäder suscita tristezza e sconforto. Nei suoi cari, nei suoi compagni, in coloro che lo hanno conosciuto e frequentato anche occasionalmente. Era uno che sapeva farsi voler bene. Ed è forse in virtù di questo bene che pure lui ha saputo donare all’ambiente che si dovrà volgere lo sguardo al domani. Non tanto in virtù del triste e squallido « The Show must go on », bensì per la consapevolezza che il ciclismo è uno sport in cui il rischio zero non esiste. I corridori ne sono consapevoli. Gino rimarrà come un monito. Quello di un caro amico che ti ripete costantemente « fai attenzione, non perdere mai la concentrazione, il destino può essere una canaglia, cerca di essere più bastardo di lui. » Lo sanno. Ci provano. Ma a volte basta un attimo. Addio.
Nell’immagine: Gino Mäder
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