Cuba mi amor
Lo è ancora, ma il governo deve rispondere al grido di dolore della protesta popolare
Filtra per rubrica
Filtra per autore/trice
Lo è ancora, ma il governo deve rispondere al grido di dolore della protesta popolare
• – Martino Rossi
Via dall’Afghanistan anche il mio interprete, per vent’anni coraggioso compagno di viaggio nell’inferno della guerra
• – Redazione
Stampa / Pdf
• – Franco Cavani
La Svizzera è per il momento fuori gioco e subisce la prime ritorsioni
• – Daniele Piazza
Agli scettici e ai contrari rispondono esperti e scienziati
• – Redazione
foto © Marco D’Anna Mi chiamo Advan, sono nato sulle rive del lago Bajkal, la mia casa era una yurta infilata fra i boschi dalle parti dell’Isola di Ol’chon, appartengo al...
• – marcosteiner_marcodanna
Quando si ibridano riflessi infantil-psichiatrici e calcoli economici sulle spalle altrui
• – Marco Züblin
Una testimonianza della scrittrice Elvira Dones
• – Redazione
Piccola antologia del pensiero economico a cura del Prof. Sergio Rossi
• – Redazione
Tokyo: i Giochi al tempo del virus, l’orgoglio del Giappone, e i calcoli anche economici del CIO
• – Aldo Sofia
Lo è ancora, ma il governo deve rispondere al grido di dolore della protesta popolare
E poi c’è la politica americana per strangolare Cuba con il blocco commerciale, e i tentativi di invasione e di assassinio di Fidel: crimini contro cui ti schieri senza riserve con l’Avana.
Tuttavia è inaccettabile chiudere gli occhi su ciò che non è andato e non va nella conduzione del PCC, e liquidare il popolo dei manifestanti come ignoranti sobillati dalla CIA e le loro proteste come dettate da “agenti provocatori” che manipolano la rete, solo mezzo d’informazione alternativo a quelli ufficiali.
Fausto Bertinotti – amico personale di Fidel – ha dichiarato a La Repubblica (14 luglio) che a Cuba “ci vorrebbe una rivoluzione nella rivoluzione” e che “sarebbe un gesto grande e coerente con la nascita del socialismo cubano un governo che oggi dicesse a chi manifesta “avete ragione voi”, non solo per ascoltare ma per costruire la storia assieme”.
Qualche viaggio a Cuba e l’ascolto di cittadini comuni, ma anche di dirigenti del PCC, mi permettono qualche considerazione, senza pretese.
I cubani sono molto fieri della loro indipendenza e della loro resistenza allo strapotere degli USA e solo una minoranza è totalmente avversa ai dirigenti politici. Ma questa indipendenza è molto relativa . La scarsità della produzione locale, anche agricola, è severa. L’economia non è mai stata diversificata. Cuba dipende dalle importazioni ma non ha contropartite da offrire: non bastano la canna da zucchero, il rum e i sigari, di cui faceva incetta l’URSS in cambio di molti beni ma chiedendo fedeltà incondizionata al Cremlino. E neppure basta il turismo e l’esportazione di “brigate sanitarie”.
Ho visto terre incolte e sentito contadini chiedersi perché non venissero date a loro.
Ho incontrato medici che guadagnano molto meno di un cameriere o parking-boy che riceve mance dai turisti, e laureati in storia che chiedono di farti da guida per una mancia.
Cittadini comuni mi dicevano che da loro “tutti rubano”. Un esempio piccolo: chi lavora in una fabbrica di sigari li ruba per venderli in nero ai turisti.
Sono rimasto incantato e perplesso nel vedere quante risorse un paese così povero investe in cultura, sport, formazione di artisti, medici e altri accademici: ma poi mancano artigiani e operai e molte abitazioni e infrastrutture vanno in pezzi per mancanza di manutenzione. Il tenore di vita dipende sì dai beni collettivi di cui si può usufruire gratuitamente (istruzione, sanità, cultura, sport), ma anche dai beni individuali che si possono scegliere e acquistare: e lo squilibrio fra i due è troppo grande.
Che fare? Che dire? Non possiamo dettare noi i passi concreti che il governo cubano deve fare per rispondere allo scontento inascoltato di suoi cittadini, di cui la discesa in piazza è solo “un grido di disperazione”, come dice lo scrittore Leonardo Padura che vive e lavora a Cuba: risultato non solo della crisi economica e sanitaria ma anche di “una crisi di fiducia e di una perdita di speranza”. E a queste, aggiunge, le autorità cubane non devono rispondere con i soliti slogan, e men che meno con la forza e l’oscurità, ma con soluzioni che non devono essere solo di natura materiale, ma anche politica.
Per chi osteggia l’educazione sessuale nelle scuole e chi copre gli abusi perpetrati nella Chiesa cattolica ticinese - Di Rezio Sisini
Lo studente egiziano è ancora nel limbo della giustizia, sospeso fra etica e politica economica