Iran, lo stupro mortale
Ragazzina di 14 anni violentata e uccisa dai pasdaran, si era tolta il velo in classe come segno di protesta - Il commento di Mattia Feltri da "La Stampa"
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Ragazzina di 14 anni violentata e uccisa dai pasdaran, si era tolta il velo in classe come segno di protesta - Il commento di Mattia Feltri da "La Stampa"
• – Redazione
Bersaglio continuo il mondo femminile e il corpo delle donne. Porte degli atenei chiuse alle studentesse, ultimo passo della fanatica regressione imposta dai Talebani
• – Aldo Sofia
Vicende di gas liquido e di rigassificatori che consumano ed inquinano
• – Silvano Toppi
Quel che vale nei rapporti con la Russia di Putin dovrebbe estendersi anche ai rapporti con il governo iraniano. O no?
• – Redazione
Due contributi per ricordare lo studioso di ispirazione marxista
• – Redazione
La stranezza di alcuni concorsi
• – Andrea Ghiringhelli
Una vicenda giudiziaria che potrebbe aprire un nuovo capitolo nella lotta contro il denaro sporco
• – Federico Franchini
Lo sport dove, in fondo, non conta il gioco, ma una ritualità fatta di eccessi, secondo un puro modello di funzionamento neoliberista
• – Redazione
Con la stessa origine etimologica, due termini si spendono e si spandono nel mondo e sui campi del mondiale qatariota appena concluso
• – Silvano Toppi
In Gran Bretagna lotte sociali e valanga di scioperi, senza precedenti negli ultimi 40 anni di pace sociale imposta dalla ‘Lady di ferro’ che sconfisse i sindacati
• – Aldo Sofia
Ragazzina di 14 anni violentata e uccisa dai pasdaran, si era tolta il velo in classe come segno di protesta - Il commento di Mattia Feltri da "La Stampa"
Un gesto da adulta e da rivoluzionaria, togliersi il velo in classe in segno di solidarietà con le proteste che scuotono il suo Paese da oltre tre mesi, и costato la vita a una 14enne iraniana di Teheran, di nome Masooumeh. Dopo essere stata identificata attraverso le registrazioni delle telecamere di sorveglianza all’interno della scuola, l’adolescente è finita in custodia. Fino a quando, trasferita in ospedale per gravi lacerazioni vaginali, è morta. A riferirlo al New York Times è stato Hadi Ghaemi, direttore del Center for Human Rights in Iran, che ha anche espresso preoccupazione per la madre della ragazzina, scomparsa dopo aver minacciato di denunciare l’accaduto
«L’Iran usa lo stupro per imporre la modestia alle donne», denuncia Nicholas Kristof, editorialista e vincitore di due premi Pulitzer, dalla sua rubrica sul NYT. Le Ong Human Rights Watch e Amnesty International hanno documentato, in modo indipendente, diversi casi di violenza sessuale. «Come le forze di sicurezza iraniane usano lo stupro per reprimere le proteste» è il titolo di una recente inchiesta della Cnn, contestata in cinque punti in un thread su Twitter dall’account dell’agenzia di stampa della Repubblica Islamica Irna. Espulso da una commissione delle Nazioni Unite per i diritti delle donne, il governo di Teheran ha contestato il provvedimento anche attraverso le dichiarazioni della sua vice presidente per gli Affari delle Donne e della Famiglia, Ensiyeh Khazali, che è andata al contrattacco accusando Europa e Stati Uniti di violare i diritti umani.
Ma la storia di Masooumeh ricorda altre morti tragiche di adolescenti iraniane, come la 16enne Nika Shakarami. E di altre donne, abusate e torturate mentre erano in custodia o in carcere per motivi legati alle proteste anti-regime, come la dottoressa 36enne Aida Rostami che curava clandestinamente i manifestanti. «Quanto sta avvenendo in queste settimane in Iran supera ogni limite e non può, in alcun modo, essere accantonato», è stato l’addolorato appello del presidente Sergio Mattarella in un messaggio alla conferenza degli ambasciatori alla Farnesina.
Sono giovani e giovanissime le iraniane coraggiose che si espongono in prima linea. La studiosa delle immagini nei movimenti politici, Parichehr Kazemi, ha pubblicato su The Conversation un’analisi delle fotografie delle proteste in corso nel Paese da oltre tre mesi, all’intersezione tra movimento sociale e rivoluzione. Li definisce scatti «potenti e coinvolgenti» perché giocano su diversi elementi di sfida, attingendo «a una storia più lunga di donne iraniane che scattano e condividono foto e video di azioni considerate illegali, come cantare e ballare per protestare contro l’oppressione di genere» e si basano «sugli sforzi di resistenza passati e su una tradizione di resistenza al governo».
E dopo gli avvertimenti sollevati giorni fa da Amnesty International riguardo all’imminente esecuzione del rapper 24enne Saman Seydi, in arte «Yasin», condannato a morte in prima sentenza dal tribunale, diverse fonti hanno divulgato ieri la notizia che il ragazzo avrebbe tentato di suicidarsi nella prigione Rajaei Shahr di Karaj con un’overdose di pillole. L’agenzia degli attivisti per i diritti umani ha fatto sapere che Seydi è ricoverato nell’infermeria del carcere e attribuisce il gesto del cantante alle torture fisiche e mentali che avrebbe subito anche per strappargli la confessione con cui и stata emessa la sua condanna a morte. Il ragazzo era apparso provato fin dalla prima udienza. Mentre il giudice leggeva le accuse contro di lui, è stato ritratto in foto in lacrime, con la testa tra le mani. I genitori hanno tentato di ottenere il suo rilascio. La madre aveva pubblicato un appello video chiedendo aiuto per il figlio e il padre, in un posto su Instagram, aveva scritto: «Figlio mio Saman, quando guidavi la moto ero preoccupato che ti facessi male. Ma ora non so cosa fare. Non so come potrei continuare la mia vita senza di te».
Commento di Mattia Feltri (rubrica Buongiorno), La Stampa
Si dice e si ripete da qualche secolo che il grado di civiltà di un paese si misura dalle sue carceri, ed è vero, ma fu detto quando la subalternità delle donne non era materia di discussione, e oggi, guardando al mondo, alle notizie in arrivo dal mondo, possiamo dire che il grado di civiltà di un paese si misura anche e soprattutto dal grado di libertà e di uguaglianza delle donne. Per esempio dall’Iran arriva la storia di Masoumeh, quattordici anni, arrestata per avere manifestato a scuola senza velo e contro il velo, portata in carcere, stuprata fino a morire di emorragia vaginale.
Masoumeh, quattordici anni. E come lei decine di altre ragazze in quell’orrendo mattatoio che è l’Iran raccontato ogni giorno dalla Stampa. Dall’Afghanistan arriva il video delle ragazze strette in un abbraccio disperato: da ieri mattina è loro vietato frequentare l’università. Mi viene in mente una vecchia battuta: una donna intelligente ha milioni di nemici, tutti gli uomini stupidi. Ma non è una battuta, è una verità: una donna istruita ha milioni di nemici, tutti gli uomini ignoranti.
Brutali e ignoranti. Ma non dovremmo tanto parlare dell’inciviltà del regime iraniano o afghano, quanto della nostra, di benestanti avvinghiati alla querimonia dei diritti mentre altrove si negano i più elementari. Penso alle rare, vacue, pigre frasi senza conseguenze su Teheran e su Kabul dei governi occidentali, e in particolare del nostro. Lo dico, mentre si parla e straparla di corruzione e questione morale, perché fregarsene non è reato, fregarsene non è roba di procure e processi e condanne, ed è lo sprofondo della moralità.
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