Joe Biden accoglie Narendra Modi come un alleato, anche se non lo è
L’India è diventato il Paese più popoloso del pianeta, corteggiato da tutti ma capace di muoversi abilmente dentro un multipolarismo fatto di “fratelli nemici”
Filtra per rubrica
Filtra per autore/trice
L’India è diventato il Paese più popoloso del pianeta, corteggiato da tutti ma capace di muoversi abilmente dentro un multipolarismo fatto di “fratelli nemici”
• – Redazione
Le colpe, reali o presunte, del Partito socialista, e le argomentazioni, fondate o presunte, di coloro che lo fustigano
• – Silvano Toppi
Assemblea costitutiva a Berna dell’Istituzione Nazionale per i Diritti Umani, che si spera sappia esprimere anzitutto empatia
• – Paolo Bernasconi
Mentre la guerra in Ucraina ha spinto svedesi e finlandesi a rinunciare alla propria neutralità, gli svizzeri restano legati tanto a questo status quanto al radicamento occidentale. Questa posizione mediana si attira le critiche dei vicini europei
• – Redazione
Perché la tragedia del Titan smuove i giornali molto più dell'ecatombe dei profughi nel Mediterraneo
• – Redazione
Se Amazon è sempre aperta, allora via libera ad avere aperti sempre anche i negozi
• – Lelio Demichelis
Perché per l’Ucraina l’uso di armi con uranio impoverito può diventare la fine del granaio d’Europa
• – Redazione
Scommettono sui candidati con investimenti milionari e sperano in un ritorno. Tutto lecito: nella competizione i fondi fanno la differenza. È lo strapotere dei Super Pac
• – Redazione
Ha annunciato che si dimetterà a fine anno; ancora due settimane fa ribadiva invece di voler continuare. In sette mesi è il secondo ministro socialista che getta la spugna
• – Aldo Sofia
In pieno anno elettorale il PS fatica a farsi sentire e raccoglie sconfitte. Come mai?
• – Fabio Dozio
L’India è diventato il Paese più popoloso del pianeta, corteggiato da tutti ma capace di muoversi abilmente dentro un multipolarismo fatto di “fratelli nemici”
Nel 2005 a Narendra Modi era stato rifiutato un visto d’ingresso negli Stati Uniti. All’epoca era il primo ministro del Gujarat, uno stato indiano teatro di violenze enormi contro i musulmani per le quali era stato accusato di aver mantenuto un atteggiamento di complicità. Diciott’anni dopo, Modi è l’onnipotente primo ministro dell’India, perciò ha diritto a una visita di stato a Washington con tanto di tappeto rosso, festeggiamenti vari e il raro privilegio di poter parlare davanti alle due camere del congresso.
Il mondo è cambiato parecchio da quando Modi era solo il chief minister del Gujarat. L’India è diventata il paese più popoloso del pianeta e soprattutto si presenta come alternativa strategica alla Cina. Evidentemente questo contesto geopolitico giustifica l’attenzione particolare riservata alla visita del primo ministro, che fra tre settimane sarà anche l’invitato d’onore alla festa nazionale francese del 14 luglio, a Parigi. I dibattiti che circondano la sua visita negli Stati Uniti si ripeteranno immancabilmente in Francia.
Come si fa a trattare con un paese così sconfinato, dal passato così ricco, dalle risorse illimitate e che tra l’altro vanta un’attraente posizione geografica dal punto di vista strategico, ma che presenta anche le caratteristiche di un nazionalismo intollerante e di un populismo pericoloso? Sia gli Stati Uniti sia la Francia hanno risolto il dilemma chiudendo un occhio. È così che funziona la realpolitik. L’India, in ogni caso, non è diventata un’alleata dell’Occidente. La guerra in Ucraina ha rivelato il posizionamento a geometria variabile di New Delhi, che non ha condannato l’invasione russa (perché Mosca equipaggia da tempo l’esercito indiano), ha incrementato gli acquisti di idrocarburi russi (a prezzi scontati) e in questo modo ha ridotto l’impatto delle sanzioni occidentali.
Al contempo, però, l’India vive una rivalità intensa con la Cina – tra i due paesi è in corso un conflitto alla frontiera che non si è ancora risolto – e attira una parte degli investimenti occidentali per tentare di arginare la minaccia cinese. La Apple, per fare un esempio, ha scelto l’India come seconda base per la fabbricazione di iPhone dopo la Cina, in modo da non dipendere da un solo paese. Il ministro degli esteri indiano Subrahmanyam Jaishankar ha espresso l’idea di un mondo multipolare composto da “fratelli nemici”. Questo gioco di parole riassume perfettamente la diplomazia opportunistica dell’India, che non sceglie uno schieramento ma cerca di costruire la propria autonomia strategica perseguendo i propri interessi.
Eppure l’accoglienza riservata a Narendra Modi da Joe Biden è quella di un alleato, cosa che l’India evidentemente non è. Lo stesso discorso vale per le vendite di armi che saranno concordate, a cominciare dai droni-spia, raramente venduti dagli americani. Nello scontro con la Cina, prioritario per Washington, l’India è una scelta obbligata, dunque bisogna ignorare tutto ciò che desta preoccupazioni.
Con Parigi il legame è ancora più stretto. La Francia, infatti, offre il vantaggio di essere un paese occidentale che però non è necessariamente allineato con Washington. Ecco spiegati gli scambi militari, l’acquisto di aerei Rafael o la cooperazione nel campo del nucleare civile.
Dunque, bisognerebbe tacere sulla deriva autoritaria del nazionalismo indù di Modi? In linea di principio, no. Ma a Washington rimproverano Joe Biden di cercare la quadratura del cerchio per non offendere il suo ospite, e lo stesso approccio lo adotterà Emmanuel Macron il mese prossimo. È evidente che viviamo in un’epoca segnata dalla realpolitik.
Traduzione di Andrea Sparacino
Nell’immagine: l’attore Vivek Oberoi impersona il Primo ministro Narendra Modi in un ‘biopic’ forse un tantino oleografico
Proponiamo ai partiti democratici di attivarsi non solo in funzione della saltuaria richiesta di voto ma costantemente, con il riconoscimento e la promozione della dignità, della...
«Possiamo comprarci Goldman Sachs», ma è finita come Lehman Brothers. In 10 giorni