Putin esonera due generali dopo la “pace” con Prigozhin
Se ne è parlato poco in Occidente, ma sono allontanamenti che dicono quanto la partita sia aperta ai vertici dell’esercito russo
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Se ne è parlato poco in Occidente, ma sono allontanamenti che dicono quanto la partita sia aperta ai vertici dell’esercito russo
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Se ne è parlato poco in Occidente, ma sono allontanamenti che dicono quanto la partita sia aperta ai vertici dell’esercito russo
Dal nostro corrispondente a Mosca
Dopo che per settimane erano state avanzate perplessità sulla controffensiva ucraina, ieri la notizia dell’esonero del comandante della 58a Armata del Distretto Militare Sud (fronte di Zaparozje), il Generale Ivan Popov (“Spartak”), ha rivelato quanto resti invece difficile la situazione dell’esercito russo. In un video, che già in mattinata era diventato virale, Popov si rivolge ai suoi subordinati e dice di essere stato mandato a casa per aver riferito al Ministro della Difesa, Sergej Shoigu, quanto in realtà stava avvenendo sul fronte di sua competenza.
“Ho chiamato tutte le cose con il loro nome, ho focalizzato l’attenzione sulla tragedia più importante della nostra guerra: i grandi limiti del nostro fuoco di controbatteria, la mancanza di strumenti di ricognizione oltre che l’enorme massa di morti e di feriti di nostri fratelli, a causa dell’artiglieria del nemico. Ho anche sollevato una serie di altri problemi e ne ho parlato al più alto livello, in modo molto franco e molto duro”, ha affermato il generale.
Le ricadute nel dibattito interno di questo annuncio sono ancora più importanti di quelle militari. Dopo il 24 giugno, il Cremlino ha fatto di tutto per fare pace con il fondatore della Wagner, Prigozhin. Venerdì scorso “Libération” aveva rivelato la notizia di un incontro riservato tra Putin e il capo mercenario. Poi a sorpresa, il portavoce del presidente, Dmitry Peskov, aveva confermato che la riunione si era realmente tenuta il 29 giugno.
A conferma del disgelo in corso, era stato confermato anche l’allontanamento di Valerij Gerasimov, il capo dello Stato maggiore in carica, dal comando delle truppe in Ucraina. Un “contentino” che Putin sarebbe stato costretto a dare, evidentemente: ma non solo a Prigozhin, che aveva attaccato Gerasimov pubblicamente per mesi giudicandolo “incompetente”.
Questa nuova sostituzione, quindi, dimostra che malcontento all’interno dell’esercito tende a diventare e a manifestarsi sempre di più come frazione politica. Il deputato di “Russia Unita” Andrej Turchak, sempre nella giornata di ieri, ha attaccato il collega Andrej Gurulev per aver pubblicato il video perché “l’appello non era destinato a essere reso pubblico”, trasformandolo “in un piccolo show”. Come se il problema fosse la pubblicizzazione del suo allontanamento, e non lo stato dei reparti al fronte. Il nodo vero è che, del tutto discreditati, molti parlamentari della Duma, tendono ad appoggiarsi sui militari al fronte. Gli ufficiali che “dicono la verità al popolo” sono ormai gli unici a continuare ad essere credibili in quei settori dell’opinione pubblica nazionalista ferita nell’orgoglio da un conflitto che avrebbe dovuto essere una passeggiata su Kiev e si è trasformato invece in un incubo.
Che di incubo si tratti lo confermerebbe pure il numero dei morti di parte russa nel conflitto: 47.000 soldati (sotto i 50 anni) sarebbero morti nella guerra con l’Ucraina tra il 24 febbraio 2022 e la fine di maggio 2023, ovvero prima dell’inizio della controffensiva ucraina.
Questa cifra è stata ottenuta dai portali di “Meduza” e “Mediazone” sulla base dei dati dell’Ufficio Statistico Statale e del Registro delle domande di successione. Per il calcolo è stato anche utilizzato il metodo dell’eccesso di mortalità, ovvero la differenza tra i decessi previsti e quelli effettivi. Molti di meno di quanti stimati dai servizi segreti britannici, ma molti di più di quanti riconosciuti dal governo russo. Si tratta comunque di un numero tre volte superiore alle perdite sovietiche durante tutta la guerra in Afghanistan, durata ben 10 anni, e nove volte superiore alle perdite delle truppe federali russe durante la prima campagna cecena del 1994-1996.
Nell’immagine: l’esonerato generale russo Ivan Popov
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