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Redazione
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• 8 Novembre 2022 – Redazione
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Da Il Post 

La Humanity One, una delle quattro navi gestite da ong che da giorni sono al largo delle coste della Sicilia, ha infine ottenuto il permesso di far sbarcare a Catania buona parte dei migranti che erano stati soccorsi nel Mediterraneo e si trovavano a bordo. Non tutti però, perché il governo italiano pretende, in violazione della legge internazionale, che soltanto le donne, i bambini e i «fragili», cioè le persone in condizioni di salute delicate, possano essere fatti sbarcare, e che gli altri migranti rimangano invece sulla nave e non entrino in territorio italiano.

Nella giornata di domenica è poi arrivata a Catania anche la Geo Barents, nave dell’ong Medici Senza Frontiere, che ospita 572 migranti. Anche per questa nave, il governo pretende di far sbarcare soltanto donne, bambini e «fragili».

Delle 179 persone che si trovavano a bordo della Humanity One, 144 sono state fatte sbarcare nella notte tra sabato e domenica (inizialmente c’era stata un po’ d’incertezza sui numeri, e si pensava fossero una decina di più). Sulla nave ci sono ancora 35 naufraghi «che le autorità italiane sembra non vogliano lasciar sbarcare: sono tutti uomini adulti, senza problemi medici», ha detto ai giornalisti che si trovavano sul molo di Catania Petra Krischok, portavoce della ong Sos Humanity che gestisce la nave. «Non sono io il capitano, non decido io, ma lasciare il porto di Catania se non dovessero sbarcare tutti i migranti che sono a bordo della nave sarebbe illegale, perché sono tutti profughi».

Questo sbarco parziale dei migranti è avvenuto dopo che venerdì sera il governo italiano aveva approvato un decreto che vietava alla Humanity One e alle altre navi di attraccare, ma che consentiva lo sbarco esclusivamente di donne, bambini e «fragili». Secondo il decreto, una volta entrate in acque italiane le navi avrebbero dovuto sottoporsi a un’ispezione delle forze dell’ordine italiane, per decidere chi poteva avere i requisiti e chi no.

È quello che è successo con la Humanity One nella notte tra sabato e domenica: verso le 23 e 30 la nave ha attraccato nel porto di Catania, scortata da una motovedetta della Guardia costiera. Sono poi partite le ispezioni ed è arrivata la decisione di far sbarcare 155 migranti e lasciarne a bordo 35. Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi aveva lasciato intendere che l’Italia avrebbe applicato questi sbarchi parziali già nel pomeriggio di sabato, quando aveva detto: «Le persone che hanno i requisiti possono sbarcare», ma «gli altri devono tornare fuori dalle acque territoriali».

Questa procedura decisa dall’Italia discende da un’interpretazione creativa e in ultima istanza sbagliata della legge internazionale, che secondo varie norme – come la cosiddetta convenzione di Amburgo del 1979 e altre norme sul soccorso marittimo – prevede che gli sbarchi debbano avvenire nel primo “porto sicuro” sia per prossimità geografica a dove è avvenuto il salvataggio sia dal punto di vista del rispetto dei diritti umani.

L’assegnazione del “porto sicuro” a una nave che trasporta persone soccorse in mare dovrebbe venire dal governo dello stato verso cui la nave si sta dirigendo. Dalla Humanity One hanno fatto sapere che il governo italiano non le ha ancora assegnato un “porto sicuro”, benché al momento la nave sia attraccata a Catania.

Non è chiaro cosa succederà adesso con la Humanity One: per ora sembra che la nave cercherà di rimanere nel porto di Catania o se salperà di nuovo con i 35 migranti rimasti a bordo, come vorrebbe il governo. Oltre alla Humanity One e alla Geo Barents, ci sono altre due navi delle ong al largo delle coste siciliane: la Ocean Viking, con 234 migranti, e la Rise Above, che ne ha a bordo 90, dopo che negli scorsi giorni due persone erano state soccorse e portate a terra a Siracusa per ricevere cure. Sembra che il governo tenterà di applicare anche con loro questa misura di sbarchi parziali e selettivi.

Nell’immagine: la Humanity 1 nell’agosto di quest’anno, quasi pronta per iniziare le missioni nel Mar Libico






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