L’appello degli studiosi ortodossi: «L’aggressione russa è anche teologica»
Un documento di teologi di tutto il mondo denuncia la deriva del Patriarcato di Mosca
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Un documento di teologi di tutto il mondo denuncia la deriva del Patriarcato di Mosca
• – Redazione
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Uno, quasi svizzero, di Zollikon
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Per andare oltre le sommarie contrapposizioni
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In un bagno di informazioni, opinioni, esternazioni di ogni tipo, ci si dibatte nel cercare di capire cosa succede in Ucraina ma anche a casa nostra
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• – Redazione
Russia e Ucraina sono grandi esportatori di acciaio: e in Ticino, importante piazza delle materie prime, hanno una delle loro piattaforme preferite; le sanzioni e la crisi del settore
• – Federico Franchini
Un documento di teologi di tutto il mondo denuncia la deriva del Patriarcato di Mosca
Teologi ortodossi di tutto il mondo hanno preso carta e penna e hanno stilato e firmato, ieri domenica 13 marzo 2022, un documento di denuncia della guerra d’invasione, fratricida, della Russia contro il popolo ucraino e delle idee con cui il Presidente russo e il patriarca di Mosca, Kirill, l’hanno giustificata. È testo molto importante soprattutto perché rigetta la concezione di “mondo russo” che Putin e Kirill condividono, come l’indicazione che le “ostilità” – come entrambi definiscono l’invasione militare di uno Stato sovrano – sarebbero responsabilità del “malevolo Occidente”.
Il documento ricorda quanto affermato dal presidente e dal patriarca sin dal 2014, quando la questione Ucraina è esplosa in tutta la sua gravità. Da allora, si sottolinea, entrambi hanno evocato la teoria del “mondo russo”, cioè di una Santa Russia intesa come sfera o civiltà russa che include Russia, Ucraina e Bielorussia, e a volte la Moldova e il Kazakhstan, oltre ovviamente ai russi ovunque si trovino nel mondo. La teoria di Putin e del patriarca Kirill afferma che questo mondo avrebbe un centro politico che è Mosca, un centro spirituale che è Kiev, quale madre di tutta la Russia, una lingua e una Chiesa, il Patriarcato di Mosca, chiamato a operare sinfonicamente con il Presidente russo Vladimir Putin per governare questo mondo, unito da una sola spiritualità, moralità e cultura.
La teoria di Vladimir Putin e del patriarca Kirill vede un nemico ergersi contro questo mondo russo, l’Occidente corrotto, guidato dagli Stati Uniti e i Paesi euro-occidentali, che sono capitolati davanti al liberalismo, alla globalizzazione, alla cristianofobia, all’esistenza di diritti degli omosessuali. È analogamente capitolato davanti a tutto ciò anche il Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, che ha riconosciuto l’autonomia della Chiesa in Ucraina da Mosca. La difesa dei valori morali, della tradizione dello spirito russo e la venerazione della Santa Russia è stata così assunta integralmente dal Presidente Putin e dal patriarca Kirill.
Questa visione, affermano i firmatari del documento, è stata una costante del Patriarcato di Mosca dal 2009, anno dell’elezione di Sua Beatitudine Kirill a patriarca. Così facendo Kirill ha scelto una visione etnica della sua Chiesa, visione che il santo concilio ortodosso del 1872 definisce eretica.
È un’eresia perché se la Chiesa fosse etnica non sarebbe più la Chiesa di Cristo, del Vangelo, degli Apostoli. L’unità della Chiesa, infatti, diverrebbe impossibile. Giunti a questo punto i firmatari scrivono: “Pertanto, respingiamo l’eresia del ‘mondo russo’ e le azioni vergognose del governo russo nello scatenare la guerra contro l’Ucraina che scaturisce da questo insegnamento vile e indifendibile con la connivenza della Chiesa ortodossa russa, in quanto profondamente non ortodossa, non cristiana e contro l’umanità, chiamata ad essere «giustificata… illuminata… e lavata nel Nome di nostro Signore Gesù Cristo e dallo Spirito di Dio» (Rito battesimale). Così come la Russia ha invaso l’Ucraina, così anche il Patriarcato di Mosca del Patriarca Kirill ha invaso la Chiesa ortodossa, ad esempio in Africa, provocando divisioni e conflitti, con indicibili vittime non solo nel corpo ma nell’anima, mettendo in pericolo la salvezza dei fedeli”.
Trattandosi di un documento di teologia i punti teologici di confutazione dell’idea di Chiesa etnica e dell’alleanza trono-altare sono importantissimi, come molti altri. Ma limitandoci a questi due, che sono quelli che maggiormente riguardano tutti i lettori, colpisce la chiarezza e l’importanza, soprattutto per chi creda, della prima affermazione di allarme per ciò che significa una Chiesa etnica quale indubbiamente è quella che pretende di rappresentare il “mondo russo”. Cosa c’è che non va in una Chiesa etnica? Qual è la differenza che un occhio non familiare magari non coglie? Ecco il punto decisivo dell’argomentazione: “Condanniamo come non ortodosso e respingiamo qualsiasi insegnamento che cerchi di sostituire il Regno di Dio visto dai profeti, annunciato e inaugurato da Cristo, ammaestrato dagli apostoli, ricevuto come sapienza dalla Chiesa, enunciato come dogma dai Padri, e sperimentato in ogni Santa Liturgia, con un regno di questo mondo, sia quella Santa Rus’, la Sacra Bisanzio o qualsiasi altro regno terreno, usurpando così l’autorità di Cristo stesso di consegnare il Regno a Dio Padre (1 Corinzi 15:24), e negando il potere di Dio di asciugare ogni lacrima da ogni occhio (Apocalisse 21:4). Condanniamo fermamente ogni forma di teologia che nega che i cristiani siano migranti e rifugiati in questo mondo (Eb 13,14), cioè il fatto che «la nostra cittadinanza è nei cieli, ed è da lì che aspettiamo un Salvatore, il Signore Gesù Cristo» (Fil 3,20) e che i cristiani «risiedono nei rispettivi paesi, ma solo come forestieri. Partecipano a tutto come cittadini e sopportano tutto come stranieri. Ogni terra straniera è la loro casa, e ogni casa una terra straniera» (Epistola a Diogneto, 5).”
Raramente una questione teologica è stata resa evidente nella sua importanza anche per i non credenti. Perché qui traspare un approccio teocratico in Putin e Kirill che a prima vista può sfuggire. Ma c’è anche un rischio razzista nella Chiesa etnica. E il documento lo mette davanti al lettore così: “Affermiamo che la divisione dell’umanità in gruppi basati su razza, religione, lingua, etnia o qualsiasi altra caratteristica secondaria dell’esistenza umana è una caratteristica di questo mondo imperfetto e peccaminoso, che, secondo la tradizione patristica, sono caratterizzati come ‘distinzioni della carne’ (S. Gregorio Nazianzeno, Orazione 7, 23). L’affermazione della superiorità di un gruppo sugli altri è un male caratteristico di tali divisioni, che sono del tutto contrarie al Vangelo, dove tutti sono uno ed eguali in Cristo, tutti devono rispondere a Lui delle loro azioni e tutti hanno accesso al suo amore e perdono, non come membri di particolari gruppi sociali o etnici, ma come persone create e nate egualmente ad immagine e somiglianza di Dio (Genesi 1:26)”.
Il testo prosegue con altri chiarimenti molto importanti, ma qui non si può evitare di cogliere come quanto appena affermato dai teologi ortodossi spieghi la portata epocale ed universale di quanto affermato da Francesco e dal grande imam di al-Azhar, al Tayyib, nel documento sulla fratellanza che hanno firmato ad Abu Dhabi nel 2019: “la libertà è un diritto di ogni persona: ciascuno gode della libertà di credo, di pensiero, di espressione e di azione. Il pluralismo e le diversità di religione, di colore, di sesso, di razza e di lingua sono una sapiente volontà divina, con la quale Dio ha creato gli esseri umani. Questa Sapienza divina è l’origine da cui deriva il diritto alla libertà di credo e alla libertà di essere diversi. Per questo si condanna il fatto di costringere la gente ad aderire a una certa religione o a una certa cultura, come pure di imporre uno stile di civiltà che gli altri non accettano”.
Se si considera quanto queste visioni abbiano a che fare con l’accettazione nella prima di un sistema teocratico e del suo rifiuto nella seconda, non sorprende che l’omelia del patriarca Kirill di domenica scorsa, quella in cui definiva il conflitto in atto una guerra metafisica tra il Bene e il Male, quindi una guerra all’Occidente corrotto, sia sta condivisa dall’ayatollah Ali Khamenei.
Ancora una volta la guerra agli stranieri è anche una battaglia linguistica: attraverso il linguaggio ogni volta si fa un passo in avanti nella disumanizzazione di chi è...
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