La guerra di chi spara sentenze
In un bagno di informazioni, opinioni, esternazioni di ogni tipo, ci si dibatte nel cercare di capire cosa succede in Ucraina ma anche a casa nostra
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In un bagno di informazioni, opinioni, esternazioni di ogni tipo, ci si dibatte nel cercare di capire cosa succede in Ucraina ma anche a casa nostra
• – Enrico Lombardi
La sua domanda è diventata la mia domanda
• – Riccardo Bagnato
• – Franco Cavani
Secondo il filosofo Étienne Balibar, per evitare una “ricostituzione dei blocchi” va aiutata la resistenza del popolo ucraino (anche consegnando armi) e quella del popolo russo dissidente
• – Redazione
Il contributo di un artista che da anni dipinge il mondo come oggi ci pare evidente che sia
• – Redazione
Russia e Ucraina sono grandi esportatori di acciaio: e in Ticino, importante piazza delle materie prime, hanno una delle loro piattaforme preferite; le sanzioni e la crisi del settore
• – Federico Franchini
L’Europa non invii armi agli ucraini, per evitare lutti e sofferenze maggiori alla popolazione, e per sottrarsi alle politiche imperiali di Russia e Nato
• – Redazione
Difesa nazionale, la Svizzera da sola non potrebbe resistere per più di due settimane a un attacco militare da est: e non lo dice uno qualsiasi
• – Fabio Dozio
Niente festa dell’8 marzo, e carcere per diverse protagoniste della lotta per la democrazia e la libertà
• – Gianni Beretta
La guerra e l'ultima sanzione USA contro la Russia provocano l'aumento del costo del petrolio, volato a 120 dollari al barile; ma è scorretto l'immediato e forte aumento del prezzo della benzina: un esempio di inflazione + speculazione
• – Aldo Sofia
In un bagno di informazioni, opinioni, esternazioni di ogni tipo, ci si dibatte nel cercare di capire cosa succede in Ucraina ma anche a casa nostra
Non so voi, ma io sono confuso, e a costo di sembrare ingenuo, sprovveduto, inopportuno, lo dichiaro subito, a scanso di equivoci. In Ucraina c’è la guerra, dallo scorso 24 febbraio, ma poi ben presto abbiamo tutti preso atto che la guerra, in quella terra, era in corso da anni e che in quella terra, così vicina a noi, da secoli si definiscono e ridefiniscono i confini fra massacri e bagni di sangue.
È stato detto più volte che questa è la prima “guerra social” della storia. E infatti ci troviamo dentro una vera e propria ondata di ipertrofia informativa che ci avvolge e stordisce, con interminabili dibattiti pieni di “esperti” che devono per forza di cose avere posizioni nettamente contrapposte. Ma poi, basta entrare in internet e si può accedere ad ogni possibile contenuto (o quasi), con reportage, commenti, analisi, immagini, fake news da scoprire e diffondere, fake di fake, per non cadere nelle trappole della propaganda, per cercare e trovare, ogni minuto, la verità su questa maledetta guerra.
Uno ci prova, fa quel che può, con gli strumenti culturali ed intellettivi di cui dispone, per cercare di capire, anzitutto, cosa stia succedendo là e cosa stia succedendo, di conseguenza, qua. Magari anche per cercare di individuare, almeno per approssimazione, che quel “là” e quel “qua” non sono poi così facili da distinguere. Quella guerra, l’abbiamo in casa dal primo giorno, ben prima dell’arrivo dei profughi ucraini su cui stiamo tutti rivolgendo ed indirizzando la nostra ideale o concreta solidarietà.
Donne e bambini di quella terra lacerata, in cammino da giorni, nel freddo e nella paura, sono le prime ed autentiche vittime, su questo non c’è dubbio. Forse uno dei pochi aspetti su cui confondersi è proprio impossibile. Ed è, logicamente, un aspetto che merità tutta l’urgenza di aiuti e di comprensione, che del resto si manifestano ampiamente anche dalle nostre parti con incredibile generosità.
Ma poi arriva subito un alone più nebuloso, che accompagna queste donne, questi bambini, anzi che li precede, e che riguarda le tante spiegazioni che si possono e si devono dare circa le “ragioni” di questo conflitto e delle sue implicazioni sulla nostra vita.
E mentre a Kiev, a Mariupol, a Kharkiv, ad Odessa si torna, come altre volte nell’insanguinata storia di quella regione, a morire o a sopravvivere miracolosamente sotto la pioggia dei bombardamenti, noi, qui, non potendo proprio far finta di niente, ci si sottopone al bombardamento, ben meno letale, certo, delle analisi e delle prese di posizione su quanto sta accadendo e su quel che dobbiamo pensarne.
Lo stiamo facendo anche in questa sede, certo, e ci mancherebbe altro, con la proposta di riflessioni e approfondimenti naufragici (come non mai) e con la messa in rete di contributi che vengono da altri portali, da firme qualificate e competenti, accorgendoci che emergono alcuni temi principali reiteratamente sollevati in termini “oppositivi”, in cui deve, quasi automaticamente, affermarsi la logica binaria del pro o contro, senza “se” e senza “ma”.
Dunque la guerra è solo colpa di Putin. L’Europa deve unicamente combattere Putin stando accanto al popolo ucraino. Per stare dalla parte dei giusti, deve aiutarli militarmente, come chiede il loro leader, mandando armi e magari, chissà, un domani anche soldati.
Oppure c’è il fronte di chi dice che la guerra Putin l’ha fatta per colpa della NATO e degli Americani, i veri colpevoli, sempre e comunque. Per stare dalla parte giusta bisogna dirsi “pacifisti” e semmai contribuire ad una serie di “misure economiche” che indeboliscano l’invasore (per poi accorgersi, magari, che mettono in crisi anche la nostra economia e le nostre economie domestiche, e allora vai con i distinguo e le misure differenziate).
Fra “fronti ideali” non c’è dialogo, assenti le sfumature, proprio secondo il modello ormai imperante dei dibattiti televisivi e delle discussioni nei social. Sei contro Putin? Allora dimostralo e dì che bisogna armare l’Ucraina! Ah, ti dichiari pacifista? E allora stai con Putin, perché lasci gli ucraini al loro destino di vittime.
Ma possibile? Non c’è proprio altra possibilità? Le “ragioni” dei molti e qualificati che pensano che per la pace si deve anche essere disposti a combattere e sparare, è un punto di vista che ha una sua logica e certamente fondamento, oltre che numerosi esempi offerti dalla storia.
Ma, allo stesso modo, il “pacifismo” ha profonde e rispettabili radici storiche, si sta manifestando non solo nel nostro salotto, ma anche, per dire, nella stessa Russia e un po’ ovunque nel mondo.
Se sei contro la guerra, come tutti dichiarano di essere, se sei per la pace, come tutti dicono di essere, come puoi ritenere che ci si debba armare (o meglio, per ora, armare le vittime del conflitto)? Non è un “non senso”?
È una domanda, non retorica, cui io, confuso come sono, non ho una risposta chiara, ponderata, men che meno inoppugnabile. Non mi sento in grado proprio di “giudicare” cosa sia giusto e cosa sbagliato; non so definire qui, alla mia scrivania, chi abbia ragione e chi torto. Posso, tutt’al più, considerare la fortuna che ho nel potermi permettere di cercar di ragionare su queste questioni, augurandomi che resista anzitutto il popolo ucraino, e poi, marginalmente, anche l’idea che la vita di ciascuno, in guerra, diventa qualcosa di ulteriormente misterioso e ingiudicabile. È la vita di ciascuno di noi, che, semplicemente, si oppone, come può e se può, alla mortale logica della guerra. Quella sì, inappellabile.
Nell’immagine: il sito MapHub Ukraine Monitor, che indica in tempo reale gli eventi legati alla guerra in Ucraina
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