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Redazione
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Di Andrea Muratore, InsideOver

Sberbank, il principale istituto bancario russo e dell’Europa orientale, l’unico del Paese a essere stabilmente nella classifica dei cento più grandi al mondo, ha visto un tracollo dell’utile netto nel 2022. Colpita dalle sanzioni, dall’esclusione dal sistema Swift e dall’isolamento internazionale fin dalla primavera, Sberbank complessivamente ha visto il suo utile netto scendere di oltre tre quarti del totale rispetto al 2021.

Del 75,7%, per la precisione, la decrescita. I profitti complessivi per il 2022 ammontano a poco più di 300 miliardi di rubli contro 1.237 del 2021. Questo significa, convertito nella nostra valuta, un calo da 16,51 miliardi a 4 miliardi di euro: un calo netto che mostra sicuramente l’impatto delle sanzioni occidentali sull’istituto. Gestito, va ricordato, al 50% (ma con la maggioranza assoluta dei diritti di voto nel Cda) dal Fondo sovrano russo e guidato da un potente boiardo di Stato, il tecnocrate Herman Gref, dal 2000 al 2007 ministro dell’Economia di Vladimir Putin.

Germania, Croazia e Ungheria sono i Paesi da cui sotto effetto delle sanzioni Sberbank si è ritirata a seguito dall’impossibilità a operare sotto i colpi delle sanzioni occidentali e dell’esclusione dallo Swift, dovendo dare addio ad asset del valore di circa 13 miliardi di euro che sono stati liquidati. La filiale austriaca è stata dichiarata fallita dalla Banca centrale europea dopo l’invasione russa dell’Ucraina. Il 2 marzo, dopo la comunicazione dell’esclusione di Sberbank dallo Swift, le azioni quotate a Londra dell’istituto sono crollate del 95% in un giorno.

A settembre, poi, anche il “santuario” finanziario per eccellenza, la Svizzera, era diventata ostile a Sberbank, dato che Berna si è conformata alle sanzioni finanziarie occidentali per evitare di diventare la Tortuga dei capitali russi in fuga dalla guerra economica di Usa e Unione Europa. Con l’invasione dell’Ucraina, anche la finanza russa diventava persona non grata in territorio elvetico e così Sberbank ha deciso di liquidare la sua filiale a m3 Groupe Holding SA.

Di fronte a questi dati, del tracollo dell’utile di Sberbank si può dare una duplice lettura. La prima è contingente, la seconda strutturale. Nel primo caso si può porre l’accento sul fatto che la banca è stata trasformata, di fatto, da istituzione paneuropea ad attore nazionale, vedendo buona parte della sua proiezione all’estero erosa e il tracollo dell’utile riflette proprio questo ridimensionamento.

D’altro canto, sul secondo fronte si può ricordare che neanche l’ora più buia delle sanzioni è stata così negativa per Sberbank da cancellare il segno più dal suo risultato di bilancio. E che da giugno in avanti il gap con l’anno precedente, segnato dal record storico di utili per l’istituto, si va riducendo. Se anno su anno la contrazione dell’utile è del 75,7%, sul periodo gennaio-ottobre era all’84,5%. Dunque Sberbank ha recuperato un decimo del terreno nei due soli mesi finali dell’anno. E a dicembre la contrazione era “solo” del 40%, in un contesto che vedeva Sberbank costretta a operare tagliata fuori dai circuiti Visa e Mastercard, come un operatore interno di Mosca.

Sberbank continua a detenere circa un terzo degli asset finanziari circolanti in Russia e sta gestendo quote record di prestiti a clienti privati di matrice industriale o individuale: complici i tassi in crescita rispetto all’anno precedente, questo si è prospettato come un fattore di guadagno diretto legato a un mercato interno che soffre l’effetto delle sanzioni, ma non è collassato. Sberbank ha guadagnato 250 dei 300 miliardi di rubli incassati da ottobre a dicembre, una media di 1,11 miliardi di euro di profitto al mese che pone la curva di crescita su tracciati sostenibili per il futuro della banca.

Molto ha fatto anche la rivalutazione degli asset interni per il forte recupero del rublo legato alla difesa del cambio imposta con la rigorosa austerità finanziaria della governatrice Elvira Nabiullina, centrale nell’economia della resistenza russa. Il numero uno della Banca Centrale è un’allieva di Gref, è cresciuta alla sua scuola e ha giocato di sponda con lui. Difficile, dunque, cantare vittoria per l’esito di Sberbank, che non è caduta a picco. E insegna all’Occidente che non è nella polverizzazione totale dell’economia russa che si dovrà cercare il fine di sanzioni che stanno impattando nettamente sulle condizioni di vita dei cittadini russi più poveri e sull’inflazione interna, meno sul complesso apparato di vertice che guida la Russia in guerra.






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