L’economia della felicità
Al lavoro per un altro mondo possibile, contro l’idea di una crescita infinita
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Al lavoro per un altro mondo possibile, contro l’idea di una crescita infinita
• – Redazione
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• – Redazione
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• – Redazione
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• – Redazione
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• – Riccardo Bagnato
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• – Redazione
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• – Aldo Sofia
Al lavoro per un altro mondo possibile, contro l’idea di una crescita infinita
Un documentario del 2011 della durata di 67 minuti diretto da Helena Norberg-Hodge, Steven Gorelick e John Page visibile liberamente su YouTube descrive con estrema precisione e una chiarezza didattica che cos’è la globalizzazione e quali effetti negativi ha operato sia sull’intero pianeta che nelle vite di ognuno di noi. Celebrata come l’unica speranza per un futuro migliore per tutta l’umanità, una maggior comprensione e collaborazione fra i popoli e l’unico sistema per combattere la fame nel mondo, di fatto la globalizzazione è diventato un mero processo economico governato dalle grandi multinazionali che hanno come unico scopo un aumento sempre maggiore dei loro profitti e che, con il loro incontrastato potere anche politico, condizionano le decisioni del governi.
Ecco dunque come l’attivista, produttrice e co-autrice svedese Helena Norberg-Hodge, fondatrice e direttrice di Local Futures, spiega, con l’aiuto di analisti economici, attivisti, scienziati e gente comune, «le 8 scomode verità riguardo all’economia globale». Partendo da immagini suggestive, girare nel Ladakh (Piccolo Tibet) remota località sui monti dell’Himalaya occidentale, e dalla vita di quella popolazione un tempo tranquilla e serena anche se apparentemente arretrata, ci mostra poi tutti i danni causati dagli “aiuti” e dalle “sovvenzioni” erogati dalla Comunità Internazionale, unitamente ad un pesante bombardamento di pubblicità consumistica, quando negli anni 70 la globalizzazione raggiunse anche quei luoghi. “Le 8 scomode verità” raccontano tutti gli aspetti, alcuni veramente insospettabili, di che cos’è la globalizzazione e quali sono i reali interessi che muovono un meccanismo così ben congegnato che sembra non avere vie d’uscita. Un sistema che disattende quelle che forse erano le iniziali premesse e contraddice con fatti tangibili quanto ci viene propinato dai governi e da economisti conniventi.
La verità è che: «Non si può avere crescita infinita in un pianeta finito. Siamo arrivati a un punto dove realmente non ci sono più risorse per continuare a crescere». Nonostante questa inoppugnabile realtà si continua ad affermare insistentemente che la crescita è la soluzione di tutti i problemi. Il PIL, “bestia nera” di ogni governo, domina e determina ogni decisione sul nostro futuro, rafforza la globalizzazione e di conseguenza aumentano l’inquinamento, le guerre, le disuguaglianze sociale, la disoccupazione e l’infelicità dell’uomo rendendolo confuso e insicuro in quanto si tende a colpevolizzarlo come l’unico responsabile degli sprechi e dell’ inquinamento stesso. “L’Economia della Felicità” è un film importante, utile a incoraggiare la riflessione per dare una nuova forma al nostro futuro. Una profonda e attenta analisi sulla crisi economica che si identifica con una crisi profonda dello spirito umano. In maniera forse un po’ utopistica è anche il manifesto di una nuova coscienza collettiva che si impegna a cercare un modo diverso di “consumare”, con valori legati alla comunità, all’autoproduzione, alla famiglia, mettendo l’uomo e lo sviluppo sostenibile al primo posto, non l’economia del profitto e della crescita ad ogni costo.
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Ma giornali e politica scelgono di ignorarlo