L’EURO della Covid-19 e del CO2
Decine di migliaia di chilometri percorsi, partite disputate in città dove il virus impazza: è il clamoroso #UEFAcovidFail
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Decine di migliaia di chilometri percorsi, partite disputate in città dove il virus impazza: è il clamoroso #UEFAcovidFail
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Decine di migliaia di chilometri percorsi, partite disputate in città dove il virus impazza: è il clamoroso #UEFAcovidFail
Il #CovidFail, di proporzioni ciclopiche, è quello dell’UEFA che in tempi pandemici ha organizzato un torneo di cui un vincitore conoscevamo già prima che iniziasse: il virus SARS-CoV-2. E uno sconfitto pure: il mondo in cui viviamo.
Per quanto concerne l’ambiente, basti pensare al tragitto – anzi, ai tragitti – della nazionale rossocrociata: da Baku a Roma, ritorno a Baku, poi di nuovo a Roma, quindi a Bucarest e ora a San Pietroburgo. Dodicimiladuecentotrenta chilometri senza contare i tremilatrecentosessantadue per arrivare a Baku. In totale quindicimilacinquecentonovantadue chilometri. Ed è la distanza percorsa da una soltanto delle 24 nazionali qualificate per l’Europeo.
Scriverli in lettere accentua ancor più l’assurdità di questi numeri. Per facilità di lettura meglio però tradurli in cifre: 12 230 chilometri per disputare quattro partite, più 3 362 per raggiungere la località del primo incontro. 15 592 chilometri tutti in aereo, ovviamente, poiché con distanze simili mezzi di trasporto meno inquinanti sono impensabili.
Organizzando un torneo che si disputa in undici città di undici diversi Paesi europei, distanti migliaia e migliaia di chilometri, l’UEFA – e in generale il mondo del pallone – dimostra che il cambiamento climatico non sa nemmeno cosa sia. Anche se le temperature che si registrano in alcune delle sedi delle partite qualche indizio dovrebbero pur offrire.
Quanto alla pandemia, basti ricordare che il virus circola grazie alle nostre gambe (e ai nostri aerei) per capire che quest’EURO 2020, in un’Europa molto parzialmente vaccinata, è una vera e propria mina vagante. Tanto più che, tra le città in cui si svolgono le partite, ve ne sono un paio in cui la Covid19 impazza: come Londra, dove si giocherà la finale, e San Pietroburgo, che ospiterà la prossima partita della nostra nazionale e che registra attualmente più di un migliaio di contagi con oltre cento decessi al giorno, come indicava ieri Giuseppe D’Amato, in una corrispondenza dalla Russia (radiogiornale di mezzogiorno, al minuto 6’20).
Se una conferma fosse stata necessaria, lunedì l’Istituto della salute finlandese ha annunciato che tra i tifosi di ritorno da San Pietroburgo 300 si erano contagiati e altri 500 erano in quarantena, come scriveva lunedì il Times of India.
D’altra parte, quanto è successo lo scorso anno dovrebbe averci insegnato qualcosa: nell’estate 2020, il turismo ha dato un importante contributo alla diffusione della Covid19, come dimostra l’analisi genetica del virus, al centro di uno studio del Biozentrum dell’Università di Basilea firmato da Emma Hodcroft, la brillante cacciatrice di virus, studio pubblicato su Nature agli inizi di giugno.
L’indagine filogenetica della variante 20E, emersa in Spagna e diffusasi in tutta Europa pur non essendo più contagiosa, dimostra il ruolo avuto dalla ripresa dei viaggi e dalla mancanza di uno screening e di misure di contenimento efficaci, si legge nello studio, che sottolinea: “Nonostante le restrizioni ai viaggi valutiamo che nel corso dell’estate la 20E sia stata introdotta centinaia di volte nei Paesi europei da turisti, minando probabilmente gli sforzi per tenere bassi i casi di SARS-CoV-2”. L’EURO 2020 rischia ora di fare la stessa cosa con una variante però molto più contagiosa, la Delta.
C’è da sperare che l’UEFA dia retta agli avvertimenti che le stanno arrivando dalla politica. Finora ha però dato l’impressione di credere che la pandemia, al pari della politica, possa essere tenuta lontana dal torneo.
NOTA
Sui rischi che comporta giocare il quarto di finale Svizzera-Spagna a San Pietroburgo, ieri Info 3 del terzo programma radio della SRF ha intervistato l’epidemiologo Christian Althaus, che definisce “cinica” la decisione dell’UEFA di permettere al pubblico di assistere alla partita e spiega che i viaggi dei tifosi rappresentano lo scenario ideale per diffondere nuove varianti in Europa. Qui l’intervista e la sua trascrizione (in tedesco).
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