L’immunizzazione partitica, il peggior male politico ticinese
Il mio avversario ha sempre torto. Specialmente quando ha ragione
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Il mio avversario ha sempre torto. Specialmente quando ha ragione
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Il mio avversario ha sempre torto. Specialmente quando ha ragione
L’immunizzazione potrebbe essere rappresentata come una sorta di muro che protegge dall’esterno. L’immunizzazione partitica, per paradossale che possa sembrare in clima di Coronavirus, è uno dei peggior mali della politica ticinese (ma anche federale).
In che cosa consiste? Consiste nell’opporsi sistematicamente, da una parte, da un partito, ad ogni idea o proposta o valutazione provenienti dall’altra parte, perché ritenute, per principio, un virus malefico, distruttore o dannoso per il partito. O ancora un implicito forzato riconoscimento dell’altro, che equivale ad ammettere un proprio minor discernimento e la concessione di un credito politico-elettorale che non va concesso.
Come si manifesta? Di solito in tre modi. O con l’accusa di ideologismo (la proposta, la critica o anche l’opposizione saranno sempre etichettate di “ideologiche” e quindi aprioristiche, irreali, fuori norma; vale ad esempio tanto per la Scuola quanto per la Fiscalità o il Traffico o l’Ambiente ecc.). O con l’accusa di estremismo o di radicalità (riservata un tempo ai “radicali”, ormai scomparsi, e oggi di solito a ciò che proviene soprattutto dalla sinistra più attiva o a chi mette in discussione dio patria e famiglia, miti nazionali) o con l’accusa di impraticabilità o di demolizione irresponsabile del sistema esistente (si insiste, allora, sulla prospettiva della rovina economica, della disoccupazione, dell’indebolimento della competitività, della fuga dei ricchi, che così si manderà tutto a carte quarantotto).
Quali possono essere le conseguenze? In genere, di quattro tipi: l’immobilismo, la mancanza di corrente d’aria (aperture, scambio di idee), la cariatidizzazione dei partiti, il sorgere di situazioni tragicomiche.
Ne abbiamo sott’occhio una in questi giorni. Un esempio che fa tanto discutere, scrivere (ne ha già parlato in questo sito M. Züblin), giocare alla gibigianna politici, consiglieri di stato, associazioni padronali e sindacati ed è la vicenda delle tre aziende firmatarie che con un sindacato farlocco firmano un accordo (contratto di lavoro?) che deroga al salario minimo legale (che dovrebbe entrare in vigore il prossimo primo dicembre).
Non si può neppure dire che, fatta la legge (art. 13 della Costituzione cantonale, votato dal popolo), trovato l’inganno. Perché il possibile inganno- come di fatto è quello avvenuto- era stato già rilevato e preannunciato in Gran Consiglio, chiedendo di togliere ciò che poteva permetterlo, dal Mps (movimento per il socialismo). Un partito etichettato appunto di sinistra (fors’anche estrema), rompiscatole per definizione (ma, bisogna riconoscerlo, spesso saggio e sempre agguerrito), che genera quindi in tutti gli altri partiti, compreso il socialista, l’effetto-immunizzazione. L’Mps, conscio della possibilità dell’inganno, nella discussione granconsiliare aveva proposto alcuni emendamenti, tra i quali proprio quello di cancellare la possibilità di deroga ai minimi salariali. Raccolse 5 voti favorevoli. Tutti gli altri partiti si opposero perché, proprio per complesso di immunizzazione… presumevano che l’Mps si prefiggesse solo “di far fallire la soluzione di compromesso raggiunta”. E si sa oggi com’è finita e quindi c’è chi (come il partito socialista)… propone un’iniziativa popolare costituzionale per correggere l’art. 13.
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