Sindacati gialli e imprenditoria inutile
Al Ticino servono aziende che hanno bisogno di versare salari da fame per andare avanti?
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Al Ticino servono aziende che hanno bisogno di versare salari da fame per andare avanti?
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Al Ticino servono aziende che hanno bisogno di versare salari da fame per andare avanti?
Leggiamo delle “spiegazioni” surreali date dal sindacalista giallo (che, mi pare di ricordare, aveva assunto anni fa un atteggiamento altrettanto “postale” a proposito di una controversia al casinò di Lugano), e quelle probabilmente imparabili dell’avvocato dei padroni delle ferriere, a proposito della vicenda assai nostrana: quella che ha prodotto una farsa di contratto collettivo e ha condotto gente a dover accettare, sotto la minaccia del licenziamento, condizioni salariali oscene pur di salvare il proprio posto di lavoro.
L’avvocato non ha infatti forse torto nel dire che è stato fatto uso di una possibilità concessa dalla legge, cioè quella di derogare alle norme sul salario minimo in presenza di un contratto collettivo di lavoro negoziato tra le parti sociali o i loro rappresentanti. Una possibilità che è frutto di un errore redazionale o di un bug dolosamente messo da qualcuno che già prospettava il suo utilizzo quale grimaldello per togliere valore e portata alla legge; in entrambi i casi, intravedo una certa responsabilità, ma quanto meno banale imprevidenza, da parte di coloro che si occuparono della questione sul fronte dei lavoratori e che non videro il macroscopico rischio.
Quanto al “sindacato” messo in piedi dal figlio della Buonanima e da un paio dei suoi compagni di merende, si tratta di un’operazione che la dice lunga su come da quelle parti si intendono gestire le questioni, anche quelle (come frontalierato e connessi) che pur costituiscono il core business leghista. Il novello sindacato giallo-verde potrà utilmente abbeverarsi di idee e di utili consigli dal suo coinquilino, il municipale che tutti noi paghiamo profumatamente per produrre zero virgola zero, se non livorose chiacchiere domenicali e autentico e quotidiano disgusto (almeno mio personale, ma non solo); vediamo se TiSin (cavoli, che fantasia: come se usare, storpiandolo, un vocabolo dialettale sia sufficiente per accreditarsi come ticinese doc) oserà replicare la trovata mendrisiotta, e in particolare se sul fronte imprenditoriale qualcuno gli offrirà sponda.
A quest’ultimo proposito, e davanti alla manifestata paura di perdere questi contribuenti, qualcuno a Bellinzona dovrà pur dire un giorno che non ci servono aziende che hanno bisogno di versare salari da fame per andare avanti, e che la presenza (foss’anche marginale) di questa imprenditoria rapinosa e senza scrupoli non genera altro che deturpazioni sul territorio, inutile supplementare carico di traffico, attività parassitaria di ogni genere e tipo, e brutte tentazioni per qualche partitino in debito di idee e di cervello (oltre che di coerenza). Che vadano a fare i loro “affari” altrove, costoro; sarà tanto di guadagnato per tutti, in particolare per gli imprenditori onesti.
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