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Di Alberto Cantoni, Linkiesta

In occasione della conferenza “Ecologic Transition and Social Inclusion: Towards a New Economic Paradigm” organizzata dall’Università Cattolica di Milano, l’economista di fama mondiale spiega a Linkiesta che al Congresso «tutti i repubblicani e alcuni democratici sono allineati con Big Oil. Per questo, la politica è intrappolata nell’instabilità»

Prosegue con Jeffrey D. Sachs – economista di fama internazionale e leader globale nel campo dello sviluppo sostenibile – il ciclo di conferenze “Un secolo di futuro: l’Università tra le generazioni”, l’iniziativa promossa dall’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano in occasione del suo centenario. Nel pomeriggio di giovedì 21 ottobre, l’economista ha infatti tenuto una conferenza intitolata “Ecologic Transition and Social Inclusion: Towards a New Economic Paradigm” (“Transizione ecologica e inclusione sociale: verso un nuovo paradigma economico”).

Nel 2004 e nel 2005, Sachs è stato inserito nel Time 100 (la classifica delle 100 persone più influenti del mondo realizzata dal magazine statunitense). È stato direttore dell’Earth Institute presso la Columbia University (dove detiene il titolo di professore universitario) ed è uno dei massimi autori mondiali di bestseller relativi lo sviluppo sostenibile e la lotta alla povertà nel mondo. Sachs è anche presidente della Sustainable Development Solutions Network, organizzazione no-profit delle Nazioni Unite.

Linkiesta lo ha intervistato, sfruttando l’occasione per approfondire il suo punto di vista su questioni quali la transizione ecologica degli Stati Uniti.

Qual è stato il focus della conferenza organizzata all’Università Cattolica in occasione del suo centenario?
Il focus è stato il paradigma globale emergente relativo allo sviluppo sostenibile basato sulla decarbonizzazione, sull’uso sostenibile del suolo e sulle politiche da perseguire per garantire diritti economici a tutti (salute, istruzione, nutrizione, digitale, alloggio, tempo libero e cultura).
Non solo: anche la cooperazione regionale relativa all’Unione Europea, all’Unione Africana e ad altre organizzazioni di raggruppamento internazionale minori, oltre che della cooperazione globale ai sensi della Carta delle Nazioni Unite.

In Europa c’è una grande spaccatura tra i paesi favorevoli a un’apertura verso l’energia nucleare e quelli contro: lei cosa ne pensa?
Per l’Europa e per il mondo, le principali soluzioni energetiche fino al 2050 saranno l’energia solare e quella eolica. Tuttavia, anche l’energia nucleare giocherà la sua parte in alcuni stati come la Francia. Ma non in Germania, così come in molti altri paesi. La mia previsione è che, a livello globale, riusciremo a passare all’energia di fusione solo nel corso della seconda metà del ventunesimo secolo.

Quali sono i migliori investimenti recenti effettuati dagli Stati Uniti sul fronte della transizione ecologica? Su quale energia rinnovabile ha più senso investire nel breve periodo?
Parte degli Stati Uniti si sta muovendo fortemente verso l’energia eolica e quella solare. In particolare, il nord-est del paese si sposterà presto all’eolico offshore. Ciononostante, gli Stati Uniti sono ancora bloccati all’utilizzo di carbone, petrolio e gas naturale a causa del potere della lobby dei combustibili fossili. Ad ora, questa potente lobby sta ritardando un’azione decisiva che riguardi gli Stati Uniti e la sua transizione ecologica. Il senatore della Virginia Occidentale Joe Manchin, che è nelle mani di Big Oil, ha attualmente messo in stallo (…) la politica sull’energia pulita di Joe Biden.

Durante il suo mandato presidenziale, Donald Trump e la sua amministrazione hanno condotto una campagna di investimenti per aiutare il settore del carbone. Qual è l’impatto di queste manovre sulla transizione ecologica degli Stati Uniti?
Il sistema politico degli Stati Uniti è profondamente corrotto dai finanziamenti aziendali, sia dalle lobby che dai contributi elettorali. Tutti i repubblicani e alcuni democratici sono allineati con Big Oil. Lo stesso Trump è un pericoloso psicopatico e ha forgiato il Partito Repubblicano di oggi a sua immagine: per questo, la politica statunitense è intrappolata nell’instabilità.
Tutto ciò si sta riversando sull’amministrazione dell’attuale presidente Joe Biden, per ora in stallo su questo fronte.






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