Fare e disfare per poi mandare a votare
Il Municipio di Lugano entra in campagna sul PSE con una conferenza stampa che lascia aperti non pochi interrogativi
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Il Municipio di Lugano entra in campagna sul PSE con una conferenza stampa che lascia aperti non pochi interrogativi
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Il Municipio di Lugano entra in campagna sul PSE con una conferenza stampa che lascia aperti non pochi interrogativi
Così oggi, la stretta attualità ci mette sotto il naso quotidianamente qualche progetto di “riqualifica” che prevede abbattimenti e la realizzazione di “aree tematiche”, siano esse culturali, sociali, congressuali e turistiche, sportive e degli eventi (sempre ad un passo, quest’ultime, dal cimitero).
Si tratta, naturalmente, di progetti di ampio respiro: eh già, il settore pubblico ed i politici che lo governano, si occupano di questi, mica dei tanti selvaggi singoli edifici di vario genere e fattura che si sommano e accatastano in ogni pertugio disponibile. Si parla di “poli” ed è detto tutto: progetti ramificati ed articolati, che presuppongono consulenze plurime (e ben retribuite) e prendono soprattutto molto tempo, perché hanno fasi di elaborazione e trafile burocratiche molto lunghe, tanto più se finiscono, inesorabilmente, per dar vita a progetti di collaborazione “pubblico-privato”, ormai divenuti formula magica di ogni investimento.
Pensiamo, soltanto per fare un esempio recentissimo, alla decisione presa dal Municipio luganese sulla destinazione di Villa Heleneum, a Castagnola, che dopo anni di ripensamenti, si è definitivamente deciso che divenga museo del “Lifestyle”. Certo, si potrà dire che una sede espositiva che proponga moda, design, pubblicità e quant’altro, va incontro ai gusti di un ampio pubblico ed occupa una nicchia di interessi e interessati che Lugano ancora non ha. Ma qualche piccolo dubbio sulle vere ragioni della scelta rimane, quando si legge che la Villa, di grande pregio e di proprietà della città, sarà data in gestione esclusiva alla Bally di Caslano, quella delle scarpe, per intenderci. Insomma, il progetto Bally, “non impegna economicamente la città”, e questo pare il motivo sostanziale della scelta. Non sia mai detto che la città si accolli anche questa pubblica palla al piede. Lasciamola a chi ci fa le scarpe.
Restando in tema, un bel futuro “polo culturale”, quello destinato a sorgere sulla riva del Cassarate, di fronte al “Palazzo Pandora” in mattoni rossi, è da troppo tempo occupato dal vetusto “Macello comunale”, divenuto magazzino di un po’ di tutto, oltre che sede (impropria e mal tollerata) di ostinati presunti facinorosi convinti che l’autogestione sia un progetto e non una fastidiosa illusione.
Sappiamo com’è andata: dopo vent’anni di tentennamenti, un’incauta manifestazione alla stazione ha fatto decidere che era ora di dire basta (in nome delle esigenze del polo culturale, naturalmente):un paio di mesi dopo, dunque, giù il tetto (non si sa se quello giusto) con quel che stava sotto, minato ed ammantato d’amianto (ma poco, neh).
Dopo qualche settimana giù anche un altro “luogo del delitto”, quel Vanoni anch’esso occupato dimostrativamente per un paio d’ore dai maleducati imbrattatori recidivi, con gran dolore e infinita angoscia di generazioni di anime innocenti cresciute all’ombra del benemerito istituto e delle sua lodevole Fondazione. Vabbè, poco male, il cantiere promette l’edificazione del “Polo sociale” di Molino Nuovo, cui si sta pensando da anni e che ha lasciato il Vanoni vuoto per troppo tempo, fino alla sera della quasi provvidenziale occupazione.
Sulle sorti del Polo Sportivo e degli Eventi, il famigerato PSE, com’è noto, a Lugano si andrà a votare. E se da una parte si moltiplicano le perplessità e le riserve per il progetto, una volta di più, come al solito, i fautori invocano “l’occasione imperdibile” come ragione principale perché si approvi la costruzione non solo o non tanto di strutture sportive necessarie, ma anche di una serie di edifici (torri e palazzine di nove piani) per pubblici uffici e private abitazioni (ma a pigione moderata).
In una sua presa di posizione espressa via social, invece di spiegare come mai non basterebbe, per ora almeno, costruire semplicemente uno stadio ed un palazzetto, la capo-dicastero Immobili comunali Cristina Zanini Barzaghi afferma che se si dice no al progetto, ci vorranno 15-20 anni per arrivare a realizzarne un altro. “Per il pse abbiamo iniziato nel 2004 con la variante di PR e arriveremo se va bene al 2025. Faccio qualche confronto con alcuni progetti che abbiamo fatto con le procedure corrette sulle commesse pubbliche (come è giusto che sia), esempi non piccoli ma più semplici di un palazzetto dello sport : 1 casa anziani di pregassona concorso nel 2009, inaugurazione nel 2021, 2 scuola dell’infanzia Molino nuovo concorso nel 2011 e sarà finito nel 2023. I cantieri costano e richiedono tempo. Come diceva Tita Carloni “si costruisce lentamente”. Se lo sport non interessa, ritengo legittimo essere contrari. Tutto il resto sono solo scuse.” Parole dette da chi maneggia quotidianamente cifre e progetti. Ma è questo un modo per essere convincenti? Dire: o così o niente? Il PSE, fino a prova contraria è il più complesso ed oneroso progetto urbanistico ed edilizio della città, dell’intera città, e con i suoi 374 milioni complessivi d’investimento, chiamerà probabilmente tutti alla cassa con l’aumento del moltiplicatore. Come si può affermare che solo chi non è interessato allo sport possa aver ragioni per opporvisi?
Proprio ieri, sul PSE, il Municipio di Lugano in corpore e gran spolvero si è presentato compatto, come un sol uomo (con due donne), per una conferenza stampa diffusa in live-streaming sul sito del comune e anche dal sito del CdT che da par suo titola significativamente (con un virgolettato, beninteso) “Luganesi, fuori l’orgoglio e votate sì”.
Un’ora e mezza per dar spazio agli interventi di tutti e sette i Municipali, ciascuno a dimostrare, in vario modo e a vario titolo, quanto il progetto sarà capace di realizzare “le magnifiche sorti e progressive” della comunità non solo degli sportivi e quanto implichi ogni settore della vita pubblica cittadina. Insomma, ogni Dicastero fa la sua parte, ha le sue competenze, per confluire nel grande disegno collettivo di trasformazione di una vasta area urbana, da riqualificare, ovviamente.
I toni sono tutti fra l’assertivo ed il perentorio, tutto un dire che coloro che si oppongono al progetto sostengono tesi sbagliate e prive di fondamento. Da ammutolire. E infatti la stampa è muta, o quasi: due domandine marginali sui costi. Stop.
E allora qualche domanda viene qui da suggerirla, così, senza gerarchia, tanto per tirar fuori un po’ d’orgoglio:
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