Dati certi sull’ex macello
Gli errori si possono perdonare, l’incompetenza no
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A ormai quasi cinque mesi dal 29 maggio, data in cui fu demolita a Lugano una parte dell’ex macello pubblico per scacciare gli autogestiti dal sedime, dalla stampa, e rigorosamente solo dalla stampa, possiamo dire di possedere alcuni dati certi e pressoché incontestabili.
Riassumendo: come da noi pubblicato a inizio luglio, ribadito alla fine dello stesso mese dalla RSI e adesso anche dalla stampa libera e indipendente con sede a Muzzano, dello sgombero e della demolizione di parte del sedime Municipio e polizia (cantonale e comunale) iniziarono a parlarne la scorsa primavera, evidentemente anche elaborando piani in merito; se si vuole demolire un tetto, e solo quello (come dichiarato dopo qualche settimana dal Municipio correggendo precedenti dichiarazioni che affermavano di aver voluto demolire tutto lo stabile), non si chiamano le ruspe, ma lo si smonta pezzo per pezzo, ché come spiegato da architetti e ingegneri se si adoperano le ruspe rischiano di crollare anche tutti i piani inferiori; come da subito si era vociferato ma nessuno finora era riuscito ad avere conferma (complimenti al collega che è riuscito a trovarla), il tetto demolito era quello sbagliato, ché quello dell’edificio dove si riunivano i molinari non era pericolante ma era stato puntellato e, si può supporre, messo dunque in sufficiente sicurezza; per effettuare la demolizione di uno stabile chiunque, autorità politica compresa, necessita di una licenza edilizia, licenza che non risulta essere mai stata rilasciata.
Se non lo fai, commetti un reato o un abuso; per gli stabili antecedenti il 1990 è pure necessaria una perizia per sapere se nello stabile vi fosse dell’amianto, perizia che non risulta essere mai stata eseguita. Se non lo fai commetti un reato o un abuso; tracce di amianto e di altre sostanze pericolose (idrocarburi policiclici aromatici) sono state poi trovate tra le macerie. Prendiamo atto che secondo una perizia i bassi quantitativi trovati non erano in grado di mettere in pericolo la salute della popolazione; stando al primo rapporto della magistratura, malgrado le riunioni preparatorie fossero iniziate già a marzo, la sera del 29 maggio la catena di comando di Municipio e polizia (comunale e cantonale) assomigliava a una commedia degli equivoci in stile demenzial-Monty Python; sempre stando allo stesso rapporto, rischiamo che dopo 5 mesi di indagine (le conclusioni sono attese per novembre) gli unici condannati per tutto questo ambaradan saranno i molinari.
Messi in ordine i fatti accertati, viene da chiedersi come mai le autorità tutte, al di là delle esigenze di inchiesta della magistratura dietro cui si nascondono e al di là del suo esito, non escano per lo meno a chiedere scusa alla popolazione per i manifesti errori che hanno commesso. Perché un errore si può comprendere e, al limite, anche perdonare. L’incompetenza (e l’arroganza che spesso da questa deriva) invece no.
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