Nazionalismo: vizio d’origine degli stati-nazione – 2
Riflessioni storiche su alcuni concetti cruciali alla base dei conflitti, anche quello più recente in Ucraina
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Riflessioni storiche su alcuni concetti cruciali alla base dei conflitti, anche quello più recente in Ucraina
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Riflessioni storiche su alcuni concetti cruciali alla base dei conflitti, anche quello più recente in Ucraina
Cominciare a dipanare il filo del groviglio relativo ai modi di costruzione di un’identità nazionale di tipo conflittuale è solo un aspetto della comprensione di un evento di tanta rilevanza storico-politica come l’attuale guerra in una terra di confine. Un filo non secondario, però, nella prospettiva di un presente profondo.
L’italianista Giulio Ferroni, discutendo il senso del suo recente libro su L’Italia di Dante, ha affermato di non amare la «nazione italiana», ma i luoghi d’Italia. Anche chi scrive queste note non ama la «nazione italiana» bensì, sono ancora parole di Ferroni, «l’Italia che è nella poesia di Dante, nella pittura del rinascimento, nelle opere degli umanisti». Chi scrive queste note non solo non ama la «nazione italiana», ma tutte le nazioni che declinano il concetto in «nazionalismo».
Forse che il nazionalismo è l’esito obbligato del processo di costruzione di una «nazione»? Espressioni come «difenderemo fino all’ultima goccia di sangue i sacri confini della nostra nazione», che in questo nostro tempo vediamo espresse in varie forme da ministri. alti militari ucraini e cittadini comuni, sono la necessaria realtà del principio di nazionalità? Forse che questo principio non può affermarsi senza mitologia nazionalistica?
Che cosa rende «sacro» il confine? Un confine che spesso in pochi decenni è cambiato più volte. Dopo quanti anni un confine diventa «sacro»? La «sacertà» è innata, è per sempre, o ha date di inizio e di scadenza?
Il regista ucraino Lonitsa è stato espulso dall’«Ukrainian Film Academy» perché non abbastanza fiero dell’identità nazionale. Lonitsa nelle sue dichiarazioni e nella sua opera cinematografica si mostra sempre come fervente sostenitore della «ucraicinità», ma non fino al punto di boicottare il cinema di quei registi russi che si sono schierati contro la guerra. Quindi, per l’Academy, non collabora all’opera di contrapposizione «tra le culture ucraine e russe». Non collabora fino in fondo all’ideologia del nazionalismo più estremo, quella della alterità assoluta.
Un’opera improba, peraltro. Quali sono gli elementi portanti della contrapposizione rilevabili nelle culture russa e ucraina? In quali rami della cultura? La letteratura? La filosofia? Contrapposizioni endogene alle culture, intendo, non quelle esogene portate da vicende politiche recenti e dunque legate alla contingenza. Forse l’alterità assoluta va cercata nelle esplicitazioni, finalmente venute alla luce dopo essere state represse fin dal trattato di Andrusovo del 1667, delle naturali e profonde differente etnico-linguistiche tra russi e ucraini?
In una tesi di dottorato discussa all’Università di Milano-Bicocca nel 2014 (E. Bertolasi, La questione dell’identità nazionale ucraina) si affronta il tema in questione a partire dall’esperienza concreta di un giovane ucraino. Jura, questo il suo nome, ha il padre di nazionalità ucraina che vive a Mosca. La madre ucraina di nazionalità russa. La moglie cittadina ucraina di nazionalità russa. Questo schema, dove “cittadinanza” ucraina e russa e “nazionalità” ucraina e russa continuano a intrecciarsi, rappresenta un modello famigliare diffuso nel contesto ucraino, in quanto riproduce una realtà simile a quella di milioni di altri ucraini, soprattutto nelle zone Sud-orientali del Paese.
Jura, che nel 2014 aveva 35 anni, ha trascorso il primo periodo della propria infanzia in un oblast della Russia allora Sovietica. Ha sempre parlato russo ed ancora oggi parla ucraino con forte accento russo. Con la moglie parla russo e anche la loro bambina si esprime in quella lingua. «Quest’ultimo fatto lo turba molto: la figlia nonostante sia di “sangue” (la definizione è di Jura) ucraino, “disgraziatamente” (secondo Jura), come i genitori, non parla l’ucraino ma il russo (la lingua dei “russi”). Mi dice spesso: “Piangerò d’emozione e di gioia quando sentirò mia figlia che mi parlerà in ucraino”». Ha rotto i rapporti col padre che definisce nemico, nella logica di una parola d’ordine che ricorre costantemente nei suoi discorsi: «L’Ucraina agli ucraini! fuori tutti i russi!», cioè una parte rilevante dei cittadini ucraini. Questo nel 2014, appunto.
La tesi, tramite approccio storico-antropologico, è nata dal tentativo di risponde ad una domanda: «Сom’è possibile sentire, sviluppare tanta contrapposizione e alterità in presenza di tanta conformità fisica e culturale?».
Nell’immagine: Alighiero Boetti, Mappa (dettaglio), 1983
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