Nel centenario della nascita di Saverio Tutino
Ricordando il grande cronista delle vicende dell’America Latina e l’inventore dell’Archivio nazionale italiano dei Diari
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Ricordando il grande cronista delle vicende dell’America Latina e l’inventore dell’Archivio nazionale italiano dei Diari
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Ricordando il grande cronista delle vicende dell’America Latina e l’inventore dell’Archivio nazionale italiano dei Diari
Cento anni fa, il 7 luglio 1923, nasceva Saverio Tutino, giornalista e scrittore. Un visionario con i piedi ben piazzati per terra. Che da adolescente “balilla”, durante il fascismo, fugge nel Canton Ticino e a 21 anni si converte in commissario politico della Brigata partigiana e subito dopo della Divisione Garibaldi della Val d’Aosta (scriverà al riguardo “La Ragazza scalza, racconti della Resistenza”).
Dopo la Liberazione entra a L’Unità che lo invia a Pechino per il primo anniversario della Rivoluzione Popolare Cinese. Ne diventa poi corrispondente da Parigi, con incursioni nell’Algeria in rivolta. Ma l’esperienza giornalistico/politica che lo caratterizza di più è da cronista a L’Avana durante la Rivoluzione Cubana. Che racconta con un taglio persino” romantico” profilando, in piena Guerra fredda, il divenire di un terzo schieramento con il Movimento dei Non Allineati. Tanto da piacere poco all’allora responsabile esteri del Pci Giancarlo Pajetta. Mentre al contrario, mi raccontò una volta Saverio, se pure aveva un buon rapporto con Fidel Castro, il Che non gli diede mai confidenza proprio perché non si fidava dei comunisti italiani. Numerosi i suoi testi al riguardo, fra cui “Cicloneros” e “Guevara al tempo di Guevara”.
Nel 1975 è tra i fondatori di Repubblica dove si occupa soprattutto di America Latina, che gira in lungo e in largo. Ma il suo rapporto con Eugenio Scalfari non fu facile. È che Tutino aveva una forte e libera personalità che avanzava tesi talvolta al di fuori degli schemi convenzionali, nella costante ricerca di trame e connessioni (a costo di essere accusato di “dietrologia”) che interpretassero gli eventi che si consumavano nel mondo e in Italia (compresa la stagione armata delle Brigate Rosse). Ma spesso ebbe ragione; e comunque ti metteva in discussione (vedi le riflessioni che proponeva su Linus).
Destino volle che nel 1981, quando per ragioni di salute Saverio smise di viaggiare, ricevetti virtualmente da lui il testimone di corrispondente sul posto (per “il manifesto”) del successivo grande rivolgimento dopo Cuba in America Latina: la Rivoluzione Popolare Sandinista in Nicaragua, che altrettante aspettative generò, per la sua pluralità, a livello planetario nelle generazioni formatesi durante e nell’immediato post ‘68. Ci conoscemmo personalmente solo anni più tardi ad Anghiari (Arezzo) dove mi trasferii anch’io. Infinite furono le discussioni sui processi rivoluzionari, compreso il suo disincanto (al di là delle inesorabili fini delle lune di miele) verso il castrismo, con l’avversione che lui stesso patì nei suoi ultimi anni a L’Avana (rivissuta ne “L’occhio del barracuda”). Tanto da doversene andare. Con il sottoscritto ad argomentargli che comunque “a sole 90 miglia dagli Stati Uniti la sovranità nazionale non poteva essere compatibile con la democrazia che abbiamo conosciuto noi nel benestante emisfero nordoccidentale”. Sta di fatto che Cuba, pur alla fame, dopo oltre sessant’anni ancora oggi resiste. Mentre il Nicaragua del “fu” comandante Daniel Ortega si è convertito in una Corea del Nord tropicale. Dove, come accadde a Tutino, non è il caso di rimetterci piede.
Ma Saverio ha avuto una grande, diciamo così, “fortuna”. Che, con ammirazione, in molti gli invidiamo. L’aver tenuto un diario per la sua intera vita. Una necessità per lui. E al contempo una innata vocazione. Che si è estrinsecata poi lungo le rive del Tevere fra Roma e il suo buen retiro di Anghiari, nell’Alta Valtiberina Toscana. Dove ha inventato quasi quarant’anni fa l’Archivio nazionale dei Diari di Pieve Santo Stefano (che custodisce almeno novemila fra diari, memorie ed epistolari di persone “comuni”). Oltre ad aver ispirato ad Anghiari (dove riposa) la Libera Università dell’Autobiografia.
La Valle della Memoria (dove sono previste diverse attività in suo ricordo) è la sua opera maestra. Che ne ha trasceso l’esistenza. Dandogli pace dopo un mestiere come il giornalismo che ti rinserra talvolta in una maledetta solitudine. Memoria dunque non solo di sé. Ma di ogni essere umano. Insignificante, quanto unico e irripetibile nella storia dell’umanità.
Nell’immagine: Saverio Tutino
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