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• 8 Marzo 2022 – Libano Zanolari

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Neutralità vo’ cercando
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Neutralità vo’ cercando

Quante volte Berna ha eluso spirito e lettera degli impegni previsti per la neutralità svizzera


Redazione
Redazione
Neutralità vo’ cercando
• 10 Marzo 2022 – Redazione

Di Ferruccio D’Ambrogio, specialista in problematiche di sviluppo

La decisione del Consiglio federale di “riprendere il pacchetto di sanzioni varato dall’UE” ha suscitato reazioni nel nostro paese ma anche al di fuori. Insomma non pareva vero che la Svizzera, sempre dichiaratasi neutrale ma attiva, pronta ad offrire “buoni uffici” per comporre i conflitti avesse fatto una scelta di campo. Per comprendere cosa abbia spinto il CF a compiere un tale passo occorre andare a rileggersi il «Rapporto sulla Neutralità del 1993», 27 pagine in cui il CF di allora esplicitava principi, strategia ed azioni riguardanti la neutralità. Questione, ricordiamocene, non regolata dalla Costituzione elvetica.

Nel rapporto, oltre a fare l’istoriato dell’evoluzione del concetto di neutralità nel diritto internazionale, nonché di quello adottato dalla Svizzera fin dal XVI secolo, sono verificati tre aspetti:
a) il margine d’azione nell’ambito delle misure intese a garantire la capacità di difesa;
b) i presupposti del comportamento della Svizzera rispetto a sanzioni multilaterali, in particolare quelle decise dalle Nazioni Unite;
c)il margine d’azione di cui dispone la Svizzera nella prospettiva di un’eventuale adesione all’Unione europea (UE).

Il rapporto sottolinea i limiti della politica della neutralità autonoma: “Il diritto della neutralità concepito a cavallo dei due ultimi secoli si riferisce al comportamento degli Stati neutrali in tempo di guerra, ma non alle misure difensive preparatorie in tempo di pace”. Oltretutto “dalla fine della guerra fredda – si legge nel suddetto Rapporto– i pericoli sorgono da altre direzioni: conflitti regionali tra e all’interno di Stati dell’Europa orientale fomentati da nazionalismo, problemi delle minoranze, intenti secessionisti, lotte di confine, ma anche guerre al di fuori dell’Europa che hanno ripercussioni sul nostro continente, ricatti con armi di distruzione di massa o armi convenzionali con effetti analoghi, terrorismo, flussi migratori o di rifugiati, distruzioni dell’ambiente, catastrofi”.

Nel Rapporto 1993, sottoposto pure al parlamento, il CF precisava le linee direttrici riguardanti:

I) Il mantenimento della neutralità permanente ed armata: giustificato dal fatto che “l’Europa sta vivendo una fase di radicale ristrutturazione” e che “dovrà trascorrere ancora parecchio tempo prima che si realizzi il progetto di un sistema di sicurezza paneuropeo in grado di offrire sicurezza sufficiente all’Europa ed anche alla Svizzera”. Il nostro paese “garantirà la sua capacità di difendersi mediante un adeguato armamento del suo esercito. Si precisa che la Svizzera “manterrà il suo diritto di prendere posizione autonomamente in ambito politico e si impegnerà attivamente per la tutela dei suoi valori fondamentali come la democrazia, lo Stato di diritto ed i diritti umani”;

II) La neutralità orientata alla pace: la Svizzera “conferirà alla neutralità un orientamento umanitario e pacifico, improntata alla pace in Europa e nel mondo: potenzierà il suo operato nell’interesse della sicurezza internazionale e della pace. “La sua neutralità sarà impiegata secondo le esigenze di solidarietà internazionale e messa al servizio della comunità internazionale” fedele alla sua lunga tradizione in ambito di “buoni uffici”;

III) una politica estera attiva, solidale e partecipe al di là della neutralità: “la tutela degli interessi svizzeri è possibile solo mediante la “solidarietà estesa, cooperazione e partecipazione sul piano regionale e mondiale”. La Svizzera ha quindi “un interesse vitale a collaborare attivamente agli sforzi che altri Stati compiono per difendersi da nuovi rischi, per assicurare la pace generale, per superare le situazioni di crisi ed eliminare le cause dei conflitti”. La Svizzera collaborerà senza pregiudizi e in modo del tutto cooperativo alla costruzione di solide strutture di sicurezza sul nostro continente. Per cui “dal profilo della neutralità sarebbe pure possibile che la Svizzera allacci contatti più stretti con la NATO e l’UEO“.

Sulla questione delle misure coercitive da applicare nei conflitti armati “la Svizzera manterrà la sua autonomia nei confronti dei belligeranti, resterà neutrale e non fornirà assistenza militare alle parti in conflitto”. Concretamente:

  • sosterrà solidalmente le NU nella messa in atto di misure previste nel loro Statuto
  • si assocerà in modo autonomo a sanzioni non militari ed in primo luogo economiche delle NU a condizione che esse raccolgano l’appoggio compatto della comunità internazionale
  • non parteciperà a sanzioni militari: il legislatore avendo escluso una partecipazione dei caschi blu svizzeri a misure coercitive militari dell’ONU, il CF deciderà se la Svizzera ha interesse a sostenere e agevolare nell’una o nell’altra forma sanzioni militari o interventi umanitari armati disposti o autorizzati dal Consiglio di sicurezza – ad esempio concedendo diritti di sorvolo
  • aderirà a sanzioni economiche decise al di fuori delle NU: contro i trasgressori che hanno violato il diritto internazionale oppure altri obblighi stabiliti in comune. Tali azioni si trovano in sintonia con il senso e lo spirito della neutralità.

Il punto 4 chiarisce e giustifica la scelta del CF di aderire alle sanzioni UE contro la Russia.

Potremmo chiudere il discorso. Tuttavia un conflitto armato come quello a cui stiamo assistendo, a nemmeno 1500 km da noi, nel cuore del continente europeo che comprende storicamente e geograficamente anche la Russia, non nasce da un giorno all’altro. Vi sono eventi che lo precedono, che a seconda di come sono affrontati condizionano il futuro.

“Dalla fine della guerra fredda – si legge nel suddetto Rapporto– i pericoli sorgono da altre direzioni: conflitti regionali tra e all’interno di Stati dell’Europa orientale fomentati da nazionalismo, problemi delle minoranze, intenti secessionisti, lotte di confine, ma anche guerre al di fuori dell’Europa che hanno ripercussioni sul nostro continente, ricatti con armi di distruzione di massa o armi convenzionali con effetti analoghi, terrorismo, flussi migratori o di rifugiati, distruzioni dell’ambiente, catastrofi”.

V’era insomma la convinzione che la guerra fredda -tra USA e URSS- fosse terminata. Un auspicio rimasto tale, anzi stiamo assistendo ad una fase di nuovi confronti che implicano altri e nuovi attori (Cina). Ma soprattutto stupisce l’incapacità (volontà?) del CF di aggiornare la situazione.

Infatti il conflitto armato Russia-Ucraina è frutto della non applicazione di accordi internazionali siglati, quali:
a) l’Atto fondatore Russia-NATO, del 1997, che garantisce a Mosca che l’Occidente non installerà nuove infrastrutture militari permanenti negli ex paesi dell’Est. Condizione non realizzata: la NATO è presente con basi militari in quasi tutti suddetti paesi;
b) il Protocollo di Minsk, del 2014, che prevede un cessate il fuoco e lo scambio dei prigionieri, e soprattutto l’impegno, da parte dell’Ucraina, di garantire maggiori poteri alle regioni di Donec’k e Luhans’k. L’Ucraina non ha dato seguito a quanto sottoscritto.

Orbene, il non aggiornamento riguardo all’attuazione di accordi internazionali di tale importanza può essere solo sintomo di grave negligenza oppure di accondiscendenza. Domanda: a fronte delle gravi inadempienze di Stati Uniti e NATO nell’applicazione di accordi internazionali, quali azioni concrete di Buoni uffici di neutralità orientate alla pace (logistica esclusa) ha intrapreso il nostro CF durante questi anni?

Aiuto umanitario e vaccino Covid19

India e Sudafrica hanno sottoposto all’organizzazione mondiale della sanità (OMS), con sede a Ginevra, rispettivamente all’Organizzazione mondiale del commercio (OMC), pure a Ginevra, la richiesta per la temporanea eccezione al regime ordinario dell’Accordo TRIP, che consentirebbe ai vari paesi di produrre autonomamente il vaccino, colmando il deficit di fornitura delle multinazionali proprietarie dei brevetti. Conosciamo già la risposta: la Svizzera, il cui ministro degli esteri è un ex medico cantonale si è opposta.

Diritti umani / catastrofi ambientali

Il nostro paese, conosciuto per le sue “efficienti banche” (che scopriamo sempre più esposte a scandali e malaffare, da ultimo quello dei Credit Suisse White Papers) è anche -non lo si menziona sufficientemente- il paese scelto dalle più potenti multinazionali, americane e russe, delle materie prime e del settore energetico. Multinazionali partecipi direttamente o indirettamente, ma comunque responsabili di condizioni di lavoro inumane, dello sfruttamento indiscriminato di risorse naturali e relativa catastrofe ambientale, alla base delle emigrazioni, e che da anni svolgono la loro attività nella nostra accogliente Svizzera.

Nei casi citati v’è il dubbio (la certezza?) che le azioni pro-attive della Svizzera in favore di pace e aiuto umanitario poste quale principio della nuova neutralità Elvetica siano condizionate da interessi Svizzeri. Viene da chiedersi di chi e/o di quale Svizzera.

Neutralità e ruolo della Svizzera sono basati su premesse errate, non aggiornate: urge più che mai una chiarificazione da parte del CF.

Nell’immagine: “Svizzera, isola della pace” (cartolina della I guerra mondiale). Il testo dice: “Come un’isola di pace nel mezzo delle tempeste / la Svizzera è al riparo dagli orrori della guerra. / I potenti Stati che circondano le sue frontiere / hanno rispettato i suoi diritti e le promesse fatte.”
Museo storico del Canton Berna






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