Putin a Cornaredo, Dostoevskij alla Bicocca
Quando il boicottaggio dello sport, della cultura, dell’arte cadono nel ridicolo
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Quando il boicottaggio dello sport, della cultura, dell’arte cadono nel ridicolo
• – Libano Zanolari
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• – Redazione
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• – Silvano Toppi
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• – Redazione
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• – Franco Cavani
Ennesimo sgambetto al servizio pubblico radiotelevisivo: i diritti dell’hockey nelle mani dei privati
• – Redazione
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• – Redazione
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• – Redazione
Il privato che sostituisce il potere pubblico: un’altra spinta neo-liberale nel progetto di trasformare la città in centro mondiale delle cripto-valute
• – Lelio Demichelis
Il leader leghista aveva dichiarato di voler andare a Kiev; ha ripiegato sulla Polonia; dove dice di voler accogliere i profughi ucraini vittime del suo amico Putin
• – Aldo Sofia
Quando il boicottaggio dello sport, della cultura, dell’arte cadono nel ridicolo
Lo sport sublima molte frustrazioni: il tuo eroe, la tua squadra, vincono compiendo quelle epiche imprese che ti sono precluse; sei solo la rotella d’un ingranaggio, spesso azionato dal potente di turno. Come i molti oligarchi (non tutti amici dello “sportivo” Putin) che comprano le squadre per i loro traffici, come noi un paio di scarpe.
La terribile guerra voluta dal nuovo Zar ci deve indurre a boicottare tutto quanto è russo in materia di sport, di letteratura, di arte? Il colmo ci è venuto dall’università la Bicocca di Milano che boicotta i morti; anzi chi è morto due volte: viene cancellato un corso su Dostoevskij, condannato al patibolo dallo Zar Nicola, graziato con l’ergastolo, infine arruolato nell’esercito, sopravvissuto e liberato.
Boicottate anche le icone russe che dovevano arrivare a Firenze: boicottato il Dio degli ortodossi, che per quanto storicamente non troppo amico del nostro, è perlomeno un parente, e anche abbastanza stretto, pare. Ma anche in questo caso, se si vuole, si può trovare una giustificazione “politica”: l’ex direttore del KGB Putin ha riabilitato lo Zar e la sua famiglia, ora in odore di santità. Le icone portano acqua al mulino di Putin. Da notare che il primo grande ideologo del boicotto fu Stalin. L’Urss ha bollato per 32 anni i Giochi Olimpici come “espressione tipica della borghesia imperialista” e li ha sostituiti con le “Spartachiadi”: sino al 1952 a Helsinki, sull’uscio della sua ex casa, occupata.
Da quel momento le Olimpiadi sono diventate un campo di battaglia incruento fra Oriente e Occidente, una sostituzione della guerra, anche se inquinate da uno sciovinismo sempre più marcato, dalla tragedia dell’attacco palestinese agli atleti israeliani nel 1972, e da molti altri boicottaggi.
Ma ammettendo e poi escludendo russi e bielorussi dalle Para-Olimpiadi di Pechino, il CIO ha infranto la sua Carta, che dichiara i Giochi estranei alle dispute politiche, religiose e razziali; privando oltretutto di un sogno persone innocenti già duramente colpite.
Vale la pena di usare lo sport (e l’arte) come longa manus della guerra? Ora, il Tribunale dello Sport di Losanna è chiamato a una sentenza destinata a far Storia: esclusa dalle qualifiche per i mondiali di calcio del Quatar, la nazionale russa ha fatto ricorso. Se sarà accolto, il centravanti potrebbe essere quel Fedor Chalov arrivato a Basilea e subito protagonista: ha segnato le due reti del pareggio contro il San Gallo e domenica la prima contro il Lugano a Cornaredo. Chalov proviene dal CSKA di Mosca, Il club che fu dell’Armata Rossa e ora appartiene al Ministero della Difesa! E i tifosi rossocrociati lo accolgono a braccia aperte proprio in questo momento? Consigliera federale Viola, salvaci tu! Già ci hai messo sull’attenti in materia di infiltrazione di opinioni filo-russe nei vari “social”: ma tu che sei Madre della Patria, e sei anche preposta alle vicende dello sport, non batti un altro colpo? Tu che (nomen omen!) ti chiami Amherd (Al focolare) non difendi il tuo, il nostro focolare insidiato da queste presenze? E l’hockey-club Bienne che ingaggia il portiere Dmitri Shikin? Un russo (Chalov) che sfonda le reti e uno (Shikin) che intercetta il puck scagliato dai prodi del nostro bel Derbyland nemmeno avesse un magnete nei guantoni? Per il Lugano qualcuno lo scaglierà il neo-acquisto Shane Prince, che da americano si è fatto pure bielorusso per difendere i colori di Lukashenko, come Putin grande appassionato di hockey. Certo che in materia di coerenza lo sport – vedasi il tennis con il numero 1 Medvedev e gli altri russi, i loro moltissimi connazionali eroi della National Hockey League, ma anche noi svizzeri…
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