Per il lupo, ancora
Riflessioni a margine della "ingombrante" presenza del lupo sul territorio
Filtra per rubrica
Filtra per autore/trice
Riflessioni a margine della "ingombrante" presenza del lupo sul territorio
• – Marco Züblin
Secondo numerosi esperti il Covid-19 non è destinato a scomparire, ma piuttosto a manifestarsi sotto forma di ondate stagionali, e la società dovrà abituarsi
• – Redazione
• – Franco Cavani
La sua vicenda rivela le ipocrisie della democrazia, inerme nelle mani dei colossi economici globali
• – Lelio Demichelis
Le ragioni dei/delle 'dipendenti' di Divoora, questa mattina in piazza a Lugano dopo la rottura delle trattative per condizioni di lavoro accettabili
• – Mario Conforti
Lettera immaginaria al Giudice dei minorenni Reto Medici
• – Redazione
La sottile arte di celare la propria identità quando si vuol pungere e criticare
• – Enrico Lombardi
Ultimo consiglio comunale a Lugano, ma le macerie (non solo dell’ex Macello) rimarranno
• – Redazione
Per la prima volta dal 1973 il Cile può sperare che l'era di Pinochet sia definitivamente terminata
• – Gianni Beretta
Intervista all'avvocata che sta patrocinando India e la sua famiglia nella vicenda di cui parla l'appello che pubblichiamo oggi
• – Aldo Sofia
Riflessioni a margine della "ingombrante" presenza del lupo sul territorio
Parliamo di lupi, di nuovo; e del mainstream politico-mediatico che mira a liberarsene con la forza, accampando scuse tanto surreali quanto supinamente accolte, con in filigrana qualche legittimazione trascendente che merita di essere indagata.
Volendo tessere un elogio, e dar loro una sorta di obliqua ed eccentrica necessità, Borges aveva definito filosofia e teologia come “rami [splendidi, dice poi] della letteratura fantastica” (La Cifra, 1981). Sono frequentatore della prima ma non della seconda, e considero la lettura della Bibbia – per averla tentata alcune volte e da “ingressi” diversi – un esercizio tedioso e poco utile. Dovrei dire addirittura pernicioso (“infausto”, lo definisce qualcuno), almeno in taluni passi, per le conseguenze tremende sul mondo e su coloro che, non umani, osano esistervi tentando di farsi i fatti propri e seguendo la propria natura. “Poi Dio disse: ‘Facciamo l’uomo a nostra immagine e a nostra somiglianza, ed abbia dominio sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e sul bestiame e su tutta la terra e su tutti i rettili che strisciano sulla terra. E Dio creò l’uomo a sua immagine; lo creò a immagine di Dio; li creò maschio e femmina. E Dio li benedisse; e Dio disse loro: ‘Crescete e moltiplicatevi e riempite la terra, e soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e sopra ogni animale che si muove sulla Terra’.”: questo dice la fine del primo capitolo del Genesi. Tralasciamo questa cosa dell’uomo-immagine-di-dio, una autocertificazione di cui intuiamo facilmente le motivazioni ma che è poco credibile, essendo peraltro possibile documentare l’esatto opposto, cioè il fatto che gli dei sono per lo più umanissime costruzioni; concentriamoci piuttosto sul fatto che si dice sopra che l’uomo – per legittimazione divina, quindi – ha dominio assoluto sul mondo e sui suoi altri abitanti, i quali devono essere soggiogati ed esistono solo per servire le sue esigenze e i suoi capricci. Mal gliene incolse, agli animali, in terra concimata dal biblico messaggio; gli è andata meglio altrove, dove il dio è … un altro (Buddha, per dirne uno). Come ben sappiamo, e al netto di crociate e di altre spedizioni imperialistico-evangelizzatrici, il divino ha una forte componente storico-geografica e non propriamente trascendente, come dimostrano le tremila credenze che più o meno allegramente si disputano nel mondo l’unicità della fede e il possesso esclusivo della Verità, su sponde diverse e ben territorialmente determinate.
Capiamo allora bene perché il fatto di sterminare i lupi sia ora sdoganato senza troppi pensieri e senza problemi di coscienza soprattutto in area cristiana; sono infatti animali poco deferenti, poco servili e poco controllabili, quindi tendono a sfuggire alla dittatura dell’animale-dio uomo, cioè a una legge divina. Con perfetta serenità, anzi forti del mandato superiore, veterinari agrar-cattolici e i loro amici ci parlano sulla stampa, la domenica, della necessità di sterminare i lupi, o almeno di “far loro paura” (?); ogni contadino o allevatore (con i soliti politici e cacciatori al seguito) reclama misure sempre più cruente e “definitive”; si adombrano senza nemmeno sorridere ipotesi di calate di branchi a sbranare – o almeno a spaventare – i nostri bimbetti; si rifiuta di assumersi l’onere di misure non simboliche a tutela delle greggi, non sia mai che alla fine esse si dimostrassero efficaci; vengono fatte tacere le voci di coloro che propongono una gestione alternativa del problema, magari guardando a quanto di buono fanno gli altri, all’estero, nel rispetto della biodiversità (che comprende anche i lupi); la stampa, in coro, a dipingere il diavolo sulla muraglia e dando spazio a ogni folkloristica esternazione; e “crepi il lupo” come si dice. Insomma, l’unico modo che troviamo nella peraltro assai civile Svizzera per convivere con il lupo e, in generale, con i predatori, è quello di… farli fuori.
Che il mondo e la natura non siano lì solo per l’uomo, e per la soddisfazione dei suoi bisogni, è cosa intuitiva e ragionevole; come ovvia è la pari dignità di tutte le specie viventi che popolano la terra, le quali hanno lo stesso diritto di essere se stesse di quello che pretende per sé l’uomo, ma che a differenza di questo dio incarnato non esigono di dominare gli altri né di determinarne l’estinzione. Qualcuno potrebbe arrivare a vedere come orizzonte consolatorio il fatto, lontano ma ineluttabile, che la presenza della razza umana sulla terra avrà pur una fine, chiudendo una parentesi rissosa e arrogante (nonostante qualche buona premessa). È certamente consolatorio, invece, constatare come la natura non umana abbia una forza e una resilienza straordinarie, ad esempio rioccupando subito le aree abbandonate dall’uomo, e in generale rivendicando il proprio diritto all’esistenza; lo vediamo ogni giorno ai lati delle strade e nei terreni abbandonati, lo abbiamo constatato durante il confinamento (con i puma a Santiago, i delfini in Laguna, gli alci e i daini in città), lo vediamo nelle nostre montagne con orsi, linci e lupi a ritrovare uno spazio che era il loro da sempre. La pretesa umana di cancellare forme di vita scomode, appellandosi a una pretesa legittimazione superiore, dopo avere tanto fatto nei secoli per cancellarne altre tramite l’inquinamento e il dissennato sfruttamento delle risorse naturali, suona come un atto di rozza e cieca prevaricazione. Possiamo, e forse dobbiamo, dire che gli altri viventi sono nostri simili, con tutto quel che ne segue in termini di rispetto, e di obblighi che da esso derivano; e non certo cose da sfruttare e da eliminare se il loro vivere secondo natura ci causa qualche fastidio.
Nell’immagine: Jean-Baptiste Oudry, Caccia al lupo, 1723-24 ca.
Dopo l’increscioso spettacolo offerto dai partiti nella surreale gara al Quirinale; crisi, paralisi e auto-commissariamento della politica italiana
L'11 settembre e le sue conseguenze. Incontro con Gilles Kepel, politologo, studioso di islam e storico del Medio Oriente