Perché la Cina sta aumentando gli aiuti militari in Africa
Riducendosi progressivamente l’invio di armi dalla Russia, che le utilizza in Ucraina, la Cina si sta imponendo nel mercato africano degli armamenti
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Riducendosi progressivamente l’invio di armi dalla Russia, che le utilizza in Ucraina, la Cina si sta imponendo nel mercato africano degli armamenti
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Riducendosi progressivamente l’invio di armi dalla Russia, che le utilizza in Ucraina, la Cina si sta imponendo nel mercato africano degli armamenti
Non solo commercio di prodotti di consumo e costruzione di infrastrutture. La Cina sta rafforzando le sue relazioni con molteplici governi africani incrementando anche la cooperazione in materia di sicurezza e difesa.
Il motivo di una simile tendenza è da ricercare nello scoppio della guerra in Ucraina. Poco meno della metà dell’equipaggiamento militare destinato all’Africa proviene infatti dalla Russia. Mosca vanta profondi legami storici nel Continente Nero che risalgono alle lotte di liberazione anticoloniali degli anni ’50 e ’60. Da quando tuttavia le forze russe sono state impegnate nella cosiddetta operazione militare speciale sul territorio ucraino, il Cremlino ha iniziato ad avere ben altri pensieri per la testa che non inviare armi in giro per il mondo.
Dal punto di vista della Federazione Russa, il ragionamento è semplice: le principali risorse militari devono essere destinate all’Ucraina e non certo all’Africa. È qui che entra in scena la Cina, pronta ad occupare il progressivo vuoto lasciato dalla Russia. L’Africa occidentale, in particolare, è da tempo orientata verso la Repubblica Popolare Cinese in termini di aiuti militari. Rappresentando il 25% del traffico marittimo africano e due terzi della produzione petrolifera africana, la regione deve affrontare una serie di minacce alla propria sicurezza.
La crescita della pirateria nel Golfo di Guinea, un’importante zona di navigazione, mette inoltre in pericolo gli affari e può alimentare movimenti estremisti nell’entroterra. In Nigeria, ad esempio, ogni giorno vengono rubati circa 120.000 barili di greggio, pari a circa il 6% della produzione del Paese. È così che, secondo quanto riportato dall’Asian Nikkei Review, lo scorso 28 ottobre la Marina nigeriana ha ricevuto dalla Cina una motovedetta di 46 metri e altri rifornimenti militari per combattere la criminalità marittima e garantire la sicurezza nel golfo che copre 2,3 milioni di chilometri quadrati e ha circa 6.000 chilometri di costa.
A Lagos, la capitale commerciale della Nigeria, China Harbor Engineering ha costruito il Lekki Deep Sea Port, uno dei porti più grandi dell’Africa occidentale, progettato per movimentare 1,2 milioni di container all’anno. Dovrebbe fungere da nuovo centro logistico marittimo per l’intera regione, aprendo un’altra ondata di opportunità di investimento tra Cina e Africa. Non solo: in questo Paese le infrastrutture chiave – dal petrolio al gas, passando attraverso le ferrovie – sono nelle mani delle imprese cinesi. Ecco perché Pechino è ben felice di sostenere le autorità nigeriane.
Negli ultimi otto anni, inoltre, la Cina ha partecipato a quasi 40 scambi militari con partner del Golfo di Guinea e ha schierato navi della marina militare per operazioni antipirateria. Come se non bastasse, pare che la Cina abbia intenzione di istituire un hub militare nella Guinea Equatoriale, e la sola indiscrezione è motivo di profonda preoccupazione per il comando africano degli Stati Uniti.
Calcolatrice alla mano, quasi il 70% dei 54 Paesi del continente africano possiede veicoli militari corazzati cinesi e quasi il 20% di tutti i veicoli militari in Africa sono importati dalla Cina. la nuova analisi di Jane’s, azienda nota per le sue pubblicazioni sulle armi globali, ha mostrato forti aumenti negli ultimi due decenni nelle vendite di attrezzature militari cinesi in Africa, rispetto al tradizionale benefattore del continente, la Russia.
I principali importatori di equipaggiamento blindato cinese includono Tanzania, Nigeria, Sudan, Camerun, Zimbabwe, Zambia, Gabon, Algeria, Namibia, Ghana ed Etiopia. Circa il 50% dell’inventario militare della Tanzania è di origine cinese, mentre le attrezzature fornite dagli Stati Uniti costituiscono circa l’11%. Il materiale dell’era sovietica, in gran parte obsoleto, rappresenta circa il 32% dell’inventario complessivo, che comprende veicoli corazzati, carri armati e aerei.
E così, mentre Mosca è impegnata nel pantano ucraino, Pechino sta lentamente ritagliandosi spazi d’azione sempre più grandi nel cuore di un continente sempre più strategico.
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