Roberto Malacrida: I dilemmi etici della pandemia
"Malati Covid non rianimati perché disabili cognitivi". Le considerazioni del dott. Roberto Malacrida
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"Malati Covid non rianimati perché disabili cognitivi". Le considerazioni del dott. Roberto Malacrida
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• – Aldo Sofia
Per quanto rischiosi, gli allentamenti delle misure anti Covid19 non mi sorprendono. Direi anzi che erano inevitabili: le pressioni erano troppe e difficilissimo per il Consiglio...
• – Riccardo Fanciola
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• – Redazione
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• – Marco Züblin
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• – Franco Cavani
Non si sono mai amati, Donald Trump e Mitch McConnell. Per quattro anni i due uomini più potenti del partito repubblicano hanno portato avanti – con discreto successo e...
• – Andrea Vosti
Da un anno l’emergenza sanitaria causata dal Corona virus sta tenendo tuttora in scacco il mond intero. La Svizzera, ovviamente, non fa eccezione. L’emergenza sta avendo anche un...
• – Fabrizio Triulzi
L’Accademia Svizzera delle Scienze Mediche (ASSM) e la Società Svizzera di Medicina Intensiva (SSMI) hanno aggiornato lo scorso dicembre le raccomandazioni per la “presa di decisione etica” in caso di “triage”, cioè quando le risorse non sono sufficienti. La nuova versione sottolinea che l’elemento decisivo per la scelta corretta dei pazienti quando non si possono curare tutti in modo ottimale e intensivo è quello della “prognosi a corto termine” e non soltanto l’età, la disabilità e la demenza, come prevedeva la “scala della fragilità” (Clinical Frailty Scale). La “scala della fragilità clinica” si applica alle persone con più di 65 anni e si basa sul loro grado di dipendenza: può quindi escludere i pazienti disabili da trattamenti intensivi anche se la loro prognosi non è necessariamente limitata dalla disabilità. La conseguenza sarebbe stata un’attitudine clinica pregiudizievole e discriminante.
La scelta di sottoporre o meno a cure intensive e generalmente dolorose è un dilemma quotidiano anche quando non mancano le risorse, perché occorre rispettare contemporaneamente i desideri dei pazienti (il principio etico dell’autonomia) e il dovere clinico di modulare i vantaggi e gli effetti negativi di un intervento medico (principi etici della beneficienza e della non-maleficienza). Se le disponibilità di cura sono precarie, occorre considerare non soltanto gli interessi del singolo ammalato, ma le ripercussioni dei suoi trattamenti invasivi sulla collettività (principio della giustizia distributiva).
A nostro avviso, in caso di arresto cardiorespiratorio con l’esigenza impellente di un massaggio cardiaco, sono da rispettare e possibilmente coniugare il rispetto di eventuali pianificazioni anticipate delle cure, la presenza di una demenza invalidante e malattie dolorose con una prognosi negativa a corto termine. La rianimazione cardiopolmonare praticata al di fuori di ospedali acuti, di regola, comporta un ritorno alla vita con una disabilità intellettiva più grave rispetto alla situazione antecedente. Fatte queste considerazioni, mi preme sottolineare almeno due aspetti: innanzitutto che la disabilità di per sé è una situazione clinica multiforme e non si deve confondere per esempio lo spettro autistico con la sindrome di Down, la demenza grave o lo stato vegetativo persistente; inoltre che i disabili e i differentemente normali sono abitualmente esclusi dalle priorità sociali (vedi le categorie di vaccinazione nella pandemia da Covid-19) e quindi dobbiamo augurarci che la politica sia regolarmente sensibilizzata a difendere con forza gli anelli più deboli della nostra società che la rendono più giusta includendo nei suoi valori più alti i vulnerabili e i diversi.
A nessuno si può togliere la parola, nemmeno a chi modera un dibattito radiotelevisivo - Di Enrico Morresi
Quanto potrà cambiare l’indirizzo della politica scolastica con Marina Carobbio, e quanto contano e conteranno, dentro il dipartimento, figure di riferimento scelte da Manuele...