Quando la cultura è intrattenimento, e viceversa
Un esempio in Via dei Matti numero 0
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Un esempio in Via dei Matti numero 0
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Un esempio in Via dei Matti numero 0
Ho già avuto occasione anch’io di intervenire in proposito, ma vorrei tornarvi per soffermarmi su un punto che spesso è stato evocato come particolarmente “critico” da non poche voci di intellettuali intervenuti nel dibattito: lo riassumerei, un po’ sommariamente, con il titolo “Cultura vs Intrattenimento”.
Non poche riflessioni proposte in questi mesi da diverse personalità della cultura, di fronte all’ipotizzato travaso dei contenuti culturali parlati di Rete Due nel palinsesto di Rete Uno ne hanno parlato come di una prospettiva che, in un certo senso, mette colpevolmente “fuori contesto” i contenuti culturali, che finirebbero per “annacquarsi” in un indistinto bla bla dell’intrattenimento radiofonico.
Insomma, la Cultura perderebbe la propria “casa” e, ospite in un’altra, finirebbe per perdere le proprie peculiarità, il proprio linguaggio, la propria importanza.
Perché, parrebbe, Cultura e Intrattenimento sono due ambiti troppo diversi, inconciliabili; verrebbe da pensare persino che l’uno sia “alto” e l’altro “basso”, così, di principio, senza tener conto del contesto in cui esempi dell’uno o dell’altro si situano e realizzano, ovvero radio, televisione, online.
E allora provo a fare un esempio di programma televisivo di prima serata in onda in questo periodo su RAI3: si tratta di “Via dei matti numero 0”, venticinque minuti quotidiani dal lunedì al venerdì fatti di parole e musica, ogni genere musicale, dentro la scenografia domestica e accattivante di due padroni di casa che si chiamano Valentina Cenni e Stefano Bollani, per la cronaca pure moglie e marito.
Lei è attrice e cantante, lui è uno dei grandi pianisti jazz della scena contemporanea non solo italiana ed è soprattutto una miniera inesauribile di conoscenze e competenze musicali che dispensa con la più assoluta leggerezza e con un evidente (e coinvolgente) piacere.
In ogni puntata del programma viene proposto un tema, un concetto che si tramuta nelle più diverse espressioni musicali, in brani che ci portano dall’opera lirica alla bossa nova brasiliana: un programma dalla raffinata “scrittura” che si affida ad un fil rouge raccontato da Valentina e agli esempi con il pianoforte di Stefano e degli ospiti del programma, che sono stati finora, fra gli altri, Baglioni, De Gregori, Finardi, insomma cantautori celebrati, ma anche personaggi meno popolari, come Vinicio Capossela o Fabrizio Bosso. In una puntata di un paio di settimane fa, Bollani ha duettato persino con Checco Zalone in un’esecuzione jazzistica davvero notevole di “Blackbird” dei Beatles.
Cultura o intrattenimento? La risposta potrebbe essere: “Intrattenimento, ma di grande livello, di cultura”. Si perché si tratta comunque di un esercizio per nulla scontato: veicolare concetti, nozioni, esempi di cultura musicale attraverso la preparazione ma anche lo stupore ed il calore che i due conduttori trasmettono al pubblico, ad un pubblico vasto, di non adepti, insomma al pubblico televisivo.
Si tratta allora, forse, di porsi la questione di fare “buona televisione” o “buona radio” prima che di distinguere se sia culturale o di intrattenimento. E la buona televisione, come la buona radio, è “culturale”, perché è frutto di una scrittura adeguata al mezzo, della consapevolezza che per fare un buon programma servono “autori”, servono redattori formati e preparati, serve una “regia”, servono conduttori messi in condizione di aver tempo per preparare le loro emissioni e non essere costretti alla costante emergenza, come ahinoi appare non di rado nelle emissioni RSI.
Il problema vero, nel futuro prossimo della RSI, in quanto servizio pubblico, sta a mio avviso proprio nel disporre di forze e capacità tali da poter continuare ad offrire prodotti di qualità, senza gerarchie di genere, tanto più che la Concessione e la missione del servizio pubblico implicano, ancora, sia l’aspetto formativo che quello di intrattenimento dei propri programmi.
E allora la preoccupazione prima, per l’azienda, dovrebbe essere quella di salvaguardare non tanto (o non soltanto) le emissioni di una Rete, ma una giusta, magari accresciuta dotazione redazionale dei programmi di punta, culturali, informativi, di intrattenimento, per continuare a poterne fare prodotti di qualità, intelligenti, aperti, accattivanti, seriamente divertenti, rispettosi delle forme e dei modi dei temi trattati.
Perché la cultura sappia essere proposta con il piacere di intrattenere il pubblico e l’intrattenimento sappia approfondire con il piacere della scoperta, in barba a contrapposizioni che non giovano a nessuno.
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