Qui Odessa. Parla il sindaco
I russi hanno scelto un paese che a loro sembrava debole, ma si sono sbagliati
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I russi hanno scelto un paese che a loro sembrava debole, ma si sono sbagliati
• – Redazione
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I russi hanno scelto un paese che a loro sembrava debole, ma si sono sbagliati
“doppiozero.com” è una notevole rivista culturale, con edizioni in italiano e in inglese, e una casa editrice, in rete dal 14 febbraio 2011. Si presenta come una piattaforma di rinnovamento culturale e politico capace in questi 11 anni di vita, di chiamare a collaborare oltre 900 scrittori, critici, giornalisti, ricercatori, studiosi di diverse discipline, in un ecosistema che riunisce intellettuali di fama, giovani autori e studiosi affermati.
Fra le più recenti e meritorie iniziative di “doppiozero.com” vi è quella di proporre un suggestivo viaggio letterario, culturale, sociale e politico, suddiviso in diversi capitoli, per scoprire la straordinaria città di Odessa, oggi tanto minacciata dall’invasione russa in Ucraina, con il porto bloccato dalle forze navali mandate dal Cremlino a bloccare il traffico dei commerci di grano.
Il Viaggio ad Odessa di “doppiozero.com” è curato da Eugenio Alberti Schatz e da Anna Golubovskaja, che hanno finora pubblicato sette reportage, in forma spesso diaristica, per scoprire luoghi, personaggi, situazioni, eventi, che hanno fatto e fanno tutt’ora la storia della città.
Rimandando al sito per una lettura completa, proponiamo qui parte del contributo più recente di questa serie, con un accorato intervento del sindaco della città, Gennadij Trukhanov.
Il riconoscimento di Odessa da parte dell’Unesco segnerebbe prima di tutto un cambio di status sul piano dell’immagine. Odessa è una città unica nella sua pianta urbanistica. Considerando le circostanze della guerra, possiamo fare appello ai paragrafi 161 e 162 della carta Unesco, che stabilisce di snellire le procedure di ammissione nel caso di rischi di distruzione. Certamente l’Elenco dei beni culturali patrimonio dell’umanità non fermerà gli occupanti. Non si fermano di fronte alla morte di civili e bambini, figurarsi cosa può importargliene della cultura. Per noi è solo la prova ulteriore del loro cinismo e della loro crudeltà.
Può suonare strano, ma io sogno che Odessa dopo la guerra torni alle proprie radici. È lì che io vedo la sua crescita. Quando alle origini Odessa è stata costruita d’impeto, quanti stranieri, quanti europei sono arrivati qui da tutto il mondo, l’hanno costruita, e poi ci tornavano, l’hanno amata… Vorrei che noi potessimo far tornare tutto ciò. Sento dire spesso che Odessa è una città russa, un mondo russo. Ma non è così! È un’invenzione giornalistica, e poi ci hanno creduto. Una volta da noi arrivavano navi da tutto il mondo. Poi Leopoli, che era più vicina alla frontiera, si è orientata maggiormente all’accoglienza dei turisti europei. Odessa, che è più lontana, si è invece dedicata ai ricchi turisti russi. Ma non bisogna confondere il guadagno dei soldi con la psicologia. Noi non abbiamo una psicologia russa. Dovremmo metterci d’accordo prima, altrimenti si potrebbe pensare che anche Courchevel e le Maldive e tutti gli altri posti in cui i turisti russi lasciavano lauti assegni sono un mondo russo.
Il mio sogno è che diventi una capitale interculturale del nostro paese. Che al nostro porto approdino navi da crociera da tutto il mondo. Che il nostro aeroporto internazionale accolga aerei dagli angoli più remoti del mondo. Che noi rimettiamo in ordine la città, ci uniamo e smettiamo di litigare. Il passatempo preferito a Odessa è la ricerca del colpevole e “cauchemariser” il sindaco (neologismo dal francese cauchemar, incubo, potremmo tradurre con mettere sulla graticola – n.d.r.), per poi passare al livello successivo, ossia prendersela con il governatore. Io vorrei che le persone levassero lo sguardo e vedessero che perla abbiamo ereditato dal passato. Che tutti facessero il massimo per lo sviluppo di Odessa, in un clima di piena fiducia e unità fra il governo e i cittadini.
Certo, le lezioni di tattica e strategia che ho seguito all’istituto secondario militare mi sono d’aiuto. Nei manuali sono descritte diverse tipologie di guerra: difensive, di conquista, ma ciò che abbiamo davanti a noi oggi non si trova in nessun manuale. Irrompere, dire una cosa e poi fare tutt’altro, attaccare coi missili città pacifiche dal mare, da un sottomarino… Come si può definire questo, che tu te ne stai seduto in un sommergibile e premi il pulsante di lancio di un missile, che si leva in volo contro una città pacifica per andare a uccidere dei bambini… Come si chiama questa guerra? Io non ho mai letto in nessun manuale di questo tipo di guerra, non me l’hanno insegnata. Quando gli eserciti avanzano, si può capire, prima dell’attacco l’artiglieria sottopone al fuoco le posizioni nemiche, poi arrivano i fanti. Ma loro non riescono a raggiungerci fino a qui, e semplicemente distruggono le infrastrutture.
Hanno distrutto depositi di carburante. Ora abbiamo il problema di come rifornire le ambulanze, i veicoli dei pompieri e di pronto intervento. Distruggono strade e ponti, e noi non riusciamo a consegnare il cibo e altri aiuti. C’è una sola spiegazione possibile: vogliono semplicemente cancellarci. Come città, come paese, come popolo. E tutto ciò che si sente uscire dai loro schermi televisivi è menzogna. Io uso questa allegoria: lo sportivo che è stato pompato e che alla fine ha creduto nella propria forza superiore. Lo hanno pompato con le armi e ora devono mandarlo da qualche parte. Ma mandarlo contro quelli che considerano i principali nemici fa paura. Sanno bene che quelli risponderanno immediatamente e duramente, con forza. I russi Un paese giovane, che sta ancora formando le proprie forze armate. Sono venuti qui per mostrare la loro forzuncola. Però le cose sono andate diversamente, si è capito che sono privi di forza e la ragione è dalla nostra parte. E dove c’è la ragione, ci sarà anche la vittoria.
Gennadij Trukhanov, sindaco di Odessa
Nell’immagine: la guardia imperiale russa sulla mitica scalinata di Odessa nel film “La corazzata Potemkin” di Sergei Eisenstein
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