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Solo sì significa sì

Per un un principio di rispetto verso le donne, che consideri come abuso ogni forma di relazione sessuale che non sia condivisa, consenziente e volontaria - Di Simona Arigoni, Io l’8 ogni giorno


Redazione
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Solo sì significa sì
• 27 Maggio 2022 – Redazione

Il parlamento federale discuterà, nel corso della prossima sessione, la proposta di revisione del codice penale in materia di reati sessuali. Dopo un lungo iter di consultazione la proposta che sarà discussa non soddisfa minimamente le esigenze e le istanze espresse dai collettivi e dai movimenti femministi. La questione centrale rimane infatti irrisolta: la gravità dell’aggressione dipende sempre e ancora dalla forza con cui la vittima si è opposto o meno. Si tratta di una visione impregnata dalla cultura dello stupro che presuppone in fondo che i corpi delle donne sono a disposizione degli uomini a meno che le donne stesse non esprimano il loro dissenso.

Una visione che misconosce la realtà concreta della violenza di genere.

Nella grande maggioranza dei casi questa violenza non rientra nella categoria stereotipata dell’aggressore sconosciuto armato di coltello che assale le donne in un vicolo buio, ma si tratta più banalmente di una persona in qualche modo ‘vicina’ alla vittima, un compagno o ex compagno al quale opporre resistenza è evidentemente molto complesso. Inoltre, le reazioni delle vittime di fronte a una violenza sessuale possono essere di vario tipo e nessuna è migliore di altre: alcune donne cercano di difendersi in tutti i modi, altre sono come paralizzate (si parla in tal caso di ‘freezing’, una reazione di tipo psicologico e fisiologico che ‘congela’, paralizza la vittima), alcune per difendersi si ‘dissociano’ dal proprio corpo, altre preferiscono non reagire fisicamente perché temono per la propria vita, ecc. Le statistiche del resto parlano chiaro: più di una donna su dieci dice di avere avuto rapporti sessuali contro la sua volontà, senza aver avuto la possibilità di rifiutarlo.

Non è quindi possibile far dipendere la pena dalla gravità dell’aggressione, dalla forza di opporsi delle donne. Senza contare che questo meccanismo mette in atto, in caso di denuncia, un pericoloso processo di vittimizzazione secondaria volto a scoprire fino a che punto la donna fosse o meno consenziente. Le donne che denunciano sanno bene cosa significa: quante volte devono raccontare quanto successo nei minimi dettagli? Quante volte si sentono porre domande del tipo “ma come eri vestita? Hai un’altra relazione? Ma hai detto chiaramente no?

Bisogna inoltre ricordare che la proposta che il parlamento discuterà è di fatto in contraddizione con quanto ribadito dalla convenzione di Istanbul (vincolante, per gli stati membri, quindi anche per la Svizzera) che si basa chiaramente sulla logica del consenso. In particolare l’Art. 36 dice “2-Il CONSENSO deve essere dato VOLONTARIAMENTE, quale libera manifestazione della volontà della persona, e deve essere valutato tenendo conto della situazione e del contesto.” Andare contro questo articolo significa non applicare le norme contenute nella convenzione, d’altronde, già due anni fa, la Segretaria generale del Consiglio d’Europa Marija Pejčinović Burić ha chiesto a tutti gli Stati membri di modificare la definizione di stupro dichiarando “Sono troppo pochi i nostri Stati membri che trattano questo reato con la dovuta serietà, poiché le definizioni giuridiche di stupro non sono basate sulla mancanza di consenso. Ciò pone sulle persone che hanno subito uno stupro, prevalentemente donne, l’onere di dimostrare di essere vittime. Gli Stati devono assumersi piena responsabilità e modificare le proprie leggi in conformità alla Convenzione di Istanbul. Il momento di agire è adesso.”

È davvero accettabile che 10 uomini sopra i 55 anni (su 13 membri/e della commissione giustizia e legge) possano proporre una revisione del codice penale sessuale che si fondi sul rifiuto della vittima, anziché sull’accettazione?

È importante continuare a mobilitarsi per una revisione del codice penale che parta dal concetto di consenso inteso come l’espressa e libera volontà delle parti di partecipare all’atto sessuale.

Una strada che il collettivo “iolotto” ha intrapreso ormai da anni e che lo ha portato a redigere un “Piano di azione femminista contro la violenza di genere”, un piano che mette al centro la necessità di aumentare le risorse per l’ascolto e la protezione delle vittime e per la promozione di una cultura delle relazioni sessuali basate sul consenso e sul rispetto.

Bisogna continuare a lottare contro la vittimizzazione secondaria, i falsi miti e la colpevolizzazione delle donne. I nostri corpi non sono a libera disposizione: il sesso senza consenso è stupro, non è così difficile da capire!

Solo la società civile può spingere il parlamento a bocciare le proposte in arrivo, solo con una ferma opposizione e un’azione condivisa da tutte le organizzazioni femministe (e non) si potrà fare in modo che la legge non arretri ma, anzi, prenda una chiara e decisiva direzione verso l’autodeterminazione del corpo femminile.

Anche per questo, Amnesty International ha aperto una petizione da firmare entro il 29 maggio: pochissimo tempo ancora per far sentire la nostra voce. Ogni atto imposto senza il consenso è un’aggressione, è un abuso. È uno stupro: solo sì è sì.






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