Riescono a parlare di pace in Palestina
Un ebreo e un palestinese di Gaza: a Zurigo due interventi e lo stesso appello per la fine della guerra e il reciproco riconoscimento
Filtra per rubrica
Filtra per autore/trice
Un ebreo e un palestinese di Gaza: a Zurigo due interventi e lo stesso appello per la fine della guerra e il reciproco riconoscimento
• – Redazione
Da Princeton a Yale, da Harvard a Stanford divampa l’odio contro gli israeliani
• – Redazione
In Svizzera crescita dell' inflazione vicina a quanto auspicato dalla Banca Nazionale. Allora perché sentiamo che il rincaro pesa ancora parecchio sul bilancio famigliare?
• – Aldo Sofia
Nella quinta guerra in 15 anni, sono morti già 3.600 bimbi palestinesi. Chi resta, cresce tra il piangere i morti e il culto del martirio: ci vuole il permesso per uscire e andarsi a curare. La cattività è il terreno fertile per la radicalizzazione
• – Redazione
Il discorso del vicecancelliere tedesco Robert Habeck, copresidente dei Verdi
• – Redazione
Stampa / Pdf
• – Franco Cavani
Occasioni per ricordare la figura e l’opera dell’etnomusicologo Roberto Leydi
• – Redazione
Non c'è niente di più mutevole di un confine. Non è una linea, non è una cosa, è un dispositivo socialmente costruito per generare un dentro e un fuori
• – Redazione
Molta retorica ma un messaggio chiaro da parte di Nasrallah, leader degli islamisti-antisionisti alleati dell’Iran; ma, come ricorda la fiaba della rana e dello scorpione, la razionalità viene spesso soffocata in Medio Oriente
• – Aldo Sofia
La Barenboim-Said Akademie di Berlino: “Nella nostra orchestra musicisti israeliani e palestinesi trovano un punto di incontro. I nostri cuori distrutti da questo conflitto”
• – Redazione
Un ebreo e un palestinese di Gaza: a Zurigo due interventi e lo stesso appello per la fine della guerra e il reciproco riconoscimento
Zurigo, una sera di fine settimana. Mentre sulla Münsterplatz il socialista Daniel Jositsch, ma anche alcune celebrità politiche vicine all’UDC come Alfred Heer, promettevano di proteggere gli ebrei dall’antisemitismo, sulla Bürkliplatz si incontravano spiriti più di sinistra, pacifisti, per indicare le vie di una “soluzione giusta” fra israeliani e palestinesi. Hanno organizzato questo incontro associazioni come “Voce ebraica per la democrazia e la giustizia in Israele/Palestina” (JVJP), la Società per una Svizzera senza esercito (GSOA), Amnesty International, e altre ancora. Erano ammesse solo bandiere e candele della pace. Sono state presentate numerose richieste. Tra le più urgenti: fermare la violenza e i bombardamenti, garantire gli aiuti umanitari alla popolazione, liberare gli ostaggi, indagare sui crimini di guerra e punire i colpevoli. Le analisi sono state di alto livello ed è stato evidente lo sforzo di avanzare proposte politicamente concrete. Un punto debole potrebbe essere visto nel fatto che, nonostante l’enorme orrore suscitato dalle brutalità di Hamas, non è stato possibile dimostrare come altrimenti Israele possa liberarsi di Hamas a breve termine, o almeno ridurne gli attacchi. Sono stati letti due testi significativi e concordanti nella sostanza: il primo di un pacifista palestinese di Gaza, l’altro di un pacifista israeliano. Entrambi vivono in Svizzera. Riportiamo testualmente i loro messaggi.
“Gaza, mia amata città, ti amo tanto. Ma non ti riconosco più, perché sei diventato cenere. Al quartiere Al Zahra mi hai regalato tanti bei momenti della mia infanzia, nonostante il rumore della guerra. Ma ora i razzi ti hanno ridotto in cenere, ti hanno completamente distrutto.
Piango le migliaia di vittime della Striscia di Gaza e anche i civili in Israele. A lunedì 30 ottobre 2023, nella Striscia di Gaza ci sono stati 8.306 morti, tra cui 3.457 bambini, 2.136 donne. Inoltre ci sono 1.800 persone scomparse. Si ritiene che molte di loro siano sotto le macerie degli edifici distrutti. I feriti, finora 21.048.
Tutti gli esseri umani sono uguali, siano essi palestinesi o israeliani, musulmani, ebrei, cristiani o atei. Siamo tutti umani. Pertanto, mi rammarico profondamente per la sofferenza della popolazione civile, sia per il mio popolo, i palestinesi, sia per il popolo israeliano. Chiedo un cessate il fuoco immediato, un accesso umanitario permanente e senza ostacoli, il rilascio dei prigionieri palestinesi e degli ostaggi israeliani. “Occhio per occhio, dente per dente”, questo porta solo ad un circolo vizioso di violenza.
Desidero che i nostri figli e le generazioni future possano vivere fianco a fianco in libertà e pace. Spero che l’intera regione, prendendo esempio dall’ esperienza comunitaria e inter-religiosa di Neve Shalom/Wahat al-Salam, diventi un villaggio di pace dove i bambini palestinesi e israeliani crescono insieme, imparando gli uni dagli altri, e facendo amicizia.
Da anni il mio cuore desidera una Palestina libera che viva in pace. Il “pugno di ferro” israeliano ha dimostrato di essere destinato a fallire, e il sistema di apartheid e il blocco di Gaza non hanno mai portato sicurezza ad Israele.
Credo fermamente che la libertà del mio popolo ci permetterà di vivere fianco a fianco con gli israeliani e di imparare procedendo insieme. La soluzione a questo conflitto deve essere profonda: o una Palestina indipendente (una Palestina indipendente accanto a Israele, fianco a fianco in pace e nel rispetto reciproco della piena sovranità, con Gerusalemme Est come nostra capitale) o una soluzione a Stato unico, che veda e tratti tutti i residenti come uguali, offrendo a ciascuno protezione e sicurezza.
Qualsiasi violenza contro i civili di entrambe le parti (palestinesi o israeliani) è condannabile e non giustificabile.
Fermate questa folle guerra, svegliatevi tutti! L’odio sta distruggendo le nostre società. La violenza porta solo ad una spirale di ulteriore violenza. Fin dall’inizio la repressione è destinata al fallimento.”
“È sabato 7 ottobre, mi sveglio alle 7 e mia sorella mi fa sapere di essere appena scappata da una festa, a Gerusalemme, e si è precipitata in un rifugio antiaereo. Alle10, mentre passeggio con i miei figli lungo il torrente dell’Elefante a Zurigo, gli israeliani vengono massacrati nelle loro stesse case. Verso mezzogiorno, mentre io e mio marito sorseggiavamo il caffè allo Stadelhofen, mia nonna, 90 anni, fuggiva nel suo corridoio pericolante mentre sulla sua città cadevano dei razzi dal cielo. La sera, specialità israeliane a cena con mia suocera. E lì apprendo che ci sono anche gli attivisti pacifisti fra gli israeliani catturati e prigionieri che Hamas tiene in ostaggio nei tunnel sotterranei di Gaza. Così, in un crescendo di notizie prendo coscienza della gravità degli eventi.
Nel giro di pochi giorni, i miei account sui social media assomigliano alla pagina dei necrologi sui giornali: chi ha perso sua sorella e suo marito, lei un cugino, lui un amico. Questi bambini sono stati salvati dai genitori, che si sono sdraiati sopra di loro mentre venivano colpiti. Questo padre e figlio sono stati trovati bruciati mentre si abbracciavano. Questi altri bambini sono stati presi in ostaggio… e l’elenco potrebbe continuare. Il massacro compiuto da Hamas è crudele, disumano e imperdonabile.
Ma qui a Zurigo la Limmat continua a scorrere, la Bahnhofstrasse è un movimento continuo, e il mio insegnante di tedesco balbetta di accusativo e dativo. Come se possa fare qualche differenza per coloro che hanno appena perso il loro intero mondo se dicessero “dem” e non “il”.
Pochi giorni dopo, mentre sono seduta nel mio ufficio incapace di concentrarmi, il mio amico palestinese non riesce a raggiungere sua madre a Gaza. Mentre cerco di fare colazione o pranzo o cena, un altro amico palestinese mi mostra delle macerie. E’ quello che una volta era il suo quartiere. Mentre vado a prendere i miei figli all’asilo, un altro amico mi racconta di un conoscente di Gaza che ha perso decine di familiari. Una catastrofe umanitaria, ed è ancora in corso.
Anch’io ho due bambini piccoli. Il pensiero che da una parte e dall’altra del confine inesistente debbano vivere anche solo un centimetro di questo orrore mi tiene sveglio la notte. Ci sono giorni durante i quali la mia tristezza è così profonda che ho la sensazione che non raggiungerà mai il fondo.
E poi la polarizzazione. I miei colleghi israeliani, anche a Zurigo, nella loro profonda preoccupazione e paura, diffidano di chiunque conosca anche solo un palestinese. Mentre i contenuti condivisi con me dagli interlocutori palestinesi non menzionano nemmeno l’orrore degli attacchi di Hamas e incolpano Israele per qualsiasi cosa in questa regione.
E qual è il prossimo passo? Una guerra in cui non hai scelta, mi dicono. Ma abbiamo sempre una scelta.
Distruggere Hamas a Gaza non può essere una strategia perché significa uccidere sempre più bambini e anziani innocenti. Ma neanche uccidere ebrei e israeliani innocenti può essere una strategia. Entrambi i popoli sono qui per restare nella terra tra il fiume Giordano e il mare, in un Israele libero accanto a una Palestina libera. Liberi entrambi dalla violenza, dall’oppressione, liberi dall’odio.
Nei brevi momenti di speranza, immagino l’Arabia Saudita, il Qatar, l’Egitto, la Giordania e il Marocco che si incontrano con Israele e i rappresentanti della leadership palestinese sulla terra del profanato Kibbutz Be’eri. Sviluppare una nuova visione per la regione. Sembra pazzesco, lo so, ma perché no? Non è davvero folle uccidere persone innocenti nelle loro stesse case?
Nel frattempo, chiedo il rilascio immediato e senza precondizioni di tutti gli ostaggi civili. E, ripetendo secondo le parole del mio amico palestinese, “fermate questa folle guerra!”
Nell’immagine: la locandina di una delle due manifestazioni del 2 novembre a Zurigo
Con la pandemia di covid-19 quasi tutta la popolazione mondiale deve fare i conti con un’emergenza sanitaria di cui ancora non si vede la fine. Eppure i paesi ricchi continuano a...
La Liguria si è dimostrata un modellino ristretto del solito centrosinistra con la sua rissosità