Salvate il soldato Mahmud Abbas
Per la prima volta dopo ben sette anni incontro fra i vertici israeliani e palestinesi. Non una vera svolta, solo il tentativo di togliere dai guai il leader dell’ANP nei confronti di Hamas
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Per la prima volta dopo ben sette anni incontro fra i vertici israeliani e palestinesi. Non una vera svolta, solo il tentativo di togliere dai guai il leader dell’ANP nei confronti di Hamas
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Per la prima volta dopo ben sette anni incontro fra i vertici israeliani e palestinesi. Non una vera svolta, solo il tentativo di togliere dai guai il leader dell’ANP nei confronti di Hamas
Ora il governo di unità nazionale guidato da Naftali Bennett (coalizione di tutti i partiti, incluso uno schieramento islamico arabo-israeliano, ma senza l’ex premier “Bibi”) ha capito che il gioco è diventato assai controproducente. Persino pericoloso. Così ha deciso di aprire uno spiraglio. Senza un minimo di annuncio preventivo, quasi in segreto, esclusi giornalisti e telecamere come se stesse commettendo qualcosa di inopportuno, il ministro della difesa Benny Gantz ha incontrato, alla Moukata di Ramallah, il presidente dell’ANP, Mahmud Abbas.
Primo colloquio fra palestinesi e israeliani dopo ben sette anni, durante i quali è successo di tutto e di più: apparizione dello Stato islamico in Medio Oriente, nascita e morte delle primavere arabe, pericolosa frattura fra musulmani sunniti (a guida saudita) e sciiti (a guida iraniana), intesa sottobanco fra Israele e Arabia Saudita (premessa agli accordi di pace detti ‘di Abramo’), politica di accresciuta annessione di territori occupati, e rimozione della questione palestinese dalle priorità dell’agenda internazionale. Risultato: il rafforzamento degli islamisti di Hamas, che, usciti “politicamente” vincitori dall’ultima guerra di Gaza, hanno visto crescere esponenzialmente la loro popolarità nella ‘striscia’ ma soprattutto in Cisgiordania. Ecco su quale tela di fondo occorre situare quella che in altri tempi sarebbe stata una bella notizia, e forse la vittoria islamista in Afghanistan ha pesato qualcosa.
Lo ha ammesso, una volta svelato l’avvenuto incontro della Moukata, lo stesso Gantz: “Più forte è l’Autorità palestinese, più debole sarà Hamas; più grande sarà la capacità dell’ANP di governare, più vivremo in sicurezza”. Non ci voleva molto a capirlo, e si dice che Washington abbia dato la spintarella decisiva. Così Israele, in particolare, verserà una centinaio di milioni di franchi nelle casse di un’Autorità nazionale palestinese ridotta sul lastrico (attenzione, si tratta solo di un piccolo anticipo su quanto comunque Gerusalemme, che incassa le imposte dei palestinesi, deve al ‘governo’ di Ramallah) e assegnerà ad altri 15.000 palestinesi permessi di lavoro nello Stato ebraico (un po’ d’ossigeno per una popolazione economicamente in grave difficoltà, ma anche provvidenziale manodopera a buon mercato per l’economia israeliana).
Un mini-accordo, ha subito precisato il governo Bennett, che in nessun caso deve essere interpretato come una riapertura del processo negoziale. Insomma, svolta vera non è. E bisognerà dunque vedere se servirà allo scopo dell’operazione: soccorrere in qualche modo un leader palestinese che come sottolinea Le Monde ha “un disperato bisogno di Israele per sopravvivere politicamente” dopo 16 anni di presidenza. Tre lustri trascorsi senza che abbia preso una qualsiasi seria decisione per sbloccare la crisi della doppia leadership palestinese; senza che al suo popolo abbia potuto garantire una vita migliore nella quotidianità; senza riuscire a fermare il tasso della sua crescente e ormai radicata impopolarità. Anche perché, per rendere servizio a sé stesso e un po’ anche agli israeliani, l’ultraottantenne Mahmud Abbas ha deciso di usare il pugno di ferro contro le proteste popolari sull’endemica mancanza di risultati, contro la passività e la remissività nei confronti dell’occupante, e contro una deriva autoritaria sempre più intollerabile.
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