Si agitano le acque all’interno dell’UDC
Questioni “calde” come l’Iniziativa sui ghiacciai e ancor più quella sulla neutralità vedono il partito di maggioranza relativa a livello nazionale dibattere e dibattersi per cercare una nuova identità
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Questioni “calde” come l’Iniziativa sui ghiacciai e ancor più quella sulla neutralità vedono il partito di maggioranza relativa a livello nazionale dibattere e dibattersi per cercare una nuova identità
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Questioni “calde” come l’Iniziativa sui ghiacciai e ancor più quella sulla neutralità vedono il partito di maggioranza relativa a livello nazionale dibattere e dibattersi per cercare una nuova identità
Il referendum sul controprogetto all’iniziativa sui ghiacciai pare destinato al fallimento, la raccolta delle firme per l’iniziativa sulla neutralità ristagna, le tensioni interne crescono e pure la politica imposta da Blocher pare non faccia più l’unanimità, tanto che l’ex consigliere federale ed ex presidente democentrista Ueli Maurer invita il partito a cambiare rotta e “trovare nuovi cervelli”.
C’è maretta nell’UDC svizzera. Anzi, forse di più, visto che un paio di settimane fa la Neue Zürcher Zeitung, poi ripresa dal portale online Watson.ch, titolava senza mezzi termini con “Chaos SVP” (“Caos UDC”). Il quotidiano zurighese puntava il dito in particolare sulla difficoltà che due progetti cari a Christoph Blocher stanno incontrando – il referendum sul controprogetto all’iniziativa sui ghiacciai, con cui il partito conta, per di più a pochi mesi dalle elezioni federali (la data prevista in caso di riuscita è giugno), di bissare il successo ottenuto due anni fa quando il popolo affossò la legge sul CO2, e l’iniziativa sulla neutralità – e riferiva di tensioni il cui capro espiatorio parrebbe essere uno dei sodali della prima ora di Blocher, l’ex consigliere nazionale Ulrich Schlüer. Pare tuttavia che i dissidi siano più profondi e, come dimostrano le tensioni emerse durante la recente elezione di Albert Rösti e le parole di commiato dell’ormai ex Ueli Maurer, interessino anche la linea attuale del partito, dunque pure il finora indiscusso padre-padrone del partito.
Ma andiamo con ordine. Secondo la NZZ a un mese scarso dalla consegna delle firme necessarie, al referendum mancherebbero circa 20.000 sottoscrizioni, ammesso e non concesso che i dati siano esatti, perché pare appunto che all’interno dell’ufficio del partito preposto al controllo e alla raccolta delle sottoscrizioni, diretto appunto da Schlüer, nessuno sia in grado di dirne il numero esatto. E per un partito che ha fatto anche dell’efficienza e della managerialità il suo tratto distintivo non è una bella cosa.
Tant’è che, narra appunto la NZZ che cita fonti vicine proprio a Blocher, a margine della recente sessione parlamentare si sono svolte riunioni in cui sono volate anche parole grosse. In sintesi: o le cose cambiano, oppure Schlüer può fare le valigie. E con lui magari anche qualcun altro. Ce n’è, insomma, di cose mai viste all’interno del partito.
Già, perché oltre al referendum (dai più ormai dato per perso, pur se come detto non c’è chiarezza in merito) ad essere a rischio pare ci sia anche l’iniziativa sulla neutralità, fortissimamente voluta da Blocher e con cui il partito, persa la battaglia sui Bilaterali e in stasi sulla politica contro gli stranieri, cerca di darsi un tema forte in vista sempre delle elezioni federali del prossimo anno, con la speranza di rinnovare i fasti passati. Manca ancora più di un anno per raccogliere le 100.000 firme necessarie, ma l’obiettivo sembra assai lontano, forse troppo. Per di più a minare la raccolta, secondo la NZZ, ci sarebbero forti dissidi interni, giacché parecchi esponenti democentristi non solo non vedono la necessità dell’iniziativa, ma proprio non la capiscono, per non dire che la avversano. Anche questo mai visto all’interno del partito, per lo meno dopo le passate epurazioni.
In discussione in questo senso ci sarebbe anche la direzione del partito, in particolare il suo presidente Marco Chiesa (sarà un caso che vanta l’insolito record di essere l’unico parlamentare assunto a tale carica a non essere mai riuscito a far approvare una propria proposta né in Consiglio nazionale né agli Stati?), già mai veramente amato dalla base e oggi accusato di non riuscire non solo a immaginare il futuro, ma neppure a gestire il presente, ossia far passare, mettere in pratica e soprattutto far accettare gli ordini di Blocher e del suo cerchio magico.
L’elezione di Albert Rösti, o meglio l’insolito ottimo risultato ottenuto dal suo sfidante Hans-Ueli Vogt, uomo alieno all’apparato blocheriano e politico che, per sua stessa ammissione, non segue ciecamente la linea UDC, è in questo senso rivelatore dei contrasti e delle controversie che attraversano il partito. Perché come capogruppo UDC Rösti aveva molti più contatti e relazioni con gli esponenti degli altri partiti di un ex consigliere nazionale come Vogt, per cui i ben 98 voti ottenuti da quest’ultimo non si possono giustificare se non anche con una fronda interna UDC, che ha colto l’occasione per manifestarsi e dichiarare la sua insofferenza per certe dinamiche interne e certe politiche; dunque per la dirigenza, o meglio per l’uomo che da circa 30 anni ormai tiene saldamente in pugno il partito.
Non bisogna neppure dimenticare che Blocher ha ormai un’età avanzata (a ottobre ha compiuto 82 anni), e all’orizzonte, con la figlia che al momento pare dare priorità alla ditta di famiglia più che alla politica, non si intravvede un successore. Inevitabile quindi che i papabili o supposti tali qualche gomitata inizino a darsela; inevitabile anche che la nuova generazione abbia idee e visioni diverse rispetto a quelle del leader maximo democentrista e degli esponenti a lui più vicini.
Lette in questa successione di fatti, le parole dell’ormai ex consigliere federale ed ex presidente UDC Ueli Maurer rilasciate in un’intervista sempre alla NZZ a fine anno, il suo ultimo giorno di lavoro, assumono una valenza e una profondità ben diversa che se lette avulse da questo contesto. «La strada è lunga e ha bisogno di nuovi cervelli», ha affermato, prima di aggiungere che il partito dovrà rivedere la sua strategia, dimostrando più responsabilità e dare prova di maggior collaborazione con le altre formazioni politiche, trovando una «narrazione positiva», poiché se si continua a suonare l’allarme prima o poi si perde di credibilità ed efficacia. Un invito neppure troppo velato a Blocher a farsi da parte e lasciare spazio a nuove persone con un loro nuovo modo di far politica.
Sì, c’è davvero maretta all’interno dell’UDC.
Nell’immagine: una scena dal documentario “L’expérience Blocher“, di Jean-Stéphane Bron (2013)
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