Una (impossibile) confusione tra giornalismo e politica
Scontro fra poteri. Un nuovo contributo alla discussione e alla riflessione
Filtra per rubrica
Filtra per autore/trice
Scontro fra poteri. Un nuovo contributo alla discussione e alla riflessione
• – Rocco Bianchi
Alla Divisione cultura del DECS stravaganti tempistiche per nuovi concorsi sembrano riflettere un disagio ben più ampio e profondo nella gestione politica di diversi ambiti culturali - Di Danilo Baratti, storico
• – Redazione
Secondo il rapporto Eurydice del 2022 in tutti i Paesi dell’UE (ma anche in Svizzera) gli insegnanti dedicano alle attività d’aula meno della metà del proprio orario di lavoro, divorato da impegni burocratici
• – Redazione
La parabola di un pontefice che ha vissuto più da “emerito” che da papa in carica
• – Pietro Montorfani
Radiografia del pontificato di Benedetto XVI, tra punti fermi, incomprensioni e contraddizioni
• – Aldo Sofia
La pesantezza, la leggerezza, così la realtà ci disorienta
• – Redazione
• – Franco Cavani
A vent’anni dalla scomparsa di Giorgio Gaber - Intervista a Paolo Dal Bon
• – Enrico Lombardi
Eventi gaberiani per non dimenticare, e da non dimenticare
• – Enrico Lombardi
La Svizzera, una storia di migrazioni troppo spesso dimenticata
• – Pietro Montorfani
Scontro fra poteri. Un nuovo contributo alla discussione e alla riflessione
La replica di Ruben Rossello, già presidente dell’Associazione giornalisti ticinesi, all’articolo con cui Aurelio Sargenti attacca l’editoriale a doppia firma Daniel Ritzer/Andrea Manna apparso su “La Regione” e difende la decisione di Marina Carobbio di non dimettersi prima delle elezioni cantonali di aprile 2023, merita una riflessione.
Diciamolo subito: non entro nel merito della polemica elettorale in salsa squisitamente onfalocentrica cantoticinese; a mio avviso è molto interessante la questione che Rossello pone, che così, se non erro, si può riassumere: quando, e se del caso in che modo, un politico può intervenire in un dibattitto pubblico senza entrare in conflitto con la stampa e la sua libertà? O, per usare le parole di Rossello, può un politico “affossare pubblicamente – ancorché con buona dose di ironia – un editoriale critico nei confronti della propria corrente politica”?
Per Rossello no, o comunque, se un politico lo fa, che lo faccia a determinate e precise condizioni, ché altrimenti “il rischio dietro l’angolo è la confusione di ruolo tra chi è chiamato ad esercitare il mandato democraticamente ottenuto dal popolo (i politici) e chi è chiamato a controllare l’esercizio di tale mandato (i media)”.
Premesso che Sargenti nella sua replica a Ritzer/Manna avrebbe forse fatto meglio a dichiarare la sua appartenenza politica (pur se essa probabilmente è nota ai più e lo è sicuramente a tutti i lettori di Naufraghi/e); detto che anche Rossello dimentica di specificare di essere stato presidente di ATG e di esserne ancora uno dei membri del suo comitato, ritengo invece che Sargenti aveva non solo il diritto di scrivere quello che ha scritto, ma pure il dovere di farlo. Ben venga infatti a mio avviso il politico che si inserisce sui media nel dibattito democratico; se poi lo fa con colta ironia e penna sagace al posto della becera arroganza imperante, meglio ancora. Ha stroncato la tesi Ritzer/Manna? A loro o a chi per loro l’eventuale compito di una duplica.
Impostato in tal modo, in un dibattito pubblico la confusione di ruolo paventata da Rossello è impossibile che avvenga, per lo meno sui media: da una parte ci sarà chi difende una tesi, dall’altra chi ne difende una contraria, qualunque carica o ruolo essi ricoprano. Senza dimenticare che su un quotidiano i rispettivi ruoli sono definiti dalle rubriche su cui appaiono i vari contributi. Nel caso specifico, da una parte vi era l’editoriale, da sempre appannaggio del direttore della testata o dei giornalisti della redazione, dall’altra un pezzo ospitato nella rubrica “ospiti e opinioni”.
Diverso sarebbe stato il caso se Sargenti, come purtroppo sempre più spesso accade (si veda in proposito l’articolo pubblicato su questa testata lo scorso 6 ottobre che riferiva di uno studio condotto dall’Università di Zurigo o, più recentemente e sempre su questa testata, la testimonianza di François Pilet, giornalista, co-fondatore ed editore del portale online Gotham City), avesse usato e di conseguenza abusato della sua carica per esercitare pressioni sulla redazione affinché correggesse il tiro, o addirittura ritrattasse.
Telefonate agli amici degli amici o ai compagni di aperitivo ed happy hour, minacce più o meno velate, denunce anche fantasiose ma fatte all’unico scopo di sfiancare finanziariamente redazioni ed editori già economicamente sotto pressione, redazioni ridotte all’osso e quindi giornalisti impossibilitati ad approfondire i fatti, ridotti spesso a meri passacarte dei comunicati dell’ufficio marketing e comunicazione del politico o dell’azienda di turno, pressioni sulle autorità pubbliche affinché non diffondano dati essenziali: questi solo alcuni dei veri pericoli che oggi minacciano la libertà di stampa, dunque il libero formarsi delle opinioni dei cittadini e perciò anche la nostra democrazia e le nostre libertà.
Risposta di Ruben Rossello
Fa bene Rocco Bianchi a ricordare la quantità di mezzi subdoli di cui i politici dispongono per cercare di condizionare i media, mezzi che stanno agli antipodi dalla schietta maniera scelta da Sargenti per esprimere la sua critica a Ritzer e Manna. Cosi come è pacifico che ogni politico può partecipare al dibattito delle idee inviando le proprie ai giornali.
Ciò detto, confermo l’impressione che, nella piccolezza della realtà ticinese, l’intervento di Sargenti – tanto per l’autorevolezza del protagonista quanto per la rapidità e la forma data al suo commento – rischia di risuonare (certo involontariamente, l’intenzione non era quella) come un richiamo all’ordine della stampa amica che, ormai in campagna elettorale, è bene resti allineata senza troppi distinguo. La lezione che viene dall’illuminismo sulla separazione dei poteri e sul valore per noi fondativo della libertà e dell’indipendenza della stampa credo impongano qualche prudenza. O una forma che eviti questa impressione.
Avrebbe voluto fermare Putin, ma se ne è andato mentre il suo successore tenta di cancellare ogni suo lascito
Quanto Draghi c’è nella massiccia astensione, nel successo del PD, e nella débâcle salviniana