Iniziative contro l’uso di pesticidi di sintesi – I miti da sfatare
di Nicola Schoenenberger, Gran Consigliere I Verdi
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di Nicola Schoenenberger, Gran Consigliere I Verdi
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di Nicola Schoenenberger, Gran Consigliere I Verdi
Partiamo da quest’ultima tesi, secondo la quale l’iniziativa impedirebbe l’uso di sostanze legate alla conservabilità dei prodotti comportando la loro rapida deperibilità. Ebbene, le sostanze che si impiegano per lo stoccaggio dei prodotti, per la pulizia, l’igiene e la conservabilità poco hanno a che fare con i pesticidi che si usano sui campi, unico oggetto delle due votazioni.
Quanto alla produttività agricola che scenderebbe, insieme alla qualità e alla dipendenza dall’importazione: sono leggende.
Come prima cosa è bene sapere che oggi in Svizzera importiamo già metà del cibo che consumiamo. La tesi della diminuzione del rendimento agricolo che si avrebbe non usando pesticidi – e che comporterebbe la dipendenza dall’estero – si basa sul paragone tra agricoltura convenzionale e biologica che, storicamente, comporta circa il 20% di rendimento agricolo in meno (e il termine “rendimento” va inteso come quantità di prodotto raccolto in relazione agli ettari e al tempo). Si innesca così un grande equivoco: l’oggetto delle due iniziative è legato all’uso di pesticidi di sintesi, non all’obbligo di convertirsi al bio (l’agricoltura bio richiede tutta una serie di condizioni severe che vanno ben oltre l’uso dei pesticidi).
Con le due iniziative si chiede semplicemente che l’agricoltura si trasformi per diventare più sostenibile. Il cambiamento è possibile. Già oggi in Svizzera abbiamo colture che non necessitano di pesticidi e che hanno rendimenti comparabili a colture convenzionali: si tratta dei cereali, del frumento in primis, la pianta alimentare più importante al mondo.
Un altro equivoco è quello legato ai prezzi, che aumenterebbero con un’agricoltura senza pesticidi. Anche quest’affermazione si basa su di un errore: le iniziative vogliono intervenire sulla qualità della produzione e i costi di produzione incidono poco sul prezzo finale del prodotto. Esso è determinato in maggior misura dai margini conseguiti dai distributori e dalla catena di trasformazione del cibo.
Anche sul tema prezzo, inoltre, si fa l’errato paragone con i prodotti bio che sono più cari per via dei margini dei distributori – molto più elevati nel bio – e che sono determinati dal mercato, non dal costo di produzione.
Non è trascurabile il fatto che, se l’agricoltura senza pesticidi diventasse più diffusa, avremmo una migliore economia di scala e prezzi più bassi. L’affermazione “il cibo costerà il 50% in più” è dunque basata su premesse sbagliate. Nell’agricoltura senza pesticidi la differenza di prezzo ci sarà, ma verosimilmente sarà di pochi punti percentuali. Lo studio di San Gallo, in base al quale la lobby contadina paventa l’aumento dei prezzi, si basa sulla premessa errata che le iniziative vieteranno tutti i pesticidi, cosa non vera: le iniziative non vieteranno i pesticidi naturali (anche se sintetizzati in laboratorio). Lo studio, inoltre, non considera il margine di 10 anni per l’adeguamento alla nuova legge.
I contrari non considerano come opzioni i benefici che avrà l’agricoltura dall’innovazione tecnologica, che va dalla robotica al telerilevamento (remote sensing), dalla selezione di nuove varietà più performanti alla lotta biologica, all’agroecologia: discipline in cui la Svizzera è piuttosto avanzata e che permettono di evitare i pesticidi. Esistono, ad esempio, robot che funzionano tramite pannelli solari, capaci di riconoscere le malerbe e di eliminarle meccanicamente. Molto efficace è anche la modellistica che permette di individuare le condizioni affinché sfoci una patologia e di intervenire in anticipo, ad esempio con la lotta biologica.
Con il sapere che abbiamo, che possiamo sviluppare ulteriormente e con la forza finanziaria del sistema svizzero possiamo arrivare ad avere un’agricoltura che non si basa più su principi contro natura, ma che si allea alla natura per garantire prodotti sani in quantità adeguata.
Una delle riflessioni che bisognerebbe fare recandosi alle urne è: quanto è importante il cibo per noi? Qual è il prezzo che possiamo continuare a pagare per compromettere la salute e l’ambiente? Fanno riflettere una serie di dati legati al sistema tanto caro a chi è contrario alle due iniziative.
In Svizzera gettiamo circa 1/3 del cibo prodotto. Riducendo questo spreco, assorbiremmo di gran lunga i costi comportati dal mancato uso di pesticidi di sintesi. Inoltre, in media la popolazione svizzera spende solo il 7% del proprio budget annuo in cibo. Due generazioni fa, quando lo spreco di cibo non esisteva, si spendeva il 33%. Nei paesi attorno alla Svizzera il budget per il cibo è del 14%, cioè il doppio rispetto a noi. In Svizzera spendiamo di più per le assicurazioni.
A proposito di assicurazioni. Nel considerare i costi dell’agricoltura convenzionale non si calcolano i costi sanitari ed ecologici – giganteschi e nascosti – che comporta. Quei costi, oggi esternalizzati dall’agricoltura, secondo Avenir Suisse sono di 7.3 miliardi all’anno, di cui da 100 a 500 milioni sono legati alle conseguenze dell’uso dei pesticidi. Addurre i costi dell’agricoltura senza pesticidi quale argomento contro le iniziative è dunque piuttosto paradossale. Come paradossale è che siano i contadini a sostenere il sistema agricolo convenzionale, il quale, negli ultimi 50 anni, ha ridotto la popolazione agricola del 90% proprio a causa di questo sistema produttivo. Sì, se passassero le due iniziative, il mondo contadino convenzionale dovrebbe fare lo sforzo di cambiare abitudini. Ma considerando che l’essere umano coltiva dal neolitico, cioè da 15’000 anni, cambiare un sistema produttivo estremamente dannoso che pratichiamo solo da 70 anni – con conseguenze gravi sul lungo termine – non dovrebbe essere poi così difficile.
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