Quando sono i cittadini a farsi sentire
Dopo la manifestazione di ieri, un gruppo formatosi su Twitter che critica media e governo svizzeri ci spiega le sue ragioni
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Dopo la manifestazione di ieri, un gruppo formatosi su Twitter che critica media e governo svizzeri ci spiega le sue ragioni
• – Riccardo Fanciola
Dubbi, accuse e controaccuse impediscono di comprendere le vere cause della pandemia
• – Loretta Dalpozzo
di Nicola Schoenenberger, Gran Consigliere I Verdi
• – Redazione
Un parallelo impossibile, con un appello alla politica
• – Marco Züblin
Poter fare il proprio lavoro. E’ quanto rivendica l’ATG, Associazione Ticinese dei Giornalisti. Il sindacato segnala come, da parte di una minoranza di autogestiti, siano stati...
• – Redazione
"Non si fa abbastanza". E le dimissioni del tedesco Reinhard Marx chiamano in causa anche papa Francesco
• – Gino Driussi
Ultima della serie: le farmaceutiche produttrici dei vaccini anti Covid-19 possono bloccare la donazione o la vendita di dosi ad altri paesi
• – Aldo Sofia
Squallida speculazione e scarsa lungimiranza
• – Franco Cavani
E lo schiavo ribelle Spartaco assiste rinchiuso nel Municipio blindato
• – Sergio Roic
Provocatori che volevano rovinare la festa, una vetrina in frantumi, e la reazione che li ha isolati
• – Franco Cavani
Dopo la manifestazione di ieri, un gruppo formatosi su Twitter che critica media e governo svizzeri ci spiega le sue ragioni
“Il Consiglio federale vuole riaprire tutto, ma noi non siamo ancora vaccinati e non vogliamo infettarci”. È una delle frasi che circolavano ieri su Twitter, nell’ambito di un’azione – alla cui organizzazione ho contribuito – con la quale in migliaia di tweet abbiamo chiesto #ProtectTheKids, proteggete i bambini, in polemica con la strategia in tre fasi del Consiglio federale che invece li dimentica, come alcune settimane fa avevo spiegato su Naufraghi/e.
Non è la prima volta che gruppi di cittadini fanno sentire la loro voce su Twitter: a fine marzo, con l’hashtag #NoLiestal, una valanga di messaggi si era contrapposta alle richieste di apertura avanzate in diverse manifestazioni, l’ultima delle quali si era svolta appunto a Liestal (questo il pezzo che avevo scritto).
In tema di Covid, in Svezia si è parlato molto del MEWAS, il Media Watchdog Sweden, nato per “denunciare la disastrosa strategia Covid19 svedese”, come scrive il suo fondatore sul suo profilo Twitter, e finito nell’occhio del ciclone perché accusato di rovinare l’immagine internazionale della Svezia (ne ha scritto l’Irish Times). Nel Regno Unito, invece, The Citizen dicono di voler “tenere le ricevute” per presentare un giorno il conto al governo.
Sempre su Twitter, da poco anche in Svizzera esiste un gruppo che fin dal nome riprende il modello svedese, MEWAS, Media Watchdog of Switzerland. “All’origine della nostra iniziativa – ci spiega il gruppo che lo anima – c’è stato l’annuncio del Consiglio federale di voler adottare la strategia a tre fasi: con la vaccinazione dei più anziani, siamo convinti che i più giovani, non vaccinati, diventeranno un gruppo a rischio, perché tutti possono essere contagiati e soffrire di Long Covid”. Una decisione scioccante, proseguono, tanto più che per gli under 16 non c’erano allora vaccini, di cui i media non parlavano: “Tutto quel che leggevamo era: il Consiglio federale intende riaprire, senza nemmeno dire che il piano era stato in larga misura scritto da Economiesuisse”.
Media Watchdog (e cioè cane da guardia dei media) non è un nome scelto a caso: “Se un anno fa, di fronte a un virus sconosciuto, era comprensibile che i media si limitassero a riprendere le informazioni che c’erano, – spiegano – la maggior parte dei giornalisti non è stata in seguito capace di ritrovare il proprio ruolo, che è quello di porre domande, vigilare sull’operato del governo, investigare, spiegare dati e fatti”. Non solo: troppo spesso, sostengono i nostri interlocutori, “i media svizzeri hanno dato moltissimo spazio a chi contestava le misure in vigore, compresi coloro che credono che si tratti di un complotto e il virus non esiste, mentre non trovavano spazio né chi era d’accordo con le misure né chi riteneva che fossero insufficienti, ad esempio nelle scuole”.
Al di là della critica ai media, il gruppo si è voluto ispirare al MEWA svedese anche perché è convinto che, nella gestione della pandemia, la Svizzera stia appunto seguendo il modello svedese e ascolti più l’economia che non la scienza: “La Svezia ha Tegnell (l’epidemiologo responsabile della politica svedese) che non sa ammettere di aver commesso un errore, noi abbiamo Berset, che ammette solo di avere inizialmente dato troppo retta alla scienza”, riassumono. Ma la scienza – sottolineano – è molto meno divisa di quanto politici e media vogliono farci credere.
Tra gli scopi di MEWA Switzerland vi è quello di informare su aerosol, Long Covid e ruolo dei bambini. “Su questi argomenti l’opinione pubblica si è formata un anno fa – sottolineano – e di conseguenza la maggior parte della cittadinanza crede ancora che i bambini siano immuni dal Covid e che, per non contagiarsi, basti lavarsi le mani e tenere le distanze”. Per correggere queste convinzioni sbagliate – concludono – il ruolo dei media, televisione in primis, è fondamentale.
E, permettetemi, è un compito che su questo blog, con la rubrica #SwissCovidFail, cerco appunto di assolvere.
Immagine di @A_KAGIBARI
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Questa è la vera domanda alla quale il governo non risponde, nascondendo i documenti sui quali ha basato la sua politica pandemica