Un difficile e appassionante cammino di emancipazione partito dalle montagne dei Grigioni
La biografia della prima pastora donna della Chiesa evangelica riformata svizzera (e d’Europa) pubblicata da Armando Dadò
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La biografia della prima pastora donna della Chiesa evangelica riformata svizzera (e d’Europa) pubblicata da Armando Dadò
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La biografia della prima pastora donna della Chiesa evangelica riformata svizzera (e d’Europa) pubblicata da Armando Dadò
Tra i meriti riconosciuti dei principali editori ticinesi e del loro catalogo – nella fattispecie di Armando Dadò vi è la costante attenzione a quanto pubblicato nelle altre Svizzere. In molte loro collane spiccano le traduzioni in italiano di autori e opere che hanno lasciato il segno oltre San Gottardo e in Romandia al momento dell’uscita in versione originale. Anche La pastora illegale. Vita di Greti Caprez-Roffler (1906-1994), pubblicato dal Limmat Verlag di Zurigo nel 2019, rientra in questo virtuoso disegno e nel ruolo di ponte che anche l’editoria può svolgere per rafforzare la coesione di un Paese quadrilingue, coesione basata più su vantaggi pratici e quotidiani che sulla piena condivisione di sensibilità, modi di vivere, valori. L’editore zurighese ha, dal canto suo, appena dato alle stampe le versioni tedesche di La campana di Marbach. Antonio Ligabue, romanzo dell’artista da giovane, di Renato Martinoni (Guanda, 2020) e di una raccolta di racconti di Pietro De Marchi.
La collana I Cristalli, Helvetia nobilis – che accoglie La pastora illegale, ben prefato da Daria Pezzoli-Olgiati e tradotto da Gabriella Soldini – è stata inaugurata nel 1998 per sottolineare il 150° dello Stato federale. Comprende opere di narrativa e di saggistica, mai tradotte o non più disponibili, di scrittori svizzeri di lingua tedesca, francese e romancia. “L’intendimento” spiega l’Editore Dadò “è che questi testi contribuiscano a una riflessione sull’identità elvetica e sul lungo cammino che ha portato al formarsi dello Stato attuale”.
Uno degli ambiti in cui questo cammino si è rivelato particolarmente lento e tortuoso è quello dell’emancipazione femminile, dell’affermarsi di una parità (uguaglianza nella diversità) non solo proclamata, ma vissuta e applicata. Pari opportunità, parità d’accesso ai ruoli, ai compiti, alle responsabilità e anche ai relativi compensi.
Quella narrata da Christina Caprez, sociologa, storica e giornalista, è, come indica il titolo, la vita di sua nonna Greti, teologa protestante e prima pastora donna nella storia della Chiesa riformata in Svizzera. Il racconto si basa sui ricordi dei figli della protagonista, sui suoi diari, sui veementi articoli di giornale da lei firmati a sostegno della parità, sugli scambi epistolari con la seconda figura centrale del libro, quella del suo compagno di vita Gian. Si conoscono a Zurigo nel 1926 e dagli ultimi mesi del 1929 vivono insieme a São Paulo: lui, ingegnere, lavora al Politecnico; lei lo segue e si prepara ad affrontare gli esami finali in Teologia. Imparano il portoghese e si inseriscono nella società brasiliana senza difficoltà. Un anno più tardi, per la precisione il 13 settembre 1931, la Comunità protestante del villaggio di Furna, in Prettigovia, meno di 200 di abitanti, dove Greti (figlia d’arte di un pastore evangelico) trascorreva da bambina le vacanze estive, deve sostituire il proprio pastore deceduto: lassù, a 1’400 metri, l’elettricità non è ancora arrivata e manca anche un servizio autopostale per collegarla con Davos e il resto del mondo. In assenza di candidati maschi alla successione, i “rivoluzionari” montanari compiono un gesto che sconvolge la cronaca ed entrerà nella storia nominando Greti prima pastora di sesso femminile. La coppia, da poco rientrata in Svizzera, si separa fisicamente: lui va a vivere a Zurigo; lei, con il primo figlio e una tata, si trasferisce nel paesino di cui assume la guida spirituale.
Ben presto, la scelta di chiamare una donna a quel ruolo solleva obiezioni e contrarietà: di fronte alla personalità della pastora, che affronta le incombenze del ruolo con il suo bimbo in braccio, non sfugge alle domande su sessualità e contraccezione e vive in casa parrocchiale senza marito, a Coira i vertici della Chiesa evangelica riformata decidono di confiscare i beni parrocchiali di Furna, grazie ai quali Greti viene pagata. L’eco della vicenda varca i confini giungendo fino in Germania, ma anche lì ancora nessuna donna era mai stata nominata pastora. Oltre ai suoi parrocchiani, anche il grande teologo protestante basilese Karl Barth si mostra solidale con Greti, ma il 24 aprile 1932 i Riformati grigionesi votano a stragrande maggioranza contro la possibilità di aprire anche alle donne il ruolo di pastora. Tra mille dubbi, Greti resiste per altri due anni in un ruolo considerato fuorilegge, ma poi si arrende. Vuole essere donna, moglie, madre e pastora, ma la lontananza dal marito e le quotidiane difficoltà la portano a dimettersi. Senonché, quasi contemporaneamente, influenzato e ammirato dalla solidità della vocazione di lei, Gian decide di abbandonare la sua professione di ingegnere e di intraprendere a sua volta lo studio della teologia.
Non aggiungo altro, ma la storia vera della coppia prosegue per altre 400 pagine con nuove svolte, nuove occasioni, nuovi ruoli da affrontare, nuovi dubbi, questa volta insieme, con l’obiettivo di non rinunciare né alla famiglia né al desiderio, ormai condiviso anch’esso, di guidare spiritualmente una comunità. Trovare insomma, si direbbe oggi, la via per conciliare vita privata e professionale, o meglio vocazionale.
Il tema, anzi i vari temi che La pastora illegale solleva sono attualissimi, anche se gli inizi della storia ci riportano indietro di quasi un secolo. In chiave femminile ritroviamo, da un lato, la ferrea volontà di scegliere la propria strada, pesantemente contrastata da istituzioni e individui poco disposti a cedere su princìpi o leggi che ai più aperti sembrano superati dai tempi. La figura di Greti esprime però anche la volontà, altrettanto ferrea, di potersi dedicare pienamente alla propria famiglia senza per questo dover rinunciare ad esercitare un’attività – anche finanziariamente riconosciuta – a vantaggio della società.
Solo dal 1956, solo in alcuni Cantoni svizzeri e solo se nubili, le donne possono assumere a pieno titolo il ruolo di pastora riformata. Prima dovevano limitarsi a quello di assistenti spirituali di un collega di sesso maschile. E solo nel 1963, quando aveva ormai 57 anni e oltre 30 dopo la pionieristica, rivoluzionaria scelta del piccolo Comune montano di Furna, Greti Caprez-Roffler verrà ordinata con tutti i crismi nel Grossmünster di Zurigo.
Il volume, che si distingue anche per alcune splendide fotografie dei luoghi e dei protagonisti e per l’apparato bio-bibliografico, verrà presentato
domenica 1° ottobre alle ore 16.30 nell’Aula riformata di Poschiavo
martedì 24 ottobre alle ore 18 nella Biblioteca Cantonale di Coira.
Dal libro è stato tratto un documentario coprodotto da RTR e SRF. Inoltre Rete Due ha dedicato una puntata della rubrica “Il tempo dello Spirito” alla pastora grigionese.
Nell’immagine: Greti Caprez-Roffler
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