Un’ Natale patrio’ patetico
Parole d’occasione (mancata) in mezzo ai fischi in Piazza Riforma
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Parole d’occasione (mancata) in mezzo ai fischi in Piazza Riforma
di Bruno Brughera
Il primo di agosto 2021 verrà ricordato a Lugano come il più patetico e inopportuno. In tutta la Confederazione si sono tenuti discorsi e allocuzioni che hanno avuto per temi la coesione, l’inclusione, la solidarietà e il rispetto delle diversità!
A Lugano, un Municipio sotto inchiesta penale ed amministrativa, che ancora deve alla cittadinanza non poche spiegazioni, ha preso una sua ulteriore decisione a dir poco discutibile con la pessima scelta dell’oratrice ufficiale: una scelta che ha diviso, indignato, offeso.
Certo, a parlare in un’occasione tanto ufficiale, in un anno tanto speciale è stata chiamata legittimamente e significativamente una donna, perché a cinquant’anni dal diritto di voto alle donne era giusto sottolineare l’evento e ribadire che c’è ancora parecchia strada da fare per raggiungere la parità fra generi.
Ma che a fare da “oratrice ufficiale” fosse designata proprio Karin Valenzano Rossi è stata una decisione per nulla gradita a una parte di cittadini che aspettano ancora e da mesi delle risposte a proposito dell’abbattimento dell’ex-Macello.
E la questione non è che tale contestazione venga da “Molinari”, simpatizzanti o altro; quel che importa è che persone coinvolte in un evento su cui la magistratura sta indagando, in casi simili dovrebbero avere almeno la decenza di restare ai margini, continuare a tacere, come stanno facendo da fin troppo tempo, ma in questo frangente, almeno, in modo giustificato.
Sì, perché per essere l’oratore ufficiale per l’allocuzione del Primo d’Agosto, specie nella maggiore città del Cantone, si è sempre ritenuto che ci volessero valori e attributi che non si acquisiscono con la sola elezione a una carica istituzionale.
Essere una municipale non garantisce alcun assegno in bianco, così come essere quasi sempre vestita di bianco non significa certo diventare improvvisamente una figura candida e immacolata.
Fischiare opporsi, dissentire nei confronti di un oratore è un atto legittimo: per dire un no chiaro alla retorica della “luce degli applausi” vs “il buio dei fischi” impugnata dal Sindaco; per dire un chiaro no alle frasi di circostanza su dialogo e ribellione (evocando magari addirittura Guglielmo Tell) di una Municipale che dovrebbe ancora spiegare quale idea di dialogo stia dietro quanto ha ordinato di fare lo scorso 29 maggio.
Lamentarsi che con i fischi non si può costruire, è da iscriversi a dinamiche da “sindrome di Calimero” (oramai una prassi per le municipali luganesi). Com’è possibile arrivare a pretendere un dialogo avendo prima demolito fisicamente e moralmente? Con quale arroganza questi politici continuano a propinare sermoni da palchi e piedistalli senza concepire che forse, da mostrare ci andrebbe anzitutto un po’ di umiltà e saper fare uno o più passi indietro.
Giudici e boia nello stesso tempo, e ora anche pacificatori e oratori che segnano la via maestra? No grazie! I cittadini hanno capacità e facoltà di autodeterminarsi senza avere guide che con ipocrisia elargiscono discorsetti moralistici indigeribili.
A chi si è indignato e offeso per un’azione spontanea di protesta (cui hanno aderito ben più di “una ventina di autogestiti”, ma anche molti altri cittadini),
varrebbe la pena di suggerire una riflessione seria sull’ennesima insensata scelta del Municipio, che per l’occasione, con la designazione di un’oratrice diversa, super partes, autorevole, avrebbe potuto lanciare implicitamente un diverso e più costruttivo messaggio vòlto al vero dialogo.
Un’ennesima occasione mancata. Ed a preoccupare davvero è il fatto che il Municipio di Lugano, che taccia o che parli, non ne fa una giusta, non riesce ormai più ad apparire credibile, neanche nel giorno della Festa Nazionale.
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