Un’estate con la musica dei “grandi vecchi”
Nella marea di tour e festival, spiccano gli appuntamenti con la storia per i “grandi” del rock e del pop
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Nella marea di tour e festival, spiccano gli appuntamenti con la storia per i “grandi” del rock e del pop
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Nella marea di tour e festival, spiccano gli appuntamenti con la storia per i “grandi” del rock e del pop
Il concerto è una categoria dello spirito; un rituale da preparare e vivere con tutti i crismi. Anche a fronte dell’esborso economico che spesso richiede. L’acquisto del biglietto che molti hanno conservato con pervicacia e indiscussa fede neanche fosse una reliquia del Beato Manfredo a fronte dello slittamento degli eventi. E poi la pianificazione del viaggio, la scelta degli amici coi quali scattarsi i selfie da postare, l’arte di agghindarsi e via discorrendo. E più si avvicina la data più gli ormoni ruggiscono e le sinapsi trillano come fringuelli. E nell’estate 2022 tanto nella nostra regione quanto in Italia e oltre Gottardo l’offerta è a dir poco esagerata, entusiasmante, capace di blandire i gusti più disparati; adiamo con ordine.
Quest’estate ci sarà spazio per tutti, anche se il classico bagno di sangue per molti è dietro l’angolo tanto è affollato l’orizzonte concertistico. Sono ripartiti tutti o quasi dopo due anni di stallo, con biglietti spesso già venduti, trasformatisi in voucher, con turné più volte rinviate e annesse polemiche. Soprattutto sul versante italiano, meta privilegiata di un turismo musicale che prospera anche in Ticino.
Notizia delle scorse settimane è la multa inflitta dall’ Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) a Viagogo, agenzia di vendita di biglietti online; più di 23 milioni di euro per aver venduto biglietti per concerti a prezzi fino a sette volte più alti del normale. Per cui occhio! È una speculazione che si ripete ciclicamente e che fa leva sulla fame di concerti che unitamente all’idolatria foraggiata dalla comunicazione mediatica dedicata – una vera piaga diffusa – offuscano il raziocinio del povero fan, o del genitore ostaggio dei figli. Che sbuffa, s’incazza, da fondo alle proprie finanze sempre più esigue ma alla fine cede.
Perché devi esserci, perché la narrazione mediatica ti assicura che sarà l’evento epocale, imperdibile. E con perseveranza, metodo e rigore plasma le tue convinzioni. Una narrazione furbescamente sapiente, combinata da astuti uffici stampa in combutta con le agenzie e i promoter, la complicità dei social e di un’industria discografica sempre meno visionaria e progettuale. E “last but not least” non scordiamo una buona fetta dei media radiofonici omologati al basso. Una comunicazione mediatica spesso fuorviante che racconta anche di numeri farlocchi di capienze gonfiate omettendo i biglietti omaggio, quelli messi a concorso e quelli sottocosto. Perché alla fine bisogna stipare l’aia per accrescere il trionfo e l’immagine dell’artista stesso, la sua grandezza, il suo “carisma e sintomatico mistero”, oltre che le vendite e il cachet. Che se poi vanta un tormentone estivo in rampa di lancio…
Comunque anche al netto delle gustose polemiche estive che si susseguono, la stagione della ripartenza, quella dell’apparente ritrovata normalità registra la discesa degli Dei tra noi comuni mortali. Ma due parole due sulle gustose polemiche sono inevitabili se siete sotto l’ombrellone, visto che ad oggi né il calciomercato, né la politica spicciola accendono ancora gli animi; salvo la conferenza luganese sulla ricostruzione dell’ Ucraina e l’unione civile tra la Turci e l’ex del Berlusca. Il festival “Love Mi” (quello organizzato a Milano dai ritrovati sodali Fedez/J-AX,una serata in Piazza del Duomo dal nobile fine ma dalla resa artistica deprimente) ha innescato la rissa tra “Boomer” e Generazione Z. Generazioni che se le cantano di santa ragione via social. Ed è comunque un tema interessante almeno dal profilo antropologico (ma io sono tecnicamente un boomer, anomalo ma boomer, e non parlo “corsivo”). Un altro paio di gustose baruffe chiozzotte stanno marcando l’avvio dell’estate musicale soprattutto italiana: il “Jova Beach Party” infiamma una parte degli ambientalisti che rilevano la pericolosità dell’impatto ambientale nonostante le rassicurazioni del Jova, che sinceramente sta pubblicando una ciofeca dietro l’altra. Così come infiamma la presenza di Fabri Fibra sulle sponde del Ceresio. “Affaire à suivre” come si suol dire.
Ma veniamo agli “Dei” dunque, quelli veri, i grandi nomi che saranno sempre più incanutiti, rugosi con le cicatrici inferte loro dalla vita in evidenza. I Rolling Stones come sappiamo sono prossimi agli 80, e sono tornati in Italia, a San Siro dopo 40 anni dal leggendario concerto di Torino del luglio dell’ 82, nel giorno in cui gli “azzurri” di Bearzot si laurearono campioni del mondo. In oltre due ore hanno semplicemente affermato che non sono soltanto la più grande rock band dell’orbe, ma sono il Rock stesso! Con un Jagger che canta e si dimena come un ossesso a una settimana da quel tampone che gli ha impedito di assaggiare l’erba del Wankdorf; con un Richards che vomita riffs chitarristici taglienti e leggendari e quegli accordi e assoli fradici di blues che hanno edificato la storia della musica. Pubblico in visibilio, condotto mano nella mano al parossismo a cui impartire l’ennesima lezione di musica definitiva.
La stessa che ha offerto Elton John anche a Zurigo e quella che con classe e una naturalezza sconcertante ha ribadito Sir Paul McCartney, fresco ottuagenario, sul palco del Glastonbury Festival in camicia e gillet con Springsteen, David Grohl e una marea umana in venerazione nel duetto virtuale con Lennon. Trovate tutto su youtube!
E che dire dei quasi centomila che il settantenne Vasco raccoglie a Imola dopo aver già riempito una manciata di stadi? O la meravigliosa performance dei Pearl Jam sempre a Imola, Autodromo Enzo Ferrari a cui fanno da “pendant” per carica emotiva, adrenalina, poesia e coinvolgimento Metallica e Red Hot Chili Peppers tanto a Firenze quanto in giro per l’Europa?
Sempre osannati da folle oceaniche come è successo anche al Campovolo di Ligabue, che ha nuovamente intrecciato le generazioni festeggiando 30 anni di carriera. Quelle emozioni che unitamente alla qualità artistica, alla perfezione formale e alla poesia intrisa di rock’nroll ha dispensato Nick Cave nell’avvio del Festival di Monterux. Artisti quest’ultimi, che hanno tutti passato il capo della sessantina, incanutiti certo, con qualche riga a solcargli i volti e qualcuno pure imbolsito dal tempo. Rimane una generazione che spazza con la veemenza di un uragano tonnellate di musica liquida che si nutre di like e di stories, di ridicole ostentazioni e talent show. Long live to rock’n’roll!
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